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Damien Hirst e Post Human


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37 replies to this topic

#1 Guest_Lukas_*

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Inviato 04 settembre 2006 - 18:31

Qualcuno conosce l'artista o il movimento di cui fa parte?
Avete visto qualche mostra, cosa ne pensate?
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#2 Disposable Hero

    Classic Rocker

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Inviato 06 settembre 2006 - 22:23

Peccato che questa discussione non decolli, mi sarebbe piaciuto leggere un po' di commenti su questo artista inglese che mi lascia molte perplessità.

Della sua produzione, ho visto solo un paio di opere esposte al MADRE (il Museo di Arte contemporanea Donna REgina di Napoli).
Tra di esse c'era (non so se si tratta proprio della stessa...)
Immagine inserita

Poi ho visto un po' di cose su riviste di arte e su internet.

Adesso, senza fare stupide (?) polemiche animaliste e senza chiedersi come vengano uccisi gli animali da Hirst  - a tal proposito, mi pare di aver letto un'intervista in cui diceva che quest'aspetto era curato esclusivamente da suoi collaboratori. Come dire: il mandante non è il colpevole - mi domando che cosa ci sia di artistico in un animale morto.

Va bene che la morte è uno dei temi centrali dell'opera di Hirst, ma una cosa è sezionare una mucca ed un vitello,  oppure questo:
Immagine inserita

(tra l'altro le sue sezioni di animali sono stati fonte di ispirazione per la scena del Cavallo nel "capolavoro" The Cell, con Jennifer Lopez)

un'altra è semplicemente esporre un animale in formaldeide.
Cosa c'è di artistico in un animale morto?

Al di là dei moralismi, ripeto, voglio solo analizzare l'aspetto puramente artistico delle sue opere. Secondo me si può trovare un senso, una validità, in certe cose, ma molte altre sue opere, mi lasciano perplesso... ma del resto non trovo artistico neanche un parallelepipedo di metallo al centro di una stanza (altra opera di non so quale genio dell'arte contemporanea).
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#3 Debord

    Everyday people

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Inviato 07 settembre 2006 - 08:22

Non lo conosco a fondo, ma le sue opere sono molto molto affascinanti, almeno per me, mi mangio ancora i gomiti per non essere potuto andare a Napoli qualche tempo fa alla sua mostra  :'(
Ho acquistato qualche giorno fa questo libro: http://www.internetb...c=JJJNXLPPQQWJJ dovrebbe essere interessante.
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#4 Kebabträume

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Inviato 07 settembre 2006 - 12:55

Se l'arte fosse una multinazionale, Hirst sarebbe il responsabile del marketing.
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#5 Paz

    Roadie

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Inviato 07 settembre 2006 - 14:01

caspita, peccato perchè c'era un thread interessante dedicato a lui nel vecchio forum...
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« Ohne Musik wäre das Leben ein Irrtum » (F. Nietzsche, Götzen-Dämmerung, 1888, cap. I, af. 33).

#6 Ringa

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Inviato 07 settembre 2006 - 18:05

Riposto l'intervento che avevo fatto nel vecchio forum:

Per quanto riguarda Hirst, potrebbe essere interessante collocarlo nell'ambito del movimento degli Young British Artists (YBA), sorto alla fine degli anni 80 a Londra, che comprendeva diversi artisti inglesi, molti dei quali avevano frequentato il Goldsmith college di Londra.
Lo YBA nacque nel 1988 con un'esposizione, ideata e organizzata proprio da Hirst, chiamata Freeze, che si svolse nelle Docklands londinesi, poichè il gruppo non poteva ancora contare sull'interesse dei media e delle gallerie d'arte contemporanea della città.
La mostra suscitò l'interesse del famoso collezionista Saatchi, che iniziò a collezionare le opere di questi artisti e a seguire il gruppo da vicino, garantendogli in questo modo anche l'interesse dei media e delle gallerie d'arte.
In pochissimo tempo gli YBAs, e in particolare Hirst, Angus Fairhurst e Sarah Lucas, divennero noti a livello internazionale, e al nucleo originario del movimento si aggiunsero altri artisti che non avevano partecipato a Freeze. Le maggiori influenze riscontrabili sul gruppo sono quelle del dadaismo (i "soliti" ready-made duchampiani , ma anche Schwitters), dell'arte concettuale e dell'arte povera, del minimalismo e della pop art.
I tre (Fairhurst, Hirst e la Lucas) hanno lavorato insieme di recente (nel 2004) per una mostra alla Tate Modern, intitolata In-A-Gadda-Da-Vida, nella quale hanno esposto opere realizzate nel corso della propria carriera insieme ad altre realizzate appositamente per la mostra.
Gli artisti invitavano lo spettatore a riflettere su temi come l'amore, il sesso, la morte e la distruzione, ma anche il consumismo e la globalizzazione, a partire da una rilettura anticonvenzionale del motivo dell'Eden, del paradiso perduto, al quale si riferisce ironicamente il titolo della mostra.

Per quanto riguarda Post Human, si tratta del titolo di una mostra itinerante del 1992, che comprendeva opere di diversi artisti contemporanei, tra cui lo stesso Hirst, che è andato poi a designare una vera e propria corrente artistica, della quale però non considererei Hirst l'esponente principale.
Qui una specie di manifesto: http://www.artic.edu.../PostHuman.html
Il Post Human, termine coniato dal critico Jeffrey Deitch, presuppone un superamento dell'individuo dal punto di vista biologico: per la prima volta nella storia dell'uomo, infatti, abbiamo la possibilità di intervenire nello sviluppo e nell'evoluzione dell'organismo, sia tramite una sempre maggiore conoscenza del DNA sia mediante la creazione di protesi biologiche ed informatiche (o dio sa che cos'altro, non sono una scienziata :P). Ciò che conta nell'idea del Post Human è che:

1) il corpo è un'entità obsoleta

2) il corpo può essere modificato a piacimento (e dunque anche l'identità della persona può esserlo)

Esempi:

- l'"artista" australiano Stelarc, con le sue protesi meccaniche impiantate nel corpo: fate una visitina qui http://www.stelarc.va.com.au/

- l'"artista" brasiliano Eduardo Ekac, figura chiave della transgenic art, la cui "opera" più rappresentativa è sicuramente Alba, un coniglio transgenico, luminescente se illuminato con una particolare frequenza elettromagnetica. Qui il sito: www.ekac.org

Ovviamente tutte queste opere sono anche finalizzate a suscitare il dibattito pubblico, a sensibilizzare, eccetera eccetera eccettera

Mah... a volte non riesco davvero a capacitarmi dell'esistenza di questi personaggi...

Comunque va beh, visto che ci siamo, penso che piuttosto che accapigliarci per stabilire se si tratta o meno di arte, se Hirst è un grande o un buffone, penso sarebbe più interessante discutere sul ruolo del corpo nell'arte del 900.
Perchè, che ci piaccia o meno, il corpo ne è il grande protagonista, basti pensare alla Body Art degli anni 60, agli happenings, o all'Azionismo Viennese, fino appunto al Post Human.
Se nella Body Art c'era l'affermazione della realtà del corpo e della sua autenticità proprio attraverso il raggiungimento dei suoi limiti di sopportazione, nel post human direi che avviene l'esatto contrario, una negazione.
A che bisogno profondo rispondono queste manifestazioni?
Qual è allora il rapporto tra arte e tecnologia?


A una mostra di Hirst preferisco Madame Tussauds. Tra l'altro le sue sculture di insetti puzzavano che non vi dico.

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#7 StellaDanzante

    mainstream Star

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Inviato 07 settembre 2006 - 19:03

Ciò che conta nell'idea del Post Human è che:

1) il corpo è un'entità obsoleta

2) il corpo può essere modificato a piacimento (e dunque anche l'identità della persona può esserlo)


Praticamente un cyberpunk con una decina d'anni di ritardo..

Se l'arte fosse una multinazionale, Hirst sarebbe il responsabile del marketing.


In questo caso puoi anche togliere la forma ipotetica e passare al giudizio apodittico.
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#8 Paz

    Roadie

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Inviato 07 settembre 2006 - 19:29

Se l'arte fosse una multinazionale, Hirst sarebbe il responsabile del marketing.


In questo caso puoi anche togliere la forma ipotetica e passare al giudizio apodittico.

sono d'accordo ma non l'ho scritto io...
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« Ohne Musik wäre das Leben ein Irrtum » (F. Nietzsche, Götzen-Dämmerung, 1888, cap. I, af. 33).

#9 Kebabträume

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Inviato 07 settembre 2006 - 19:34

Se l'arte fosse una multinazionale, Hirst sarebbe il responsabile del marketing.


In questo caso puoi anche togliere la forma ipotetica e passare al giudizio apodittico.

sono d'accordo ma non l'ho scritto io...


Dai Paz prenditi le tue responsabilità.
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#10 Debord

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Inviato 07 settembre 2006 - 20:36

....


Ottima recensione, compliementi.
Due questioni però mi rimangono irrisolte:
1) La filosofia di Hirst qual è? (non è post-human, o meglio, non è quello il suo tema centrale anche perchè mi sembra lavori molto con gli animali sezionati, o almeno sono quelle le sue opere più famose, squali, capre, mucche ecc...). O dà valenza "umana" proprio agli animali usandoli come simboli?

2) il corpo nel 900. Non sono un grande esperto, ma a parte la body art (e tutte le sue derivazioni, anche violente) il "grosso" dell'arte degli ultimi 100 anni mi sembra sia più concettuale che fisico, più cerebrale che corporeo. Il 900 è in primis la pop art, "la rivoluzione" pop art, poi picasso, dada, bauhaus, minimalismo (metto dentro tutto eh), futurismo, costruttivismo, iperrealismo, optical.....
La body art, il corpo al centro dell'arte, per quello che ho potuto leggere e capire, è davvero marginale, mettere a confronto artisti "body" come Jana Sterbak, Horn, Perez, con chessò, la valenza incredibile nel 900 di un Warhol o di un Picasso mi sembra quantomeno eccessivo..
Ovvio che tutto riporta a tutto, e se parti col considerare che la body art è summa o convergenza o filone o chessò io di dada, surrealismo e futurismo ecc... allora siam tutti daccordo perchè alla fine il brodo non si discute mai, ma, come dici te, ergere gli happening o i tatuaggi o la Body-Painting a "centro dell'arte del 900" non lo trovo corretto. (Per non parlare dell'esempio "cyberpunk", nato e morto nel giro di qualche anno...).
Mi pare, essenzialmente, che proprio solo la (dimenticabile?) body art sia stata l'unica a dare importanza al corpo, il resto dell'arte (tutta?) e delle avanguardie erano impegnate su "concetti", come ad esempio l'idea del falso, vero centro (forse) di tutta l'arte del 900.

