C'ho messo mesi, ma lo sto finalmente ascoltando anch'io. Sulle prime i cartellini da timbrare ci sono tutti: lo spettro di Amy, il solito jazz-funk-pop urbano vintage/dolceamaro che tanto piace agli inglesi, voce pastosa da carisma immediato per le orecchie dei Gen Z, e un melodismo saldamente ancorato nel radiofonico puro e semplice. Certi momenti lenti al pianoforte non sono proprio il massimo per i miei gusti, ma sul resto del lavoro fa capolino un uso curioso dell'elettronica che richiama Shara Nelson e la Topley-Bird. Unito a quest'aura giovanile e frescolina delle intepretazioni, l'ascolto scivola via con gran piacere. Senza grosse rivoluzioni per il panorama soul britannico, la cara Joy ha comunque realizzato il disco che avrebbero potuto fare sia Celeste che Jorja Smith, se solo fossero un filo avventurose. E direi un pochino anche Adele, non tanto per la scrittura e gli arrangiamenti acustici, ma almeno per l'uso dei synth.
Ah, Kingdom pare un pezzo dei Madness