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Noi credevamo


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15 replies to this topic

#1 verdoux

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Inviato 15 novembre 2010 - 13:29



di Mario Martone

La cosa migliore del film è il titolo quanto mai esplicativo: noi credevamo.
Chi credeva? In cosa? La domanda è pertinente, la risposta non è né semplice né immediata, deve necessariamente essere articolata, ma una risposta il film la dà e non è affatto banale.
Diciamo subito che Mario Martone è un regista molto bravo e in questo film dà del suo meglio e fa le sue scelte, che possono piacere o non piacere.
? un film sul risorgimento e qualche scelta può essere stata anche dettata dal timore di cadere nella retorica, o nel già troppo visto e risaputo, o nello stereotipo. Motivazioni e intenzione ottime e condivisibili, ma non so se sufficienti per proporre un risorgimento senza Garibaldi, senza Cavour, senza la spigolatrice di Sapri, senza il 48 e via dicendo.
Dei grandi rimane solo Mazzini, per il resto è il risorgimento delle seconde linee, di personaggi poco noti che non abbiamo conosciuto sui libri di scuola, visti e seguiti da vicino nel loro percorso pubblico e privato, gente che si doveva sporcare le mani; non so se sia una scelta giusta quella guardare la storia troppo da vicino, le immagini possono risultare sfocate e la realtà distorta; vista la durata del film, 3 ore, lo spazio ed il tempo per un inquadramento storico ed epocale di più ampio respiro c'era.
Si può fare un risorgimento senza retorica? Ci fosse stata forse me ne sarei lamentato, però un un minimo ci voleva; si può fare tutto volendo, film sul popolo senza masse di popolani, film sulla guerra senza armi, film sulla vita attraverso la morte, basta esserne capaci, quindi anche un risorgimento senza Garibaldi si può fare. Quello che penso non si possa fare, senza stravolgere il senso e la logica delle cose, è un ottocento senza romanticismo. Visto che ci mettono Bellini, facciamolo anche cantare: bello è affrontar la morte gridando libertà. Altrimenti non si capisce il perché di troppe cose ed i patrioti a volte sembrano dei  partigiani in costume.
La narrazione del film appare un po' frammentaria e disarticolata, si fatica a collegare uomini ed eventi, forse qualche didascalia in più ci voleva, però questo non è necessariamente un difetto, perché potrebbe dare il senso di quello che l'autore coglie del risorgimento, tante realtà diverse e complesse, vicine e lontane, confuse e contraddittorie, da interpretare e da gestire; uomini che non sapevano fino in fondo quello che volevano, che non sapevano come perseguirlo e perché dovevano uccidere e morire. Emerge bene la lungimiranza dei capi, Mazzini e Garibaldi, ferrei nei loro principi ispiratori e nelle loro convinzioni, flessibili nella tattica e nelle strategia, capaci di porsi obiettivi minimi ma perseguibili, per cui vediamo repubblicani allearsi col re che poco  prima volevano uccidere, nobiluomini in rosso agli ordini di un protocomunista; questa potrebbe essere la lezione tramandata e non imparata del nostro risorgimento, un edificio basso di cui sono stati lasciati liberi i ferri di ripresa per costruirci sopra altri piani e che sono rimasti lì.
Però questa immagine non mi è piaciuta, se potessi dare un consiglio a Martone, gli direi di toglierla.
A parte qualche perplessità sul contenuto il film mi è sembrato ottimo.
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#2 tiresia

    Sue Ellen

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Inviato 15 novembre 2010 - 18:30

Bello ed emozionante, un film robusto.
La scelta di Martone è totalmente antiretorica, anche perchè parla dei perdenti, di coloro che non vinsero, forse mai. Sono i repubblicani i protagonisti del film, gli oscuri adepti della Giovine Italia e una nobildonna che nell'ascoltarla sembra di scorgere i germi del comunismo.
Certo tutte le guerre, piccole o grandi, si possono guardare anche dai piccoli eventi, oscurandone la grande cronologia, ma in questo caso Martone si incaglia in un percorso davvero difficoltoso: snocciola solo accadimenti critici, dal regicidio incompiuto alla lunga detenzione in carcere, dalle diatribe fra le varie fazioni in lotta per l'unità all'aspromonte garibaldino. Crisi, divisione, realismo, massimalismo, terrorismo lungo uno scenario storico che si può seguire solo se lo si conosce di già. Ma non per questo il film perde potenza, anzi. L'idealismo è intatto (emozionante il giuramento iniziale dei tre ragazzi), ma si imbatte continuamente in una sorta di riconduzione alla realtà: la libertà è un diritto incompiuto se inconsapevolmente e irresponsabilmente posseduto; il coinvolgimento del ??popolo? è impossibile là dove non si accetti un cambiamento compiuto del tessuto sociale; il realismo degli eventi porterà ad una unione geografica fallimentare che consegna il sud a nuove depredazioni.