Il guanto di sfida è lanciato, correggetemi pure  ;)
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#11 StellaDanzante

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Inviato 08 settembre 2006 - 08:32

Dai Paz prenditi le tue responsabilità.


Nonostante l'errata attribuzione, codesto nick è spettacolare.

2) il corpo nel 900. Non sono un grande esperto, ma a parte la body art (e tutte le sue derivazioni, anche violente) il "grosso" dell'arte degli ultimi 100 anni mi sembra sia più concettuale che fisico, più cerebrale che corporeo. Il 900 è in primis la pop art, "la rivoluzione" pop art, poi picasso, dada, bauhaus, minimalismo (metto dentro tutto eh), futurismo, costruttivismo, iperrealismo, optical.....


Veramente dopo Fontana che ha tagliato in due la tela, e bucato dunque lo "schermo" attraverso cui prima traspariva l'arte, l'intera arte ha assunto una corporeità molto maggiore. Anche l'arte propriamente detta concettuale - ricollegabile a figure come Beuys, alla body-art e alla land-art - utilizza proprio una massiccia fisicità, anche assurdamente ingombrante come le opere di Christo, proprio per esprimere un concetto immediato.
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#12 Guest_Lukas_*

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Inviato 14 settembre 2006 - 15:37

[quote author=Paz]Se l'arte fosse una multinazionale, Hirst sarebbe il responsabile del marketing.[/quote]

In questo caso puoi anche togliere la forma ipotetica e passare al giudizio apodittico.
[/quote]


Esattamente, certamente Hirst più che produrre arte è il suo prodotto. L'arte è un mercato da quando si è passati dal baratto alla moneta e credo che questa non sia una novità per nessuno.
Ho impiegato 2 anni per rivalutare in positivo la figura di Hirst e della sua arte, ho assistito alla mostra a Napoli The Agony and the Extasy che dal titolo fa comprendere non poco cosa sia l'opera di Hirst. L'errore che si fa frequentemente è di postare immagini delle sue opere senza il titolo, quando questo è parte integrante dell'opera stessa, perchè se si fa diversamente la pecora sotto formaldeide non è altro che una pecora sotto formaldeide (il cui titolo è Away from the flock, Fuori dal gregge), Hirst forse è molto + commerciale di altri perchè ti spiattella il significato d'avanti agli occhi, specificato meglio dal titolo. E a questo punto non capisci se l'opera che ti spiega il titolo o il titolo che esplica l'opera,è un tutt'uno dove non è importante la forma ma il contenuto. Alla base dell'arte di Hirst c'è la morte e il dolore, prendendo spunto dal sempre amato Francis Bacon,
l'opera deve far ribbrezzo all'osservatore, deve rifutare quel che vede, ma dopo che ha superato questa fase di disprezzo non gli resta che guardare l'amara realtà. E si resta con la sensazione che non puoi proprio farci nulla.
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#13 Kebabträume

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Inviato 15 settembre 2006 - 20:24

[quote author=Lukas link=topic=1057.msg38422#msg38422 date=1158246746]
[quote author=Paz]Se l'arte fosse una multinazionale, Hirst sarebbe il responsabile del marketing.[/quote]

[quote author=Stella Danzante]In questo caso puoi anche togliere la forma ipotetica e passare al giudizio apodittico.[/quote]

Certo che questo Paz le spara proprio grosse...

"Hirst più che produrre arte è il suo prodotto"...Secondo questa logica Hirst diventa esecutore di un ideale, un commerciante di sensazioni...non sono queste delle logiche su cui si basa il marketing per aggredire il consumatore? Tanto per pescare nel mazzo della storia dell'arte, quando Gauguin lasciò l'irrequieto occidente vangoghiano per Tahiti seguiva la logica commerciale del suo tempo? Scusate ma questo sfoggio di cinismo è agli antipodi della mia concezione di arte.

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#14 Guest_Lukas_*

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Inviato 17 settembre 2006 - 22:47


"Hirst più che produrre arte è il suo prodotto"...Secondo questa logica Hirst diventa esecutore di un ideale, un commerciante di sensazioni...non sono queste delle logiche su cui si basa il marketing per aggredire il consumatore? Tanto per pescare nel mazzo della storia dell'arte, quando Gauguin lasciò l'irrequieto occidente vangoghiano per Tahiti seguiva la logica commerciale del suo tempo? Scusate ma questo sfoggio di cinismo è agli antipodi della mia concezione di arte.


Io ho studiato un pò di marketing e questo si basa su schemi e analisi di settore...e secondo la logica di settore qualsiasi cosa può essere analizzabile (dal punto di vista del marketing ovviamente). Quello che intendevo dire su Hirst è che certamente non si può non iscriverlo all'interno della storia dell'arte, poichè essendo un manierista come lo è Cattelan e come lo è stato Andy Warhol e in piccolo anche Francis Bacon (ognuno in maniera diversa...meglio specificare così evito fondamentalismi) per tutta la sua carriera d'artista non ha fatto altro che riprendere i linguaggi dell'arte, farli propri e riutilizzarli per i propri scopi. E io in questo ci vedo tanto cinismo. Che poi i suoi esiti siano o no commerciali non me ne può fregar di meno, l'arte ha perso la sua aureola alla fine del XIX° secolo. E prima ancora che diventasse una cosa sacra non era altro che una cosa artigianale...e non lo dico io, sono opinione (parafrasate) di Courbet e Baudelaire queste.
Gaugin a suo tempo seguiva, come lo vogliamo chiamare? La moda? L'atteggiamento? Il flusso di coscienza? La logica commerciale? Sta di fatto che il richiamo all'oriente non era una cosa nuova, da Monet per passare a Van Gogh, Tolouse Lautrec e altri di cui adesso non mi sovvengono i nomi, ci sono dei riferimenti palesi. Certamente Gaugin non poteva spostarsi nelle Fiandre visto che era figlio del suo tempo, quindi è inutile parlarne.
Non so quale sia la tua concezione dell'arte, io non ne ho una, per me non esiste l'arte con la A maiuscola, non c'è niente di sacro in essa, esistono gli artisti e le loro opere e basta. L'unica cosa di cui l'osservatore deve preoccuparsi è il distinguere un soldo di cacio da una moneta d'oro. Buona notte.
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#15 Kebabträume

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Inviato 18 settembre 2006 - 16:34

Il fatto che Hirst si sia ritagliato il suo (minuscolo) nella storia dell'arte credo importi davvero poco ai fini della discussione. Solo un idealista potrebbe pensare all'arte come mezzo disinteressato per il raggiungimento di ideali assoluti, ed io non lo sono...te l'assicuro. Quello che io contesto è proprio la filosofia di fondo dell'opera di Hirst, il Post-Human (di cui pare fare parte) è quanto di più creativamente sterile il mondo dei mercanti d'arte abbiano propinato dal dopo-guerra ad oggi. Non mi sorprendo che Hirst possa raccogliere dei consensi, anzi lo vedo come una perfetta incarnazione della morbosa e sempre più iper-critica società occidentale.
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#16 StellaDanzante

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Inviato 19 settembre 2006 - 14:16

Non so quale sia la tua concezione dell'arte, io non ne ho una, per me non esiste l'arte con la A maiuscola, non c'è niente di sacro in essa, esistono gli artisti e le loro opere e basta. L'unica cosa di cui l'osservatore deve preoccuparsi è il distinguere un soldo di cacio da una moneta d'oro. Buona notte.


Ok, ma spero che ti renderai conto dell'immediata contraddizione tra il sostenere l'inesistenza di un concetto d'arte assoluto e poi richiedere che l'osservatore distingua tra ciò che è buona arte e ciò che non lo è..
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#17 Ringa

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Inviato 20 settembre 2006 - 14:09


2) il corpo nel 900. Non sono un grande esperto, ma a parte la body art (e tutte le sue derivazioni, anche violente) il "grosso" dell'arte degli ultimi 100 anni mi sembra sia più concettuale che fisico, più cerebrale che corporeo. Il 900 è in primis la pop art, "la rivoluzione" pop art, poi picasso, dada, bauhaus, minimalismo (metto dentro tutto eh), futurismo, costruttivismo, iperrealismo, optical.....


Veramente dopo Fontana che ha tagliato in due la tela, e bucato dunque lo "schermo" attraverso cui prima traspariva l'arte, l'intera arte ha assunto una corporeità molto maggiore. Anche l'arte propriamente detta concettuale - ricollegabile a figure come Beuys, alla body-art e alla land-art - utilizza proprio una massiccia fisicità, anche assurdamente ingombrante come le opere di Christo, proprio per esprimere un concetto immediato.


Ecco proprio così, hai colto nel segno.
Poi è vero anche quanto dicevi sul cyber-punk: sicuramente c'è un legame con il post-human (penso in particolare a Giger).

Per Disposable Hero: mi domando cosa penseresti allora di un Andrès Serrano  ;D (in realtà non c'è da ridere). Hirst in confronto potrebbe esporre in un asilo infantile. Se non lo conosci già, NON cercare nulla su google.





