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Dolor Y Gloria (Almodóvar, 2019)


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8 replies to this topic

#1 Mr telefax

    dendrite

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Inviato 18 maggio 2019 - 17:22

Una serie di ricongiungimenti di Salvador Mallo, maturo regista cinematografico. Alcuni sono fisici, altri ricordati: la sua infanzia negli anni 60 quando emigrò con i suoi genitori a Paterna, un comune situato nella provincia di Valencia, in cerca di fortuna; il primo desiderio; il suo primo amore da adulto nella Madrid degli anni 80; il dolore della rottura di questo amore quando era ancora vivo e palpitante; la scrittura come unica terapia per dimenticare l’indimenticabile; la precoce scoperta del cinema ed il senso del vuoto, un nuovo film da realizzare.

 

DolorGloriaL.jpg

 

http://www.ondacinem...r-y-gloria.html

 

 

Era da molto tempo che non andavo al cinema, e per l'occasione sono andato alla "prima" (in una sala di città) del suddetto film.

Almodóvar non è esattamente tra i miei preferiti, ma ne ho visto svariati suoi, sino a metà anni Zero, e l'ho sempre apprezzato. Quest'ultimo suo sforzo mi è piaciuto proprio, e soprattutto mi è piaciuto in ogni sua parte.

 

Dalla trama, in cui il gusto per il melodramma con tocchi di grottesco per non dire umoristico si stempera in una diffusa malinconia, alle strepitose fotografia e scenografia, concentrate perlopiù su interni, i cui colori passano dal bianco accecante e povero a tonalità calde e sature, con forte predominanza delle tinte rosse, compresi gli abiti di scena dagli accostamenti magnifici e quasi barocchi. Per non parlare delle prove attoriali, a cominciare da un Banderas eccellente, quasi non lui, invecchiato, misurato nella resa di un profondo dolore sia fisico che sentimentale, alle prese con il fare i conti con il proprio passato.

 

C'è tutto ciò che amo del regista, che si può riassumere in due punti fondamentali, che danno la misura del suo talento.

 

Il primo è la sua cultura di provenienza, quella Spagna che da buon paese del sud mescola lacrime e risate, e le tragedie sono sempre viste con una sorta di allegra accettazione, grazie a rapporti di amicizia e fratellanza forti e saldi; come dire che è sempre vita, e quello che ti offre nel bene e nel male lo devi prendere in blocco, senza buttarti giù più di tanto. Anche se qui non si ride molto, la storia è direi fluida, pur negli incastri temporali tra ciò che è il ricordo e quello che sta vivendo, sino al

Spoiler

 

Il secondo punto è la sua visione dell'omosessualità. Una delle cose che ho sempre ammirato del regista è il modo aperto e normale con cui mette in scena l'amore gay. Nelle sue storie, compreso il super melò La legge del desiderio, che a rileggere la trama e la presenza del Banderas ha un bel po' in comune con questo Dolor Y Gloria, l'amore gay non è tale, è amore, con tutto quello che ne consegue, dal rapporto fisico alle cattiverie alla passione e le lacrime, in tutto e per tutto indistinguibile, come è ovvio e naturale, dalle canoniche storie donna uomo. Nei film di Almodóvar non c'è spazio per titubanze o paure o cammuffamenti per colpa di un società perbenista e dei suoi ipocriti rappresentanti. I protagonisti, e le loro formidabili alleate donne, vivono, amano, si odiano e fanno la pace senza soluzione di genere e continuità, dando una grande lezione di, mi ripeto, normalità che è il messaggio più forte e positivo che si può fare in questi tempi ancora bui.

 

Estremamente consigliato.


  • 8
I personaggi e i fatti narrati sono immaginari, è autentica invece la realtà sociale e ambientale che li produce

#2 Fox la testa parlante

    Mr. Alphabet says

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Inviato 22 maggio 2019 - 07:27

Nonostante l'altisonante titolo destasse in me qualche preoccupazione, si tratta di un film (piacevolmente) misurato e riflessivo. Almodovar imbastisce un personale 8 1/2, più ombelicale e meno universale rispetto al modello felliniano, ma al contempo più intimo e croccante. E a proposito di 8 1/2, come non rivedere Guido Anselmi in Banderas, quando indossa un paio di occhialoni scuri per mascherare l'assunzione di eroina?

 

La sceneggiatura soffre dell'esigenza di spiegare troppo, ma è pur vero che gli aficionados già sanno quanto siano chiacchieroni i personaggi di Pedro. Come si legge ovunque le interpretazioni sono fiammeggianti, con un Banderas eccezionale. E poi resta il talento cristallino del regista nel far vivere e respirare gli spazi (in questo aiutato da una fotografia sontuosa che esalta i colori degli ambienti e la consistenza materica degli arredi) e nel dare un senso cinematografico anche agli oggetti più quotidiani (persino ai cellulari, che ho sempre visto come gli accessori meno cinematografici di sempre, anche se non saprei spiegare il perché asd).

 

In definitiva, un bel film che parla del potere salvifico dell'arte e della pervasività della memoria nella vita quotidiana. Volendo, se non si soffre di anaffettività come me, ci si potrebbe anche commuovere. Se votate 5 stelle invece sappiate che è un film che parla di borghesi annoiati che non sanno nulla dei problemi veri della gente che non arriva a fine mese. Più che a Proust, che vedo evocato su qualche testata, il legame più volte messo in scena tra i ricordi dell'infanzia e i loro correlativi sensoriali (qui entrano in gioco soprattutto l'olfatto e l'udito) mi ha fatto pensare alle prime pagine delle Confessioni di una maschera di Mishima.