Fra le parole del giovane Domenico e della saggia principessa si scorge cosa spesso non si confessa della nostra unità incompiuta: l'idea di una unione territoriale ha prevalso su un progetto più ampio di cambiamento, ammodernamento e democratizzazione. E tutto il film fa i conti con il nostro presente in maniera evidente.
Martone sceglie gli interni per le città e il respiro ampio della natura per il sud, divide il film in 4 parti (non le canoniche 5 teatrali) raccontandoci le aspirazioni; il crescere delle convinzioni (le scene dentro il carcere sono un trattato di sociologia) e la loro maturazione; la nascita della nazione battezzata da un bagno di sangue fratricida incoerente. E Martone è anche bravissimo a spogliare di retorica la scena finale visionaria all??interno del parlamento dove tutto riconduce, dove si respira già il dopo unità, dove il fallimento degli ideali si concretizza nel realismo degli interessi.

E nel titolo rimane l??aspirazione, la forza dell??ideale, la sconfitta di una generazione e di un progetto che nell??unità vedeva democrazia consapevole, un??uscita dallo stato di minorità, per tutti.

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#3 William Blake

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Inviato 05 dicembre 2010 - 19:37

"Noi credevamo" proietta la propria riflessione in una dimensione metastorica rispetto alle storie di Italia. Martone ricostruisce meticolosamente l'Ottocento e il suo procedere antispettacolare scandisce episodi fondamentali con un senso di tragica angoscia per una chimera, quella dell'Unità, sempre più lontana e irraggiungibile: si passa dalla dogmatica presa di coscienza dei giovini d'Italia alla tremenda asserzione "Noi credevamo", a sottolineare una cesura tra il tempo del mito e quello della Storia. Il film riporta al pettine tutte quelle contraddizioni fondative che sono ancora il nostro pane quotidiano, in una visione del Risorgimento rigorosamente dal basso - in cui giustamente Mazzini è un'entità metafisica, staccata dal complesso di eventi che ha portato all'Unità - e, sprezzante dei Garibaldi (ripreso da lontano come fa Blasetti nel dimenticato "1860") e Cavour, disegna la geografia di una penisola da sempre spezzata. E il cui sogno si è infranto non appena hanno aperto gli occhi sul nuovo stato.
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Ho un aspetto tremendo, e non bado a vestirmi bene o a essere attraente, perché non voglio che mi capiti di piacere a qualcuno. Minimizzo le mie qualità e metto in risalto i miei difetti. Eppure c'è lo stesso qualcuno a cui interesso: ne faccio tesoro e mi chiedo: "Che cosa avrò sbagliato?"

#4 nicholas_angel

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Inviato 08 dicembre 2010 - 11:39

Dopo i primi venti minuti già ero pronto a spedirmi nel mondo dei sogni  asd
Eppure dopo un inizio in sordina il film diventa un'appassionante ricostruzione storica di un periodo che ai tempi del liceo mi annoiava sempre.
Cast prezioso, con l'esclusione dei protagonisti del primo episodio (a parte Francesca Inaudi :-*), con un Luigi Lo Cascio straordinario, ma anche i comprimari non sono da meno come il ribelle grasso e baffuto, Riondino, De Francesco, ecc.
Martone usa un linguaggio cinematografico, per niente televisivo come mi aspettavo, ma la sua idea di cinema mi sembra ferma a trent'anni fa.
La sorpresa è che, dopo una partenza fiacca, 150 minuti passano abbastanza in fretta.