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#18 Ringa

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Inviato 20 settembre 2006 - 14:33

Ho impiegato 2 anni per rivalutare in positivo la figura di Hirst e della sua arte, ho assistito alla mostra a Napoli The Agony and the Extasy che dal titolo fa comprendere non poco cosa sia l'opera di Hirst. L'errore che si fa frequentemente è di postare immagini delle sue opere senza il titolo, quando questo è parte integrante dell'opera stessa, perchè se si fa diversamente la pecora sotto formaldeide non è altro che una pecora sotto formaldeide (il cui titolo è Away from the flock, Fuori dal gregge), Hirst forse è molto + commerciale di altri perchè ti spiattella il significato d'avanti agli occhi, specificato meglio dal titolo. E a questo punto non capisci se l'opera che ti spiega il titolo o il titolo che esplica l'opera,è un tutt'uno dove non è importante la forma ma il contenuto. Alla base dell'arte di Hirst c'è la morte e il dolore, prendendo spunto dal sempre amato Francis Bacon,
l'opera deve far ribbrezzo all'osservatore, deve rifutare quel che vede, ma dopo che ha superato questa fase di disprezzo non gli resta che guardare l'amara realtà. E si resta con la sensazione che non puoi proprio farci nulla.

[...]

Quello che intendevo dire su Hirst è che certamente non si può non iscriverlo all'interno della storia dell'arte, poichè essendo un manierista come lo è Cattelan e come lo è stato Andy Warhol e in piccolo anche Francis Bacon (ognuno in maniera diversa...meglio specificare così evito fondamentalismi) per tutta la sua carriera d'artista non ha fatto altro che riprendere i linguaggi dell'arte, farli propri e riutilizzarli per i propri scopi. E io in questo ci vedo tanto cinismo. Che poi i suoi esiti siano o no commerciali non me ne può fregar di meno, l'arte ha perso la sua aureola alla fine del XIX° secolo. E prima ancora che diventasse una cosa sacra non era altro che una cosa artigianale...e non lo dico io, sono opinione (parafrasate) di Courbet e Baudelaire queste


Premettendo che il tuo modo di considerare l'arte mi è del tutto estraneo, volevo solamente che mi spiegassi bene quali sarebbero i contenuti delle opere di Hirst: alla base ci sarebbero la morte e il dolore, dici, la volontà di causare raccapriccio nello spettatore, che poi arriva a capire che non c'è proprio nulla da fare (?). Il tutto accompagnato da titoli ironici (di un'ironia che trovo squallida).
Insomma, come spiegazione mi sembra un po' nebulosa.
Io in effetti non sono mai riuscita a capire dagli estimatori di Hirst che cosa stimino della sua opera, quindi mi piacerebbe che mi spiegassi cosa te l'ha fatto rivalutare e poi apprezzare.

PS: certo che ogni volta che si parla di Hirst si finisce per citare Bacon, peccato che siamo proprio su un altro pianeta.
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#19 Guest_Lukas_*

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Inviato 20 settembre 2006 - 22:28


Non so quale sia la tua concezione dell'arte, io non ne ho una, per me non esiste l'arte con la A maiuscola, non c'è niente di sacro in essa, esistono gli artisti e le loro opere e basta. L'unica cosa di cui l'osservatore deve preoccuparsi è il distinguere un soldo di cacio da una moneta d'oro. Buona notte.


Ok, ma spero che ti renderai conto dell'immediata contraddizione tra il sostenere l'inesistenza di un concetto d'arte assoluto e poi richiedere che l'osservatore distingua tra ciò che è buona arte e ciò che non lo è..


Non c'è nessuna contraddizione, se non esiste l'arte assoluta non esiste nemmeno l'artista assoluto, quindi l'osservatore deve saper distinguere tra chi è un buon artista e chi in realtà non lo è affatto. Mi sembra che qui ci si soffermi soltanto a guardarli i quadri e non a scrutarli. Faccio un esempio, Morandi ha rappresentato lo spazio prescindendo dal concetto figurativo STANDARD di linea, volume e tono, attribuendo ad essi un significato diverso; linea non come contorno ma limite, confine, volume non come chiaroscuro ma calibrazioni tra piani colorati, il tono non come incidenza e distanza di luce ma come rapporto tra qualità e quantità. Niente esiste di per sè, tutto esiste in relazione. Se si applicasse più spesso nella critica dell'arte questo concetto di interpretazione e relazione forse tutto avrebbe un senso.
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#20 Guest_Lukas_*

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Inviato 20 settembre 2006 - 23:31


Ho impiegato 2 anni per rivalutare in positivo la figura di Hirst e della sua arte, ho assistito alla mostra a Napoli The Agony and the Extasy che dal titolo fa comprendere non poco cosa sia l'opera di Hirst. L'errore che si fa frequentemente è di postare immagini delle sue opere senza il titolo, quando questo è parte integrante dell'opera stessa, perchè se si fa diversamente la pecora sotto formaldeide non è altro che una pecora sotto formaldeide (il cui titolo è Away from the flock, Fuori dal gregge), Hirst forse è molto + commerciale di altri perchè ti spiattella il significato d'avanti agli occhi, specificato meglio dal titolo. E a questo punto non capisci se l'opera che ti spiega il titolo o il titolo che esplica l'opera,è un tutt'uno dove non è importante la forma ma il contenuto. Alla base dell'arte di Hirst c'è la morte e il dolore, prendendo spunto dal sempre amato Francis Bacon,
l'opera deve far ribbrezzo all'osservatore, deve rifutare quel che vede, ma dopo che ha superato questa fase di disprezzo non gli resta che guardare l'amara realtà. E si resta con la sensazione che non puoi proprio farci nulla.

[...]

Quello che intendevo dire su Hirst è che certamente non si può non iscriverlo all'interno della storia dell'arte, poichè essendo un manierista come lo è Cattelan e come lo è stato Andy Warhol e in piccolo anche Francis Bacon (ognuno in maniera diversa...meglio specificare così evito fondamentalismi) per tutta la sua carriera d'artista non ha fatto altro che riprendere i linguaggi dell'arte, farli propri e riutilizzarli per i propri scopi. E io in questo ci vedo tanto cinismo. Che poi i suoi esiti siano o no commerciali non me ne può fregar di meno, l'arte ha perso la sua aureola alla fine del XIX° secolo. E prima ancora che diventasse una cosa sacra non era altro che una cosa artigianale...e non lo dico io, sono opinione (parafrasate) di Courbet e Baudelaire queste


Premettendo che il tuo modo di considerare l'arte mi è del tutto estraneo, volevo solamente che mi spiegassi bene quali sarebbero i contenuti delle opere di Hirst: alla base ci sarebbero la morte e il dolore, dici, la volontà di causare raccapriccio nello spettatore, che poi arriva a capire che non c'è proprio nulla da fare (?). Il tutto accompagnato da titoli ironici (di un'ironia che trovo squallida).
Insomma, come spiegazione mi sembra un po' nebulosa.
Io in effetti non sono mai riuscita a capire dagli estimatori di Hirst che cosa stimino della sua opera, quindi mi piacerebbe che mi spiegassi cosa te l'ha fatto rivalutare e poi apprezzare.

PS: certo che ogni volta che si parla di Hirst si finisce per citare Bacon, peccato che siamo proprio su un altro pianeta.


Allora, qui io non voglio convincere nessuno di niente. Tu puoi apprezzare i Futuristi perchè hanno un atteggiamento dinamico, le loro opere sono fortemente avanguardistiche, io posso non sopportarli per gli stessi motivi per cui tu li apprezzi, voglio precisare questo. Io proclamo solo la mia opinione, che piaccia o meno sono affari di chi legge non miei, precisato questo posso cominciare. La spiegazione che ho dato di Hirst, non mi sembra affatto nebulosa, i concetti espressi sono chiari: dolore, morte, la puoi considerare forse semplicistica e generica, se vuoi di meglio sono qua. E cmq negare che Hirst faccia i primi passi nell'arte grazie a Bacon è come negare che Dègas non abbia mai preso come esempio Ingres e questa è veramente una grande cazzata.
Andiamo a raschiare il fondo del barile.

Partiamo dall'accostamento Bacon/Hirst. Come tutti ben sanno nel 1999 alla Tate Gallery di Londra si tenne una piccola mostra di disegni di Bacon, un taccuino di anatomie sezionate, indagate con spirito "disumanista". Nella sala accanto Hirst aveva allestito la sua opera + famosa:The Pharmacy, che non è altro che la ricistruzione di una farmacia con mensole colme di barattoli e pillole. Ragionare sulle analogie tra le 2 esposizioni venne quasi naturale.
Hirst parte proprio dall'orrore per il corpo di matrice Baconiana per poi allontanarsi verso altri esiti. La sua ricerca ha alla base un gesto estremo (molto più estremo di quello di Fontana): taglia mucche, cataloga strumenti chirurgici e pasticche, carcasse di animali e scheletri umani, mosche e farfalle e per questo motivo che viene spesso inserito nella corrente del Post Human o della Sensation Generation.
Hirst pensa all'opera d'arte, per riprendere l'idea di decostruzione di Jacques Derrida, come un evento che deve scuotere, colpire, suscitare un rifiuto esibendo la morte e l'angoscia senza ricorrere a filtri linguistici.
Differentemente da Bacon però nelle sue istallazioni tutto è raffreddato, immobilizzato, restituito con esattezza analitica. Praticamente parte da una ricognizione del reale, si sofferma su alcune figure che congela e immobilizza sospendendole in una dimensione metafisica (e questo è uno dei punti che mi ha avvicinato ad Hirst, il mio amore per la metafisica, è stato un trampolino di lancio per la comprensione delle sue opere). In questo spostamento sottrae peso e consistenza al corpo che diventa leggero, galleggiando nel vuoto, come accade alle mucche nelle teche, sotto formaldeide. Concetto, questo, ripreso dal futurismo e rielaborato secondo altri esiti.
Nelle sue opere non c'è sangue nè dolore (intendo dal punti di vista espressivo e non contenutistico), una
atroce serenità attraversa le costruzioni di Hirst, che, con un gesto duchampiano, estrae dal presente alcune icone, per disporle in una dimensione senza tempo. Ingabbia la vita e infine la spegne. Annulla ogni senso di tragedia.
Analogamente ai pittori seicenteschi di nature morte (Caravaggio ad esempio) rinuncia alla fantasia affidandosi solo alla disciplina dell'osservazione, mira al raggiungimento di una visione oggettiva. Rende i suoi "miti" anonimi e impersonali, trasforma "i luoghi comuni" in fonti di stupore, attribuendo ad essi una monumentale solennità.
Le sue opere posso essere interpretate anche come una riscrittura del genere della natura morta.
Se Christo è l'impacchettatore dell'arte contemporanea lui è l'imbalsamatore.

