La diffidenza verso Pulp Fiction (e Kill Bill) ha una motivazione diffusa, a parer mio...vale a dire il fatto che senza dubbio non sono pellicole che si rivolgono apertamente allo spettatore...vedete, noi siamo generalmente abituati a film che si indirizzano direttamente a noi spettatori, abbiamo davanti una storia, una squarcio di realtà...l'universo tarantiniano è cinematografico e fittizio al 100%, ed è solo tarantiniano...non ha lo scopo di "trasmettere" un qualche sentimento immediato a chi guarda, è chi guarda che deve avere l'umiltà di entrare da forestiero in un mondo parallelo completamente inverosimile...
Pulp Fiction, oltre che essere in soldoni una lezione di scrittura per il cinema, è, fondamentalmente la sublimazione di ciò...una realtà che non esiste, che non PUO' essere vera, che esiste solo nella testa di chi l'ha concepita, utilizzando personaggi, professioni, ambientazioni veritiere ma in contesti di tutt'altra natura...Pulp Fiction è il massimo esempio di una creazione cinematografica che si estende a tutta una concezione della settima arte, non solamente limitandosi alle 2 ore di un singolo film...la storia della sposa di Kill Bill che nasce da una frase di Uma nel capolavoro del 1994, la storia dei Vega Brothers destinata ad essere messa in scena con Michael Madsen e John Travolta più vecchi di quando hanno interpretato la morte dei loro personaggi, John Travolta che va via dal fast-food in mutande dopo essere morto su una tazza di gabinetto, la storia distrutta in mille frammenti temporali, le dissolvenze in nero accompagnate da didascalie superflue che spiegano la scena come fosse un documentario...insomma, nulla di tutto ciò ha attinenza con la nostra realtà, ma nell'arte cinematografica di Tarantino diventa quasi una dimensione vivente...
In più Pulp Fiction è uno straordinario compendio di tutto cià che è pop(olare), è una riflessione metalinguistica, non solo meramente metacinematografica come Kill Bill, ma anche su un piano letterario e sociale...oltre al fatto di costituire quasi un'equazione matematica nei suoi tre episodi...in ciascuno dei tre c'è la prima metà costruita in modo "serio" su un canovaccio tipico, la sophisticated comedy, il gangster movie, il thriller...poi c'è l'EVENTO, il gesto gratuito inteso come causa scatenante di situazioni grottesche sulla scena, evento che può essere una confusione fra cocaina ed eroina, una dimenticanza nel preparare la valigia, uno sparo partito accidentalmente...
In tutti e tre gli episodi l'evento suddetto serve a "distruggere" e negare quanto costruito nella prima metà della storia...spiazzando sublimemente lo spettatore...ed è proprio questa sensazione di spiazzamento, diverso ed irripetibile rispetto a qualsiasi altro film, che rende l'idea della straordinarietà di Pulp Fiction..
Bell'intervento, Jules.
la forza di Pulp fiction è proprio il suo essere, dal punto di vista della sceneggiatura, quanto di più classico ci sia.
Appunto la divisione della storia e il suo andamento sono semplicemente perfetti, mascherati dai dialoghi assurdi e pulp,
ma quasi un manuale di scrittura per il cinema nella loro struttura.
Fa tanto lo sfigato-regista-contemporaneo, ma in realtà viene direttamente dalla scuola più ortodossa di scrittura
Il punto "debole", più di kill bill in realtà, è proprio l'esasperazione del
metacinema, dalla citazione kligoniana
all'inserto manga, tu dici che non si rivolge direttamente allo spettatore, io penso che sia l'esatto contrario,
il film ti ammicca, diventa un "film ipertestuale", dai continui rimandi, che fa tanto figo trovare,
ma che alla fine soffocano la storia, lasciandoti ben poco, con la vaga sensazione di aver visto solo un giochetto.