Piccolo appunto: quando uno dei personaggi viene condannato a morte non cammina per caso su una scala metallica un po' troppo moderna?
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#5 William Blake

    Titolista ufficiale

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Inviato 08 dicembre 2010 - 12:05


Martone usa un linguaggio cinematografico, per niente televisivo come mi aspettavo, ma la sua idea di cinema mi sembra ferma a trent'anni fa.


sarebbe a dire?
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#6 nicholas_angel

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Inviato 08 dicembre 2010 - 12:29

Mi sembrava tutto un po'... imbalsamato.
Non dico che bisognerebbe sempre fare film in costume come "Maria Antonietta", ma perlomeno cercare uno stile in linea coi tempi, come ha fatto ad esempio Forman con L'ultimo inquisitore.
Il film di Martone sembrava un po' uno di quei sceneggiati Rai di decenni fa: magari non è necessariamente un difetto, ma è un fattore stilistico che ha un certo peso nella mia valutazione.
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#7 strangelove

    Scaruffiano

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Inviato 08 dicembre 2010 - 13:35

Scala metallica a parte, ci sono almeno altre due sequenze che presentano innovazioni ??moderne?. Inutile dire che (a detta dello stesso Martone in più interviste) sono annotazioni volute, per aprire un ponte tra la Storia e il presente.

Mario Martone, uomo di grande cultura, iniziò la sua carriera artistica nel 1977, a teatro. Il suo primo lungometraggio arriva solo nel 1992, ma nel frattempo non ha mai abbandonato la carriera teatrale (forse saprai che ha diretto anche il Teatro Argentina di Roma, per circa tre anni, e successivamente cominciò a collaborare con il Teatro Stabile di Napoli).
E?? ovvio che ??Noi Credavamo? ha prevalentemente un impianto teatrale il che, non significa che è teatro in scatola. Esiste da sempre un cinema dove i duelli dialettici valgono quanto e più di quelli fisici. Esiste un cinema italiano che ha radici ancorate a melodrammi operistici (vedi Giuseppe Verdi). E un cinema che sa essere didattico e fisico, che guarda a una messa in scena spoglia, a tratti essenziale, come un frutto acerbo autentico e vivo. Quindi profondamente cinematografico, ma non da oggi: da ieri e l??altro ieri. L??impianto (di ampio respiro) di Martone o la limpidezza di un de Oliveira saranno sempre più cinematografici e moderni di un qualsiasi stile videoclipparo. La purezza di uno sguardo rosselliniano non morirà nemmeno tra 1000 anni.
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#8 William Blake

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Inviato 08 dicembre 2010 - 13:41

la questione l'ha sintetizzata perfettamente strange e mi allineo alla definizione di "teatro in scatola". ma attenzione non prenderlo letteralmente: la forza del film di Martone sta proprio nell'estendere nel tempo e nello spazio il proprio sguardo, azione che può svolgere grazie al linguaggio del cinema.

La purezza di uno sguardo rosselliniano non morirà nemmeno tra 1000 anni.


vero. però menomale che non sono tutti come Rossellini asd
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#9 strangelove

    Scaruffiano

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Inviato 08 dicembre 2010 - 13:48

vero. però menomale che non sono tutti come Rossellini asd


Vero. Però il bello è che ci sono diversi Rossellini:
- il primissimo, vabbè trascurabile
- il neorealista
- quello della trilogia con la Bergman
- quello didattico e televisivo

La grandezza di Rossellini risiede nella seconda e nella terza fase ma, sorprendentemente, l'ultima (che ha offerto poco di qualitativamente elevato) ha influenzato molto cinema europeo.
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#10 William Blake

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Inviato 08 dicembre 2010 - 14:04


vero. però menomale che non sono tutti come Rossellini asd


Vero. Però il bello è che ci sono diversi Rossellini:
- il primissimo, vabbè trascurabile
- il neorealista
- quello della trilogia con la Bergman
- quello didattico e televisivo

La grandezza di Rossellini risiede nella seconda e nella terza fase ma, sorprendentemente, l'ultima (che ha offertopoco di qualitativamente elevato) ha influenzato molto cinema europeo.


sì, Rossellini è indiscutibilmente uno dei maestri del cinema d'autore europeo, anche il periodo cosiddetto di "propaganda" in Italia ha avuto il seguito, e con la mia battuta non volevo mica sminuirlo. volevo dire che certe istanze del suo cinema -quello didattico, per dirne una- sono state ampiamente superate. è ovvio che quello che viene canonizzato come classico (e non solo il cinema rosselliniano) è sempre presente e moderno, ma è altresì vero che non c'è arte che si sia rivoluzionata e ibridata così tanto, cambiando pelle molte volte. va bene lo sguardo rosselliniano (e un film come quello di Martone, oggigiorno, è oro colato), però secondo me la marcia in più del cinema consta nella capacità di modulare i registri, di giocare con le forme e gli strumenti che gli pertengono (e con quelli di altre forme di espressione).
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Ho un aspetto tremendo, e non bado a vestirmi bene o a essere attraente, perché non voglio che mi capiti di piacere a qualcuno. Minimizzo le mie qualità e metto in risalto i miei difetti. Eppure c'è lo stesso qualcuno a cui interesso: ne faccio tesoro e mi chiedo: "Che cosa avrò sbagliato?"