Questo è quello che bisogna sapere su di lui, ma non ti ho ancora risposto alla domanda. Cosa mi ha fatto apprezzar Hirst? Dopo 2 anni che sono stata lì a criticare la sua presunzione di scuotere il pubblico con strutture alquanto pretenziose sono andata oltre al senso di ribrezzo che provavo per lui e per qualsiasi cosa facesse, ho cominciato a vedere le sue opere al di là del marketing, dei riferimenti (che non sono pochi), del movimento di cui faceva parte, di tutta una serie di sovrastrutture che non facevano altro che crearmi dei preconcetti a riguardo.
C'era solo la mensola carica di bottiglie etichettate, i fly paintings carichi di mosche incollate su tela, pezzi di mucca messi in teche, scrofe squartate a metà sotto formaldeide, teche con sceletri e feti, palloni colorati che volteggiavano su una base di lame affilate, vitellini in salamoia estirpati dal pascolo ma ignari di essere da tutt'altra parte, stessa cosa per gli squali, chiusi in una teca con le bocche spalancate e minacciose, ceneriere giganti che sembrano una casa. Dopo aver visto tutto questo, dopo aver pensato a tutto questo mi sono chiesta, ma che è successo? Dove sono finita? E' tutto sbagliato! Non è possibile. � esplosa un'atomica e attorno a me ci sono i resti di un'intera civiltà e tutto questo mi fa sentire come se anche io facessi parte di quelle macerie. E per questo che apprezzo Hirst, vita e morte si compenetrano come in una fotografia, ogni sua opera è un urlo muto dell'uomo contemporaneo, la sua arte è altamente comprensibile, da chi non si lascia sconvolgere da ciò che vede. Questa è stata la mia riflessione, ognuno ha i propri percorsi.
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#21 Ringa

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Inviato 21 settembre 2006 - 09:09

Guarda, non ho mai negato che Hirst abbia preso come esempio Bacon, ritengo solamente che artisticamente non ci sia paragone tra questi due artisti. E' solamente un'opinione personale.

Mi interessava sapere come mai apprezzi Hirst e devo dire che hai soddisfatto questa mia domanda, chiarendo diversi concetti.
Adesso non ho molto tempo per eventuali commenti, in caso posterò più avanti.  ;)
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#22 Guest_Lukas_*

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Inviato 21 settembre 2006 - 21:52

Beh si, come ho anche scritto, Hirst parte da Bacon ma sul piano figurativo e operativo gli esiti poi sono completamente diversi, anche con l'imitazione nessun artista è uguale ad un altro. Mi fa piacere che il mio commento sia servito a qualcosa.
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#23 StellaDanzante

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Inviato 24 settembre 2006 - 21:56

Non c'è nessuna contraddizione, se non esiste l'arte assoluta non esiste nemmeno l'artista assoluto, quindi l'osservatore deve saper distinguere tra chi è un buon artista e chi in realtà non lo è affatto.

Scusami, le tue deduzioni mi creano un po' di confusione.
Prendendo la tua arbitraria "l'esistenza dell'arte assoluta implica l'esistenza dell'artista assoluto" (P->Q), per una semplice regola inferenziale la negazione della prima non implica quella della seconda (P->Q, ¬P |= ¬Q è logicamente sbagliato).
A parte questa breve e gratuita lezione di logica base, non credo nessuno abbia mai detto che possa esistere qualcosa come un artista assoluto - al massimo lo si potrebbe definire come uno capace di creare della grande arte, facendo dunque ricadere il concetto dell'artista in quello dell'arte; ma un concetto di bellezza artistica assoluto è da te implicato perché un osservatore possa distinguere un'opera brutta da una che non lo è. Se non avesse un modello "perfetto" a cui tendere per la valutazione come potrebbe mai dire che un'opera è migliore dell'altra? Non saprebbe nemmeno da che parte cominciare per mettere in ordine i propri giudizi estetici.
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#24 Guest_Lukas_*

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Inviato 25 settembre 2006 - 01:36


Non c'è nessuna contraddizione, se non esiste l'arte assoluta non esiste nemmeno l'artista assoluto, quindi l'osservatore deve saper distinguere tra chi è un buon artista e chi in realtà non lo è affatto.

Scusami, le tue deduzioni mi creano un po' di confusione.
Prendendo la tua arbitraria "l'esistenza dell'arte assoluta implica l'esistenza dell'artista assoluto" (P->Q), per una semplice regola inferenziale la negazione della prima non implica quella della seconda (P->Q, ¬P |= ¬Q è logicamente sbagliato).
A parte questa breve e gratuita lezione di logica base, non credo nessuno abbia mai detto che possa esistere qualcosa come un artista assoluto - al massimo lo si potrebbe definire come uno capace di creare della grande arte, facendo dunque ricadere il concetto dell'artista in quello dell'arte; ma un concetto di bellezza artistica assoluto è da te implicato perché un osservatore possa distinguere un'opera brutta da una che non lo è. Se non avesse un modello "perfetto" a cui tendere per la valutazione come potrebbe mai dire che un'opera è migliore dell'altra? Non saprebbe nemmeno da che parte cominciare per mettere in ordine i propri giudizi estetici.


Non la implica ma nemmeno la vieta. Giusto? Può verificarsi come non potrebbe verificarsi. Certo, nemmeno io credo all'esistenza di un artista assoluto, ma come tu dici, in base alle regole della logica, se l'arte assoluta non implica l'esistenza di un artista assoluto, di conseguenza, l'inestistenza del concetto di arte non implica l'impossibilità di formulare giudizi estetici sulle delle opere. E perchè questo? Per un semplice motivo, perchè il sistema che si indaga è quello dell'arte e non quello della logica. Un concetto statico di arte assoluta non può esistere perchè è un sistema che si evolve in continuazione, dove i canoni e i giudizi variano a secondo della poetica o della corrente, dove addirittura vengono modificati all'osso gli elementi costitutivi: forma, spazio, oggetto. La forma per i cubisti non è la forma per i dadaisti (che non esiste per quest'ultimi tra l'altro). Quindi per l'arte non esistono dei giudizi sintetici a priori che permettono di filtrare la realtà attraverso le categorie dello spazio e del tempo ad esempio, tutto cambia e si trasforma e bisogna stare al passo, perchè non si può giudicare un quadro di Jackson Pollock come se si guardasse un'opera di Oldenburg. E come fa l'osservatore a giudicare se un'opera vale in quanto tale o è una patacca? Può farlo solo se ha una mente aperta priva di pregiudizi e si dimostra sensibile verso gli esiti del percorso dell'arte, molto più semplicemente che è conscio di cosa sta guardando. L'arte è un discorso che non può prescindere dal passato in quanto esperienza ma può prescinderlo in quanto linguaggio, teoretica e pratica. Sta all'osservatore conoscere questi nuovi linguaggi. Di conseguenza non puoi mettere a confronto un opera di Monet con una di Burri perchè sono 2 artisti di correnti differenti che sono vissuti in epoche differenti che usano linguaggi completamente differenti e nemmeno si può affermare che uno è + bravo dell'altro proprio per i motivi di prima. Basta.
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#25 StellaDanzante

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Inviato 26 settembre 2006 - 13:15

E come fa l'osservatore a giudicare se un'opera vale in quanto tale o è una patacca? Può farlo solo se ha una mente aperta priva di pregiudizi e si dimostra sensibile verso gli esiti del percorso dell'arte, molto più semplicemente che è conscio di cosa sta guardando.


Cioè se, appunto, riesce a vedere l'opera per quello che è, ovvero attraversare il suo linguaggio per comprenderne il significato intrinseco ad essa. Le opere migliori sono proprio quelle che riescono a mostrare il proprio significato in modo chiaro, ovvero riescono a usare le tecniche adatte alla trasmissione delle idee.
Proprio il fatto che però ci sia un significato all'interno delle opere d'arte, e che oltre ad essere qualitativo è anche quantitativo perché deve saper scegliere i mezzi giusti, implica che effettivamente si possano confrontare le opere d'arte tramite una sorta di modello assoluto ed imperscrutabile. Chiaramente più differenti sono gli stili più il processo di analogia di significato diventa difficile e rischioso, bisognerebbe tentarlo più che altro per artisti che hanno avuto idee simili; ma se tutto questo non fosse possibile noi non riusciremmo a dire che un quadro è più espressivo di un altro, o che un disco è migliore di un altro. Rischieremmo di ricadere nella chimera industriale per cui l'arte è solo una continua creazione di cose "nuove", e non una ri-creazione di linguaggi attraverso il punto di vista del singolo artista.
Tra l'altro la logica, oltre ad essere intrinseca anche al processo di creazione artistica (altrimenti non sapresti come esprimerti attraverso i mezzi che utilizzi), l'avevo di fatto utilizzata solo per analizzare una tua frase che peraltro mi sembrava appunto arbitraria e non condivisa da altri qui dentro.

(p.s. ma sei un maschio o una femmina? Da altre parti ti sei riferito/a a te stesso/a come un maschio e però nel profilo sei segnato/a come femmina, ciò mi confonde la percezione della sessualità..)
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#26 Guest_Lukas_*

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Inviato 27 settembre 2006 - 00:09


E come fa l'osservatore a giudicare se un'opera vale in quanto tale o è una patacca? Può farlo solo se ha una mente aperta priva di pregiudizi e si dimostra sensibile verso gli esiti del percorso dell'arte, molto più semplicemente che è conscio di cosa sta guardando.


