Current 93 – Crooked crosses for the nodding God 45/100
Disco di remix di Swastikas for Noddy (76/100, un po’ un pasticcio, ancora forse incerto nel passare
dall’apocalisse e basta all’apocalisse folk, ma secondo me molto interessante) che non solo è superfluo,
ma peggiora il disco originale, basti pensare a Beausoleil, tolta dalla sua veste euforica e diventata una
noia mortale di pari durata.
Dargen D’Amico – Nostalgia istantanea 73/100
Finalmente un suo disco che mi convince, probabilente perché è quello più asciutto, questa veste stile
flusso di coscienza su base immutata funziona ed è molto meno pomposa degli altri dischi pur
allungando a dismisura il minutaggio (sono due pezzi da 10 minuti circa).
Fat White Family – Champagne Holocaust 80/100
Si parte a bomba con Auto Neutron, roba acidissima degna di gente Brian Jonestown Massacre e
Warlocks, ma ben presto si vira su un garage rock molto sporco (lo stomp Heaven on heart, molto
crampsiano, Is it raining in your mouth?, Wild american prairie) con un’attitudine white trash (Who shot
Lee Oswald?, Touch the leatehr redux) che non ti aspetteresti da degli sbarbati inglesi. Disco strafigo.
Peter Grabriel – So 79/100
Il think tank del pop colto di metà anni 80 (v. Anche Laurie Anderson, Bill Laswell, ecc.) ha i suoni
invecchiati malissimo, specie la componente etnica posticcia, ed in generale ha una patina che smussa e
appesantisce il tutto. Ciononostante, le melodie sono veramente buone, Gabriel ha una voce
estremamente espressiva (Don’t give up con la Bush, dove abbellisce una ballata che altrimenti
puzzerebbe un po’ troppo di melassa) e quindi va bene così.
Gazelle Twin – Pastoral 83/100
Non sono un habituè dell’elettronica sperimentale (già il fatto che la chiamo così vi fa capire), ma questo
è un disco in primis particolarissimo, in secundis molto molto interessante, a tratti esaltante. La
copertina – un ambiente naturale con lei - tra l’altro una bella donna in abiti civili - vestita da fantina
con le adidas ed un flauto e macchie di giallo a sporcare il tutto – dice tutto: scintille di caos a ripudiare
la perfezione bucolica, voci sia aeree e potenti sia – più spesso – trattate elettronicamente, un
improbabile mischione in cui ricadono EDM, Cocteau Twins e qualcosa di Diamanda Galas senza la
sovrastruttura religiosa.
Lalli – Tempo di vento 75/100
Bel disco solista della voce dei Franti, moderatamente elettrico, molto introspettivo.
Liars-WIXIW 64/100
I Liars sono un gruppo che apprezzo molto, ma WIXIW è un po’ il loro KID A e toppano proprio dove
invece i Radiohead ascesero al cielo, accartocciandosi su se stessi attorno ad un buco in cui però non
riescono a scendere veramente. Rimangono un paio di ammirabili esempi di disco paranoica (No.1 against the
rush e Brats), una fedele riproposizione della rivoluzione chitarristica dei My bloody valentine (la title
track) e poco altro.
MI AMI – Watersports 80/100
Come fecero I Rapture, i Mi Ami prendono la lezione dei Liquid Liquid e la inzuppano nella nevrastenia,
affogandola però in un turbine noise che non fa prigionieri. Ottima scoperta.
Paper Chase – Someday this could all be yours Vol.I 79/100
John Congleton oltre che essere frontman dei Paper Chase è stato produttore di tante band, tra cui i
Modest Mouse. In questo passo di addio, evidentemente non voluto come dimostra la dicitura Vol.I, i
Paper Chase sembrano proprio una versione ancora più estremizzata e sardonica degli spigoli dei
Modest Mouse, con testi biblici e apocalittici esagerati così come esagerati sono i titoli e il bordone del
loro indie, sovraccarico ma satirico, pomposo (il ritornello improvvisamente arioso di The rape, il vortice
rumoroso di The tornado, l’andirivieni di What should we do with your bodies). Le ultime parole di We
have ways to make you talk si chiudono con un lampo di luce, con le urla “someday it could be yours”,
ma più che una promessa pare una minaccia.
Prince – Lovesexy 80/100
Mentre proprio in questi giorni Minneapolis brucia di rabbia e vendetta contro i soprusi, allora bruciava
di speranza e funk e sesso. Sempre parafrasandolo, sign ‘o the times...
Kanye West – My beautiful dark twisted fantasy 85/100
Sembra tutto troppo al suo posto, ma bando alle ciance, un’ora e dieci senza momenti morti, anzi, con
diversi momenti trascinanti (il mio personale è il rappato di Nicky Minaj che pare prenderti a morsi dopo
averti intrappolato voi sapete dove), in bilico tra fashion e impegno politico (vedi finale con ripresa di Gil
Scott Heron), con una marea di primedonne (Rihanna, Bon Iver, Jay Z, Kid Cudi, Elton John, Alicia Keys ed
altri) che incredibilmente si mettono al suo servizio. Crea qualcosa di grosso e potente, quello che 30/40
anni prima faceva il rock
Weyes Blood – Front row seat to earth 78/100
Natalie Mering, reincarnazione della Romina Power lolita e perciò talmente bella da uccidere, è
l’ennesimo esempio di cantautorato femminile del nuovo millennio, canzoni impalpabili ma spumose,
Tori Amos ma analogica, tradizionale ma cresciuta con l’indie in cameretta. Mi ricorda Julia Holter, ma
senza il conservatorio, pur non mancando complessità e ricercatezze negli arrangiamenti. Qualche
momento di stasi, ma soprattutto iniezioni di estasi, su tutte la meravigliosa Seven words. A presto,
tesoro.