#11 satyajit

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Inviato 08 dicembre 2010 - 14:33

E un cinema che sa essere didattico e fisico, che guarda a una messa in scena spoglia, a tratti essenziale, come un frutto acerbo autentico e vivo. Quindi profondamente cinematografico, ma non da oggi: da ieri e l??altro ieri. L??impianto (di ampio respiro) di Martone o la limpidezza di un de Oliveira saranno sempre più cinematografici e moderni di un qualsiasi stile videoclipparo. La purezza di uno sguardo rosselliniano non morirà nemmeno tra 1000 anni.


Sottoscrivo cento, mille volte. Molto più moderno Rossellini che tutte le pseudorivoluzioni di cartapesta che ci sono state dopo di lui. Mi spiace ma le punzecchiature antineorealiste che ogni tanto Giuseppe tira fuori con me non trovano sponda.  :P
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#12 Jules

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Inviato 08 dicembre 2010 - 15:36

Sono convinto che io e William abbiamo tanti film della vita in comune. Però non ho mai letto sue crociate antineorealiste, anche perché secondo me è una cosa sciocca. Così come sono sciocchi gli oltranzisti che tentano di fare del neorealismo nel 2010 (Martone è troppo intelligente per farlo).
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#13 strangelove

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Inviato 08 dicembre 2010 - 16:47

Sono convinto che io e William abbiamo tanti film della vita in comune. Però non ho mai letto sue crociate antineorealiste, anche perché secondo me è una cosa sciocca. Così come sono sciocchi gli oltranzisti che tentano di fare del neorealismo nel 2010 (Martone è troppo intelligente per farlo).


Ma infatti più che al neorealismo guarda qua e là alla terza e la quarta fase del Rossellini di cui parlavo. Non ho detto che copia Rossellini, soprattutto perchè il mio discorso partiva dalla visione culturale ampia che ha Martone (cinema, ma uomo anche di teatro). Però è indubbio che un po' di Rossellini a tratti c'è anche in questo Martone.
Come aveva detto qualcuno, Rossellini morirà insieme alla morte del cinema. Come tutti i grandissimi del cinema, del resto.
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#14 satyajit

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Inviato 08 dicembre 2010 - 17:59

Secondo me Martone non guarda a Rossellini, ma a Visconti, il regista - secondo Aristarco - che sigla il passaggio dal Neorealismo al realismo, cioè che parla della storia per fare una riflessione critica sul presente. Lo stile è differente (molto meno barocco), ma gli intenti sono comuni. E non sono meramente didattici.
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#15 nicholas_angel

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Inviato 08 dicembre 2010 - 18:04

E un cinema che sa essere didattico e fisico, che guarda a una messa in scena spoglia, a tratti essenziale, come un frutto acerbo autentico e vivo. Quindi profondamente cinematografico, ma non da oggi: da ieri e l??altro ieri. L??impianto (di ampio respiro) di Martone o la limpidezza di un de Oliveira saranno sempre più cinematografici e moderni di un qualsiasi stile videoclipparo. La purezza di uno sguardo rosselliniano non morirà nemmeno tra 1000 anni.


Touché. :)

Il mio voto però rimane sempre 7.

Di sicuro Martone è riuscito nella sua impresa di raccontare una storia d'Italia, più di un Faenza con i suoi "Viceré" o di un Tornatore coi suoi deliri pseudo-hollywoodiani.
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#16 William Blake

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Inviato 08 dicembre 2010 - 21:11

Però non ho mai letto sue crociate antineorealiste


neanche io mi ricordo di altre "punzecchiature" ::) asd
comunque spero che quel che volevo dire si sia appreso, che era proprio quello di evitare contrapposizioni inutili o di evidenziare una sorta di "modo buono di fare cinema"
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Ho un aspetto tremendo, e non bado a vestirmi bene o a essere attraente, perché non voglio che mi capiti di piacere a qualcuno. Minimizzo le mie qualità e metto in risalto i miei difetti. Eppure c'è lo stesso qualcuno a cui interesso: ne faccio tesoro e mi chiedo: "Che cosa avrò sbagliato?"




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