Cioè se, appunto, riesce a vedere l'opera per quello che è, ovvero attraversare il suo linguaggio per comprenderne il significato intrinseco ad essa. Le opere migliori sono proprio quelle che riescono a mostrare il proprio significato in modo chiaro, ovvero riescono a usare le tecniche adatte alla trasmissione delle idee.
Proprio il fatto che però ci sia un significato all'interno delle opere d'arte, e che oltre ad essere qualitativo è anche quantitativo perché deve saper scegliere i mezzi giusti, implica che effettivamente si possano confrontare le opere d'arte tramite una sorta di modello assoluto ed imperscrutabile. Chiaramente più differenti sono gli stili più il processo di analogia di significato diventa difficile e rischioso, bisognerebbe tentarlo più che altro per artisti che hanno avuto idee simili; ma se tutto questo non fosse possibile noi non riusciremmo a dire che un quadro è più espressivo di un altro, o che un disco è migliore di un altro.

(p.s. ma sei un maschio o una femmina? Da altre parti ti sei riferito/a a te stesso/a come un maschio e però nel profilo sei segnato/a come femmina, ciò mi confonde la percezione della sessualità..)


Si, infatti, il processo di analogia è imprescindibile, ma comunque viene utilizzato solo tra artisti della stessa corrente o tra percursori e "realizzatori", ma basta, se vai al di là ti addentri in territori che non si possono comprendere con le categorie mentali che ti 6 costruito in precedenza. Dall'Impressionismo in poi l'arte si divide in frammenti sempre più piccoli tant'è che, ad un certo punto, scompare la poetica, non esistono + dei movimenti di riferimento, ma c'è solo l'artista con la sua opera. A questo punto sbilanciarsi verso altri linguaggi che esulano completamente dal mondo dell'arte è d'obbligo, sennò l'arte sarebbe un esercizio inconfutabile e soprattutto non esisterebbe nè critica e nè pubblico (e credo che ci stiamo avvicinando).

Il problema sulla sostanza dell'opera d'arte è un problema che si sono posti dapprima gli Impressionisti e poi, uno dietro l'altro, TUTTE le avanguardie. Il valore di un opera è passato prima dalla capacità di interpretare la natura (Impressionisti), alla semplice manifattura (Courbet), al processo di creazione (Futurismo), poi alla tecnica pittorica (Metafisica), alla creazione della forma-oggetto (Cubismo), allo spostamento o ready made (Dadaismo), al gesto e al segno (Action painting e Informale), alla riproducibilità (Pop Art). Come puoi ben vedere dal Dada ci si allontana da un arte operativa per approcciare un'arte concettuale.

E oggi è ancora così, i maggiori critici si interrogano ancora sulla sostanza dell'opera d'arte, sul suo significato.
Bell ritiene che l'arte abbia, in ogni circostanza storica, un denominatore comune: la forma significante,
Collingwood sostiene che il nucleo originario dell'arte sia costituito dall'espressione emotiva,
Weitz concepisce l'arte come un "concetto aperto", impossibile da spiegare,
La mia posizione è molto vicina, invece, a quella di Warburton il quale sostiene che non c'è l'arte, ci sono le opere, nella loro unicità. Al di là degli accordi tra individui o gruppi, non vi è un "ingrediente definitorio". Non si possono "assumere le pratiche come punto di partenza". Bisogna sottrarsi ad affermazioni generali e confrontare particolari opere. Questa teoria va ricondotta all'esame di icone specifiche, interessandosi alle opere nella loro concretezza, "non semplicemente all'idea di arte". Ero di questa opinione prima che leggessi la sua teoria e non posso che essere d'accordo con quello che dice.

Noto sempre che se non mi dilungo sto male  ;D

Cmq, andando OT, spero che la risoluzione dell'enigma del mio sesso non comporti qualche tipo di modifica nelle tue opinioni. E credo che ci voglia ben altro per modificare la tua percezione della sessualità, l'hai mai visto Brian Molko? Gran bella gnocca  ;D.
Cmq non sono Brian Molko ma una donna (ai miei occhi ho detto una tautologia, però vabbè).
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#27 Paz

    Roadie

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Inviato 27 settembre 2006 - 09:59

Weitz concepisce l'arte come un "concetto aperto", impossibile da spiegare,
La mia posizione è molto vicina, invece, a quella di Warburton il quale sostiene che non c'è l'arte, ci sono le opere, nella loro unicità. Al di là degli accordi tra individui o gruppi, non vi è un "ingrediente definitorio". Non si possono "assumere le pratiche come punto di partenza". Bisogna sottrarsi ad affermazioni generali e confrontare particolari opere. Questa teoria va ricondotta all'esame di icone specifiche, interessandosi alle opere nella loro concretezza


cose già dette da Anceschi almeno una generazione fa... dal punto di vista logico però è più completa la posizione del tal Weitz, d'altronde non si capisce perchè la cultura occidentale si ostina a rifiutarsi di assimilare la lezione oramai secolare di Wittgenstein: ogni concetto è un concetto aperto, impossibile da definirsi univocamente...
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« Ohne Musik wäre das Leben ein Irrtum » (F. Nietzsche, Götzen-Dämmerung, 1888, cap. I, af. 33).

#28 StellaDanzante

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Inviato 27 settembre 2006 - 12:44

Si, infatti, il processo di analogia è imprescindibile, ma comunque viene utilizzato solo tra artisti della stessa corrente o tra percursori e "realizzatori", ma basta, se vai al di là ti addentri in territori che non si possono comprendere con le categorie mentali che ti 6 costruito in precedenza.


Diciamo più che altro che tra artisti causalmente vicini nel tempo è più facile costruire le analogie e la storia, ma le megacategorie con le quali si accede al mondo dell'arte vengono continuamente create e rimodellate - e dev'essere così, poiché sono solo degli schemi apposti per comodità del linguaggio. Ad eccezione delle avanguardie storiche, le quali si davano già di loro un nome e aderivano a dei manifesti programmatici, il resto delle definizioni come "impressionismo" o "pop art" sono date per cercare di isolare semanticamente e culturalmente certi fenomeni artistici avvenuti nel tempo che condividevano un certo tipo di significati. Per ricostruire il senso delle opere di un certo movimento è necessario andare a ricercare sia nella storia immediatamente precedente che in quella passata delle analogie culturali e artistiche che possano permettere di ricostruire il motivo per cui è nato un certo tipo di arte.

Il problema sulla sostanza dell'opera d'arte è un problema che si sono posti dapprima gli Impressionisti e poi, uno dietro l'altro, TUTTE le avanguardie. Il valore di un opera è passato prima dalla capacità di interpretare la natura (Impressionisti), alla semplice manifattura (Courbet), al processo di creazione (Futurismo), poi alla tecnica pittorica (Metafisica), alla creazione della forma-oggetto (Cubismo), allo spostamento o ready made (Dadaismo), al gesto e al segno (Action painting e Informale), alla riproducibilità (Pop Art). Come puoi ben vedere dal Dada ci si allontana da un arte operativa per approcciare un'arte concettuale.


Il risultato del dadaismo e delle opere di Fontana (citando solo questi due perché suppongo vi siano molti altri esempi storici) è stato semplicemente quello di "liberare" l'arte dai suoi supporti tradizionali, come la tela per la pittura e la materia  malleabile per la scultura. Facendo così però hanno anche rimosso dall'arte il senso dell'elaborazione e della bellezza che invece l'ha sempre caratterizzata e sempre lo farà, poiché anche se sei capace di distruggere i linguaggi precedenti non avrai fatto niente di valido se non ne ricrei di nuovi.
A mio avviso buona parte dell'arte moderna è solo una collezione di gesti che ti sbattono in faccia in modo didascalico e chiaro, senza lasciare spazio né all'interpretazione né al piacere estetico (non inteso come quello dell'arte cristallina, bensì in generale) che dovrebbe comunque riuscire ad esprimere un'opera d'arte a chi ne fruisce. La maggior parte di queste opere vengono fuori da poche idee elaborate in modo scarno, e per questo comunicano ben poco rispetto a quanto riuscisse a fare un quadro di Kandinsky.

La mia posizione è molto vicina, invece, a quella di Warburton il quale sostiene che non c'è l'arte, ci sono le opere, nella loro unicità. Al di là degli accordi tra individui o gruppi, non vi è un "ingrediente definitorio". Non si possono "assumere le pratiche come punto di partenza". Bisogna sottrarsi ad affermazioni generali e confrontare particolari opere. Questa teoria va ricondotta all'esame di icone specifiche, interessandosi alle opere nella loro concretezza, "non semplicemente all'idea di arte". Ero di questa opinione prima che leggessi la sua teoria e non posso che essere d'accordo con quello che dice.


L'idea dell'arte è indagata da un campo diverso dalla critica artistica, ed è un problema che si pongono i pensatori dal romanticismo in poi (Schelling, Schiller, Schopenhauer ecc). Tutti bene o male si devono confrontare con essa, in quanto una delle manifestazioni più enigmatiche della vita umana.

Cmq, andando OT, spero che la risoluzione dell'enigma del mio sesso non comporti qualche tipo di modifica nelle tue opinioni.

No, era solamente per non creare imbarazzanti confusioni nell'uso di verbi e aggettivi, tranquilla..
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#29 Paz

    Roadie

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Inviato 27 settembre 2006 - 16:22

L'idea dell'arte è indagata da un campo diverso dalla critica artistica


vero in generale ma ci sono eccezioni, vedi il caso de L'Å?uvre de l'art di Gèrard Genette...
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« Ohne Musik wäre das Leben ein Irrtum » (F. Nietzsche, Götzen-Dämmerung, 1888, cap. I, af. 33).

#30 Guest_Lukas_*

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Inviato 29 settembre 2006 - 23:49

Diciamo più che altro che tra artisti causalmente vicini nel tempo è più facile costruire le analogie e la storia, ma le megacategorie con le quali si accede al mondo dell'arte vengono continuamente create e rimodellate - e dev'essere così, poiché sono solo degli schemi apposti per comodità del linguaggio. Ad eccezione delle avanguardie storiche, le quali si davano già di loro un nome e aderivano a dei manifesti programmatici, il resto delle definizioni come "impressionismo" o "pop art" sono date per cercare di isolare semanticamente e culturalmente certi fenomeni artistici avvenuti nel tempo che condividevano un certo tipo di significati. Per ricostruire il senso delle opere di un certo movimento è necessario andare a ricercare sia nella storia immediatamente precedente che in quella passata delle analogie culturali e artistiche che possano permettere di ricostruire il motivo per cui è nato un certo tipo di arte.


� ovvio, esistono corsi e ricorsi storici nell'arte (soprattutto nell'ultimo periodo) è cmq un fenomeno che di base presuppone il concetto di durata, Bergson ringrazia.

Il risultato del dadaismo e delle opere di Fontana (citando solo questi due perché suppongo vi siano molti altri esempi storici) è stato semplicemente quello di "liberare" l'arte dai suoi supporti tradizionali, come la tela per la pittura e la materia  malleabile per la scultura. Facendo così però hanno anche rimosso dall'arte il senso dell'elaborazione e della bellezza che invece l'ha sempre caratterizzata e sempre lo farà, poiché anche se sei capace di distruggere i linguaggi precedenti non avrai fatto niente di valido se non ne ricrei di nuovi.
A mio avviso buona parte dell'arte moderna è solo una collezione di gesti che ti sbattono in faccia in modo didascalico e chiaro, senza lasciare spazio né all'interpretazione né al piacere estetico (non inteso come quello dell'arte cristallina, bensì in generale) che dovrebbe comunque riuscire ad esprimere un'opera d'arte a chi ne fruisce. La maggior parte di queste opere vengono fuori da poche idee elaborate in modo scarno, e per questo comunicano ben poco rispetto a quanto riuscisse a fare un quadro di Kandinsky.


Non sono d'accordo su questa visione.
Fontana e Duchamp muovono entrambi dal Cubismo, che si può considerare come il movimento d'avanguardia più importante all'interno della storia dell'arte perchè esso segna il punto di rottura dell'arte figurativa e, allo stesso tempo, rappresenta il punto di unione tra lo spazio e l'oggetto. Però il problema fondamentale del Cubismo e che esso non cambia in nessun modo la ragion d'essere dell'arte. L'arte rimane comunque una attività finalizzata alla produzione di oggetti, quindi destinata ad un mercato, insomma ad essere un prodotto. Le opere cubiste sono opere da museo, cambiano l'arte ma dall'interno, creando un'associazione tra forma e oggetto, quindi viene considerata un'avanguardia a metà. Fontana e Duchamp han fatto quello che hanno fatto perchè, differentemente dal New Dada e soprattutto dalla Pop Art che accettano di buon grado il proliferare delle nuove tecnologie, si sentivano minacciati dalla meccanizzazione e dalla serialità della produzione industriale. Il cubismo era un movimento funzionalista e risolveva il rapporto tra la funzione dell'opera d'arte e la funzione delle macchine attraverso un'analogia ma non sono andati oltre. Duchamp e Fontana sono uomini del proprio tempo, come lo era Manet a suo tempo e Dègas, e si pongono in maniera critica ed analitica nei confronti di questo problema, non sono i primi che cercano di allontanarsi dalle forme di espressione tradizionali (ci dimentichiamo dei complessi plastici dei Futuristi) e non è totalmente vero questo punto, Fontana è sia un pittore che scultore. Entrambi affrontano il problema in maniera diversa. Duchamp col Dada si allontana dal concetto di arte funzionalista, negando tutta la categoria dei valori e quindi anche l'arte (siamo nel periodo post-bellico, è plausibile un pensiero del genere) e fa questo perchè sostiene che c'è una incompatibilità tra l'arte e la realtà (stessa cosa credeva De Chirico e i Surrealisti), infatti tutte le correnti post-cubiste nascono secondo la chiave di lettura che danno al rapporto arte-società, se questo è positivo ecco che nascono tutti quei movimenti costruttivisti: de Stijl, Bauhaus, Der Bleau Reiter, se è negativo nascono tutti quei movimenti d'astrazione: Metafisica, Surrealismo, Dadaismo, Informale. Fontana (come tutti del resto), lavora sul concetto di spazio, non sullo spazio dell'opera d'arte in sè, ma proprio sullo spazio della pittura e della scultura (visto che non stiamo parlando più di un'arte figurativa), rompe con tagli e spaccature la perfetta distinzione tra lo spazio interno all'opera e lo spazio esterno seguendo le teorie di Kandinsky sul colore (il campo) e la linea (il taglio) (Punto, Linea, Superfice è il libro che scrive Kandinsky).

Fontana e Duchamp non sono partiti con la volontà di distruggere i linguaggi dell'arte, questa è stata una conseguenza delle loro idee, sono partiti dalla consapevolezza che l'arte non poteva esistere nella società quindi non poteva far altro che avvicinarsi ad un'arte astratta, ad un'arte concettuale e la rimozione della bellezza è un'altra conseguenza della loro analisi, perchè se un'arte non è più funzionale ma si pone semplicemente come atto non deve dimostrare niente a nessuno, non deve fruire da nessuna parte. Altri movimenti "positivi" se ne occuperanno: De stjil, Bauhaus ma ricordo che entrambe falliranno.

Il Dada è un'avanguardia negativa, non come il Futurismo che si pone in maniera propositiva, vuole distruggere tutto e agisce in tutti modi per farlo, la visione è nichilista. L'informale con Fontana non è che non vuole proporre nuove valori, non lo può fare, l'artista non ha più un ruolo nella società perchè l'arte non ha più un ruolo, esiste solo per sè stessa e basta. Allora questi nuovi valori a chi mai potevano servire?

La maggior parte dell'arte moderna (intendo le avanguardie fino alla Pop, poi quella contemporanea va ad interpretazione) nasce secondo delle regole che siano semplici o meno (e non lo considero un difetto questo), è tutta un'analisi interna ed esterna all'arte, non è un'arte emotiva come l'espressionismo o l'impressionismo perchè non è nata per essere un'arte emotiva, è un'arte speculativa che va prima capita e poi interpretata, se è così un motivo ci sarà.
Kandinsky mi ha letteralmente rotto i cavoletti, quando l'ho studiato ci rompeva con l'interpretazione estetica ed intersoggettiva, wuè ma quanti minchia di problemi ti fai? � un quadro, non una tesi in psicologia infantile nè un trattato di geometria euclidea, calmo. Mi immaginavo sempre Klee che appena lo incontrava nei corridoi della Bauhaus lo sfotteva: "ah ma che bel pampino!". Vabbè, sclero totale, preferisco Klee cmq, si basa su concetti aperti, ancora interpretabili amorevolmente e non chiuso in quel meccanicismo che caratterizza Kandinsky.




L'idea dell'arte è indagata da un campo diverso dalla critica artistica, ed è un problema che si pongono i pensatori dal romanticismo in poi (Schelling, Schiller, Schopenhauer ecc). Tutti bene o male si devono confrontare con essa, in quanto una delle manifestazioni più enigmatiche della vita umana.


Kant. Hegel lo so m'è toccato al liceo affrontarli tutti, ma sono dei filosofi e trattano solo del concetto di arte, quando appunto, ai loro tempi, l'arte come concetto aveva ancora senso. Avrei voluto vederlo adesso Schopenauer affrontare questo problema, certo che Kant è quello che più si avvicina al concetto di Avanguardia.
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#31 StellaDanzante

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Inviato 30 settembre 2006 - 16:59

Fontana e Duchamp non sono partiti con la volontà di distruggere i linguaggi dell'arte, questa è stata una conseguenza delle loro idee


Difatti ho esordito parlando di risultato, non di principio.

sono partiti dalla consapevolezza che l'arte non poteva esistere nella società quindi non poteva far altro che avvicinarsi ad un'arte astratta, ad un'arte concettuale e la rimozione della bellezza è un'altra conseguenza della loro analisi, perchè se un'arte non è più funzionale ma si pone semplicemente come atto non deve dimostrare niente a nessuno, non deve fruire da nessuna parte. Altri movimenti "positivi" se ne occuperanno: De stjil, Bauhaus ma ricordo che entrambe falliranno.


Perché la bellezza non dovrebbe essere concettuale? Non stavo parlando appunto di una bellezza cristallina e accademica, ma anche quella che potrebbe scatenarsi da un quadro totalmente caotico. La bellezza di un'opera sta appunto nella sua significanza, nella profondità dell'idea che sta dietro, nella sua capacità di comunicare molte cose differenti a chi ne fruisce; si può anche dire nella sua complessità, stando attenti a non concepire la complessità semplicemente come quantità di elementi bensì come complesso organico e "vivo" degli stessi.

La maggior parte dell'arte moderna (intendo le avanguardie fino alla Pop, poi quella contemporanea va ad interpretazione) nasce secondo delle regole che siano semplici o meno (e non lo considero un difetto questo), è tutta un'analisi interna ed esterna all'arte, non è un'arte emotiva come l'espressionismo o l'impressionismo perchè non è nata per essere un'arte emotiva, è un'arte speculativa che va prima capita e poi interpretata, se è così un motivo ci sarà.


Diciamo che se l'arte contemporanea è costituita più che altro da gesti e da concetti è perché si è adattata alla società moderna, dove l'opprimente temporalità delle cose ostacola la possibilità di fruire di opere complesse. Il fruitore dell'arte ha sempre bisogno di qualcosa di nuovo, di un'idea stravagante che rimetta in gioco continuamente i mezzi, ma che non sia troppo ingombrante da rivedere poiché altrimenti la fruizione dell'opera d'arte gli toglierà del tempo da dedicare ad altro. In questo modo, come facevano notare già Adorno e Horkheimer alla fine degli anni '50, tutta l'arte si è mutata in un'industria culturale che continua a sfornare opere adatte ad ogni tipo di persona; non c'è nessun individuo che sfugga al suo controllo, poiché le opere vengono già confezionate per arrivare alle persone che le richiedono.
Capovolgendo quanto detto da te prima (pur mantenendone il significato), non è vero che l'arte non ha più posto nella società, anzi: è così totale nella vita d'ogni giorno da essere diventata totalmente irrilevante, ed è un po' quello che cercava di dirci Warhol con le sue opere seriali. Proprio per questa percepita insensatezza ormai esistono più artisti "negativi" che "positivi", più gente che con gesti semplici cerca di fare qualcosa di irriverente e diverso che coloro capaci anche di ricostruire quanto distrutto per generare una nuova arte. I grandi artisti sono destinati a lavorare duramente per sé, a costruire in privato totalmente privi di prospettiva di guadagno, fino a quando con un po' di fortuna non troveranno un po' di riconoscimento da parte della società. Esemplificanti sono in questo frangente i casi di Jean-Michel Basquiat e Barry McGee, due tagger che solo dopo moltissimo tempo passato a dipingere gratuitamente (e anche non troppo legalmente) i muri delle proprie metropoli sono stati notati e gli si è dato un posto anche nelle gallerie d'arte.

Kandinsky mi ha letteralmente rotto i cavoletti, quando l'ho studiato ci rompeva con l'interpretazione estetica ed intersoggettiva, wuè ma quanti minchia di problemi ti fai? � un quadro, non una tesi in psicologia infantile nè un trattato di geometria euclidea, calmo. Mi immaginavo sempre Klee che appena lo incontrava nei corridoi della Bauhaus lo sfotteva: "ah ma che bel pampino!". Vabbè, sclero totale, preferisco Klee cmq, si basa su concetti aperti, ancora interpretabili amorevolmente e non chiuso in quel meccanicismo che caratterizza Kandinsky.


Kandinsky aveva solamente una profonda coscienza del suo operato e cercava di trasmettere questa sua ricerca attraverso quelle teorie estetiche a mio avviso molto interessanti. Probabilmente per la loro complessità di significato, assieme alla relativa semplicità degli elementi a sua disposizione, le sue opere rappresentano il punto di rottura finale dell'arte pittorica che poi costituirà il punto di partenza per le "distruzioni" da te descritte.

Kant. Hegel lo so m'è toccato al liceo affrontarli tutti, ma sono dei filosofi e trattano solo del concetto di arte, quando appunto, ai loro tempi, l'arte come concetto aveva ancora senso. Avrei voluto vederlo adesso Schopenauer affrontare questo problema, certo che Kant è quello che più si avvicina al concetto di Avanguardia.


Ce l'ha senso tuttora se non riusciamo a dare una valida risposta al significato dell'arte moderna. Considerato quanto l'arte è ormai saldamente legata con la nostra società, di questi tempi è ancora più necessario indagare in profondità questo fenomeno, uno specchio che tuttora permette di scrutare l'animo umano nelle sue fondamenta. Gli studi dei francofortesi, di Deleuze e anche di Foucault (vedi la sua "ermeneutica del soggetto" che propone proprio di vedere la vita umana come opera d'arte) si muovono proprio da questa convinzione dello stretto legame tra l'arte e la vita umana, mai troppo chiarito e mai troppo indagato da qualsiasi indagine estetica.
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#32 Guest_Lukas_*

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Inviato 30 settembre 2006 - 18:42


Perché la bellezza non dovrebbe essere concettuale? Non stavo parlando appunto di una bellezza cristallina e accademica, ma anche quella che potrebbe scatenarsi da un quadro totalmente caotico. La bellezza di un'opera sta appunto nella sua significanza, nella profondità dell'idea che sta dietro, nella sua capacità di comunicare molte cose differenti a chi ne fruisce; si può anche dire nella sua complessità, stando attenti a non concepire la complessità semplicemente come quantità di elementi bensì come complesso organico e "vivo" degli stessi.


Correggiti, non dico che la bellezza non può essere concettuale, dico che la bellezza nell'arte concettuale non è indagata per forza di cose e non faccio altro che ripetermi. E sono due cose diverse. Quello che hai esposto qui è una tua idea di bellezza, una bellezza emotiva del bello è ciò che piace. E son d'accordo sul fatto che ognuno vede la bellezza dove vuole, a me i quadri di Pollock piacciono e ammiro all'inverosimile Burri, poi se altri ci vedono solo macchie di vernice e sacchi sdruciti sono problemi loro.


Diciamo che se l'arte contemporanea è costituita più che altro da gesti e da concetti è perché si è adattata alla società moderna, dove l'opprimente temporalità delle cose ostacola la possibilità di fruire di opere complesse. Il fruitore dell'arte ha sempre bisogno di qualcosa di nuovo, di un'idea stravagante che rimetta in gioco continuamente i mezzi, ma che non sia troppo ingombrante da rivedere poiché altrimenti la fruizione dell'opera d'arte gli toglierà del tempo da dedicare ad altro. In questo modo, come facevano notare già Adorno e Horkheimer alla fine degli anni '50, tutta l'arte si è mutata in un'industria culturale che continua a sfornare opere adatte ad ogni tipo di persona; non c'è nessun individuo che sfugga al suo controllo, poiché le opere vengono già confezionate per arrivare alle persone che le richiedono.


Consiglio di leggere la cultura del piagnisteo di Robert Hughes, sull'arte contemporanea (quella di ora) ha un'opinione molto autorevole, è molto più bravo di me a spiegarla quindi consiglio.
Oggi l'avanguardia non esiste più, l'arte dopo la Pop art è stata completamente assorbita dalla società e i nuovi artisti, dopo tanta arte concettuale, cercano di trovare un loro posto nel mondo e tornano ad un'arte di nuovo narrativa (i soliti ricorsi). Francesco Jodice è un esempio, Hirschorn con Plan B e via discorrendo

Capovolgendo quanto detto da te prima (pur mantenendone il significato), non è vero che l'arte non ha più posto nella società, anzi: è così totale nella vita d'ogni giorno da essere diventata totalmente irrilevante, ed è un po' quello che cercava di dirci Warhol con le sue opere seriali. Proprio per questa percepita insensatezza ormai esistono più artisti "negativi" che "positivi", più gente che con gesti semplici cerca di fare qualcosa di irriverente e diverso che coloro capaci anche di ricostruire quanto distrutto per generare una nuova arte. I grandi artisti sono destinati a lavorare duramente per sé, a costruire in privato totalmente privi di prospettiva di guadagno, fino a quando con un po' di fortuna non troveranno un po' di riconoscimento da parte della società. Esemplificanti sono in questo frangente i casi di Jean-Michel Basquiat e Barry McGee, due tagger che solo dopo moltissimo tempo passato a dipingere gratuitamente (e anche non troppo legalmente) i muri delle proprie metropoli sono stati notati e gli si è dato un posto anche nelle gallerie d'arte.



Non si può fare un discorso generalista, proprio nell'arte avanguardistica esistono 2 scuole di pensiero che declinano il rapporto con la realtà in maniera diversa e far finta che non esistono non risolve il problema. Con Warhol si conclude un discorso sull'arte moderna cominciato da Baudelaire e riprendendo i motivi della produzione di massa certamente non vuole farne un elogio, ma già con Warhol si entra in un'altro tipo di avanguardia ben diversa da quella europa volta ad andare controccorente, l'avanguardia americana va di pari passo con lo sviluppo tecnologico quindi il concetto stesso di avanguardia perde senso. Esemplificare non serve a nulla perchè il livellamento riconduce a concetti generali e nell'arte proprio questo non si può e nn si deve fare. Cacchio, uno guarda un quadro di Manet e poi uno di Picasso, è ovvio che si chieda nel frattempo cosa diamine è successo, o no? Ma molta gente prende per buono quel che si dice o allontana ciò che non conosce.

Basquiat? Non ci vedo nulla di poetico nella sua ascesa a grande artista. Il Graffitismo con l'andar del tempo perde tutto il suo mordente polemico quando Haring e Basquiat passano dalla metrò di NY alle gallerie di Soho. Dapprima rifiutano le convenzione del circuito dell'arte (perchè disegnare sui muri, esistono i quadri apposta!) imbrattando i muri e le stazioni, poi quando gli danno occasione entrano immediatamente in uno studio. Alla faccia della coerenza.
Per non parlare della Land Art, parte da buoni propositi dal punto di vista concettuale, ma appena agisce li rifugge completamente. Passare dal noumeno al fenomeno non è così tanto semplice.
Gli artisti lavorano duramente da secoli e secoli, Van Gogh è l'esempio per tutti.


Ce l'ha senso tuttora se non riusciamo a dare una valida risposta al significato dell'arte moderna. Considerato quanto l'arte è ormai saldamente legata con la nostra società, di questi tempi è ancora più necessario indagare in profondità questo fenomeno, uno specchio che tuttora permette di scrutare l'animo umano nelle sue fondamenta. Gli studi dei francofortesi, di Deleuze e anche di Foucault (vedi la sua "ermeneutica del soggetto" che propone proprio di vedere la vita umana come opera d'arte) si muovono proprio da questa convinzione dello stretto legame tra l'arte e la vita umana, mai troppo chiarito e mai troppo indagato da qualsiasi indagine estetica.


L'arte, come la conoscevamo, semplicemente non esiste più. Si può cercare qualcosa di artistico nel cinema, nei videoclip, nella musica, ma l'arte "madre" fatta di pittura-scultura OGGI ha tutt'altri significati. Il quadro oggi è una pagina illustrata, la scultura oggi sono le installazioni.
L'arte moderna (io non so tu cosa intendi per moderno, per arte moderna io intendo, appunto, tutto il periodo che va dagli impressionisti alla Pop Art, dalla transavanguardia in poi ci ritroviamo nel contemporaneo) credo che sia stata indagata già abbastanza, è stata anche definita abbastanza (Argan non è vissuto invano per capirci), ci si scriverà su sicuramente, ma fare un discorso unitario o trovare un elemento unitario è del tutto impossibile, secondo me, ed è proprio questa la bellezza dell'arte.
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#33 botty

    ask me about intersectionality

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Inviato 30 settembre 2006 - 19:28

Consiglio di leggere la cultura del piagnisteo di Robert Hughes, sull'arte contemporanea (quella di ora) ha un'opinione molto autorevole, è molto più bravo di me a spiegarla quindi consiglio.


Non voglio entrare nel dibattito ma, perdonami, cosa c'entra La cultura del piagnisteo con un discorso sullo statuto dell'arte? Ho il libro nell'altra casa quindi non posso controllare e l'ho letto ormai un paio di anni fa ma è un saggio sul politicamente corretto ;D Potrà parlare vagamente anche di arte ma non è il riferimento principale...
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I aim to misbehave


#34 StellaDanzante

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Inviato 30 settembre 2006 - 19:45

Oggi l'avanguardia non esiste più, l'arte dopo la Pop art è stata completamente assorbita dalla società e i nuovi artisti, dopo tanta arte concettuale, cercano di trovare un loro posto nel mondo e tornano ad un'arte di nuovo narrativa (i soliti ricorsi). Francesco Jodice è un esempio, Hirschorn con Plan B e via discorrendo


Ed è esattamente quanto dico nella parte che hai quotato successivamente.


Basquiat? Non ci vedo nulla di poetico nella sua ascesa a grande artista. Il Graffitismo con l'andar del tempo perde tutto il suo mordente polemico quando Haring e Basquiat passano dalla metrò di NY alle gallerie di Soho. Dapprima rifiutano le convenzione del circuito dell'arte (perchè disegnare sui muri, esistono i quadri apposta!) imbrattando i muri e le stazioni, poi quando gli danno occasione entrano immediatamente in uno studio. Alla faccia della coerenza.


Veramente non ci vedo nulla di incoerente: le proprie grandi opere le hanno già fatte prima di entrare nelle gallerie, ed è accaduto per loro semplicemente che la società ha riconosciuto questi fenomeni e li ha premiati.

L'arte, come la conoscevamo, semplicemente non esiste più. Si può cercare qualcosa di artistico nel cinema, nei videoclip, nella musica, ma l'arte "madre" fatta di pittura-scultura OGGI ha tutt'altri significati. Il quadro oggi è una pagina illustrata, la scultura oggi sono le installazioni.


Queste cose credo fossero scontate, visto che l'arte cambia continuamente i suoi mezzi per sopravvivere. Tra l'altro hai dimenticato - forse involontariamente - l'arte del fumetto, che solo nell'ultimo decennio ha iniziato a diventare piuttosto eminente.

L'arte moderna (io non so tu cosa intendi per moderno, per arte moderna io intendo, appunto, tutto il periodo che va dagli impressionisti alla Pop Art, dalla transavanguardia in poi ci ritroviamo nel contemporaneo)


Quando parlo di arte moderna mi riferisco semplicemente al modo di fare arte che prende i caratteri della società moderna, e purtroppo mi dimentico le categoriacce di storia dell'arte prodotte solo per un'organizzazione temporale; in realtà mi riferisco all'arte dopo il dadaismo e l'informale che hanno praticamente chiuso quella che tu chiami "l'arte madre di pittura-scultura", ovvero più o meno quella definita arte contemporanea (anche se il mio termine non ha carattere storico bensì concettuale).

credo che sia stata indagata già abbastanza, è stata anche definita abbastanza (Argan non è vissuto invano per capirci), ci si scriverà su sicuramente, ma fare un discorso unitario o trovare un elemento unitario è del tutto impossibile, secondo me, ed è proprio questa la bellezza dell'arte.


A me pare che ne abbiamo trovati parecchie di caratteristiche dell'arte contemporanea, e facendolo non abbiamo ucciso niente dell'arte. Tentare di mettere un po' di ordine in quel caos di segni che è l'arte oggi è un'operazione ambiziosa che però va fatta continuamente per cercare di non perdere la bussola.
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#35 Guest_Lukas_*

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Inviato 01 ottobre 2006 - 00:37


Consiglio di leggere la cultura del piagnisteo di Robert Hughes, sull'arte contemporanea (quella di ora) ha un'opinione molto autorevole, è molto più bravo di me a spiegarla quindi consiglio.


Non voglio entrare nel dibattito ma, perdonami, cosa c'entra La cultura del piagnisteo con un discorso sullo statuto dell'arte? Ho il libro nell'altra casa quindi non posso controllare e l'ho letto ormai un paio di anni fa ma è un saggio sul politicamente corretto ;D Potrà parlare vagamente anche di arte ma non è il riferimento principale...


Si, lo so che è un saggio sul politicamente corretto e tratta appunto di questo argomento anche nell'ambito artististico, parla dell'avanguardia americana precisamente incominciando proprio da Basquiat, infatti non ho precisato che fosse un libro d'arte ma che era meglio dare un'occhiata alle sue opinioni. Poi è un libro-raccolta, di conseguenza...non m'andava d precisare tutto punto per punto.
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#36 Guest_Lukas_*

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Inviato 01 ottobre 2006 - 00:47


Veramente non ci vedo nulla di incoerente: le proprie grandi opere le hanno già fatte prima di entrare nelle gallerie, ed è accaduto per loro semplicemente che la società ha riconosciuto questi fenomeni e li ha premiati.


Società? Che intendi per società? La critica di allora ha "riconosciuto" "l'importanza" di certa "arte" ma l'opinione pubblica era lungi dall'interessarsi alle opere del graffitismo. Nell'arte moderna il popolo non s'è mai scelto le proprie opere d'arte e manco prima se è per questo perchè papi e re commissionavano le opere. L'arte è sempre stata filtrata dalla critica e il pubblico ha sempre accettato di buon grado quello che le veniva detto. Ecco perchè ritroviamo Keith Haring sulle copertine dei quaderni di scuola.
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#37 Guest_Lukas_*

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Inviato 01 ottobre 2006 - 01:17


Quando parlo di arte moderna mi riferisco semplicemente al modo di fare arte che prende i caratteri della società moderna, e purtroppo mi dimentico le categoriacce di storia dell'arte prodotte solo per un'organizzazione temporale; in realtà mi riferisco all'arte dopo il dadaismo e l'informale che hanno praticamente chiuso quella che tu chiami "l'arte madre di pittura-scultura", ovvero più o meno quella definita arte contemporanea (anche se il mio termine non ha carattere storico bensì concettuale).


A me han dato da studiare G.C Argan, A.B Oliva, A. Vattese, L. Vergine e una sfilza di Art Dossier e la divisione storica non può essere che quella migliore perchè fino adesso abbiamo detto (ed è questa una cosa veramente scontata) che ogni avanguardia muove da quella precedente o dalla serie di quelle precedenti. Sinceramente non ho capito bene la tua divisione (ho capito il criterio ma non la successione), per te l'arte moderna è quella dopo il dada e l'informale? O fino all'informale e dopo c'è l'arte contemporanea? Non mi è chiaro questo punto, perchè se consideri moderna l'arte dopo il dada e l'informale a questo punto mi costringi a chiederti cosa significhi per te il termine moderno, stessa cosa perchè non si può non considerare moderna la Pop Art.
L'informale non ha assolutamente chiuso il discorso di arte come pittura-scultura tant'è che si ricorre sia all'una che all'altra, si lavora sull'interno della rappresentazione, sulla materia (Burri, Pollock), sul segno (Fontana, Capogrossi) e sul gesto (Pollock, Fontana), sull'artigianalità insomma.
Dopo, col New Dada, come supporti si usano i quadri, nella Pop Art stessa cosa farà Warhol (usa le serigrafie ma le corregge con il colore, un intervento tonico c'è e si vede ad occhio nudo), Lichtestein e le opere di Oldenburg sono delle sculture in gesso. Bisogna capire a quali concetti ti richiami, perchè, concettualmente, l'Informale e la Pop Art rientrano perfettamente nei linguaggi canonici dell'arte.
Dalla Land in poi il discorso cambia sul serio.

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#38 StellaDanzante

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Inviato 01 ottobre 2006 - 10:44

Società? Che intendi per società? La critica di allora ha "riconosciuto" "l'importanza" di certa "arte" ma l'opinione pubblica era lungi dall'interessarsi alle opere del graffitismo. Nell'arte moderna il popolo non s'è mai scelto le proprie opere d'arte e manco prima se è per questo perchè papi e re commissionavano le opere. L'arte è sempre stata filtrata dalla critica e il pubblico ha sempre accettato di buon grado quello che le veniva detto. Ecco perchè ritroviamo Keith Haring sulle copertine dei quaderni di scuola.


Difatti per società in questo caso intendevo specificamente il mercato dell'arte. Erano solo esempi di artisti che prima di venir riconosciuti e pagati per le proprie opere hanno fatto un'incredibile mole di lavori gratuiti.

[...]
Non mi è chiaro questo punto, perchè se consideri moderna l'arte dopo il dada e l'informale a questo punto mi costringi a chiederti cosa significhi per te il termine moderno, stessa cosa perchè non si può non considerare moderna la Pop Art.
[...]


Come ho detto prima non ho usato e non uso il termine "moderno" per definire un periodo temporale che va dall'opera X fatta il giorno Y all'opera Z fatta il giorno Q, poiché sarebbe stupido pensare che un modo di fare arte finisca con un'opera e dopo scompaiano tutti gli artisti di quel tipo. La modernità è un concetto cardine della nostra storia recente, legato strettamente ad un ambito semantico che include il progresso, la scienza, la società e la concezione quotidiana del tempo (che annoto perché sembri aver letto Bergson); l'arte moderna è quella dunque che si piega alle esigenze della società moderna, cioè quella che segue i dettami dell'industria culturale.
Opere come quelle di Fontana, Warhol ecc sono semplicemente gli ultimi esempi dell'arte precedente, cioè il punto di rottura tra il precedente modo di concepire l'opera d'arte come qualcosa che mantiene sempre la sua aura (vedi Benjamin) e quello attuale, dove l'arte è diventata una categoria strettamente connessa con la società post-industriale. Se dovessi trovare un vero primo modello per l'arte moderna e contemporanea (termine che uso poco spesso perché mi sembra totalmente privo di significato concettuale) lo andrei a prendere nei ready-made di Duchamp che per la prima volta nella storia hanno totalmente rimosso il senso della bellezza dall'arte, e così facendo ha aperto le porte alla possibilità di fare arte dovunque ed in ogni modo. Tutta la scultura e la pittura successiva deve fare i conti con questa caratteristica ormai geneticamente irremovibile della nostra società.
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