 

Spoiler

 

Un problema: stante la recensione un po' fredda della mia lei ("Ecco, questo è proprio il tipo di film che io definisco una vangata sui coglioni.") ora con chi vado a vedere I figli del Fiume Giallo?


  • 3

"Give me all your money just to cover you
Cover you in honey"

 

(Don't be afraid

There's no marmalade)


#3 signora di una certa età

    old signorona

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Inviato 22 maggio 2019 - 07:31

Diglielo ai detrattori di Banderas che è un grande attore
  • 0

In realtà secondo me John Lurie non aveva tante cose da dire... ma molto belle


#4 Fox la testa parlante

    Mr. Alphabet says

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Inviato 22 maggio 2019 - 07:48

Il fatto che il primo personaggio femminile nominato nel film si chiami Rosita non mi ha affatto aiutato nella mia opera di rivalutazione.


  • 0

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#5 signora di una certa età

    old signorona

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Inviato 22 maggio 2019 - 08:24

Ahahhahhaahh!
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In realtà secondo me John Lurie non aveva tante cose da dire... ma molto belle


#6 William Blake

    Titolista ufficiale

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Inviato 29 maggio 2019 - 12:37

Il miglior film di Almodovar dai tempi di "Volver" (e tra i due preferisco quest'ultimo) che pensavo ormai finito (unico film davvero valido degli ultimi anni era stato il sottovalutato "La pelle che abito"). Qui si lascia andare ai ricordi, alla rielaborazione del suo vissuto e della sua idea di cinema, tirandone fuori un'opera personalissima ma stranamente asciutta. Banderas, che ha vinto la Palma a Cannes, non è mai stato così bravo.
  • 0
Ho un aspetto tremendo, e non bado a vestirmi bene o a essere attraente, perché non voglio che mi capiti di piacere a qualcuno. Minimizzo le mie qualità e metto in risalto i miei difetti. Eppure c'è lo stesso qualcuno a cui interesso: ne faccio tesoro e mi chiedo: "Che cosa avrò sbagliato?"

#7 Incidente

    Feudo

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Inviato 05 agosto 2019 - 07:56

Visto solo ieri, che i distributori crucchi lo hanno fatto uscire con un ritardo indecente. 

 

Quando si esce dal cinema così pieni, di colori negli occhi, speranza e gioia nel cuore, ma al contempo così leggeri, perchè si tratta di comunque di una visione lieve, sarebbe quasi scontato accodarsi a chi scrive della fotografia micidiale che alterna il bianco dei ricordi ai rossi accessi di un presente vissuto da Salvador Mallo come un museo. O della ritrovata verve di Almodovar in sede di scrittura e del trucco da prestigiatore metacinematografico piazzato sul finale. Perché in "Dolor Y Gloria" funziona davvero tutto.

 

E allora mi soffermo su quella che per me di Dolor Y Gloria, e di molto cinema di Almodovar, è la vera forza. La naturalità della rappresentazione: dei rapporti umani, anche tra persone che di ordinario hanno ben poco, dell'omosessualità, dell'amicizia, dell'imbarazzo, del dolore. Tutto questo in mano al cineasta spagnolo diventa fluido e naturale, e poetico.

 

Ad una cosa mi accodo: date l'oscar a Banderas, che qui ha riscattatato una carriera.


  • 1

#8 tiresia

    Sue Ellen

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Inviato 20 ottobre 2021 - 13:00

Arrivo tardi e avete detto per lo più tutto. La forza del film è Banderas e poi ancora Banderas che certo ha sempre dato il suo meglio con Almodovar, ma che qui è davvero bravissimo.
Riflessione sul cinema e sulla memoria, riflessione sulla realtà e la creazione del reale tramite la sua narrazione, riflessione sulla memoria come spazio soggettivo della realtà, Almodovar avvolge la storia in una spirale di piani temporali che comincia con un corpo dentro l’acqua, un corpo segnato. Quello che viene dopo non sappiamo se è il passato o è già avvenuto, non sappiamo quale dimensione temporale sia il presente, se la narrazione sia circolare o meno, ma sappiamo, certo, che come il dolore fisico attaca il corpo e il cervello, il vissuto e le sue emozioni si dilatano e attaccano il protagonista.
Io l'ho trovato bellissimo, Almodovar affronta il dolore e la gloria della sua arte nella sua maniera calda, urlata, sopita e colorata di sempre giocando tantissimo sul filo dell'autobiografia e sull'impossibilità che lo sia, perchè è arte, tutto lo è ed è quindi reinterpretazione, perchè è memoria ed quindi manipolazione.
Al solito bellissima la scenografia, colori esplosivi, una passione sfrenata per il design made in Italy (dalla Eclisse, ma credo ci siano quasi tutte luci artemide, alle poltrone Cassini), belli i titoli di testa che fanno un po' Vertigo caleidoscopico.
Sicuramente otto e mezzo, qualcuno ha tirato fuori anche il Moretti di Mia madre, il film è vitalissimo e struggente.
  • 1

#9 simon

    Scaruffiano

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Inviato 20 ottobre 2021 - 13:24

Sicuramente otto e mezzo, qualcuno ha tirato fuori anche il Moretti di Mia madre, il film è vitalissimo e struggente.

 

Il grande cineasta iberico può fare qualsiasi cosa. Imbruttirsi nella gloria del dolore come organizzare un tango esplosivo di colori, luci e purissima scienza della science fiction, lui sarebbe dovuto essere l'erede di Lynch per trasformare il ghetto di Dune in un mondo-impero anni luce distante dall'umile volgarità del regista canadese.

 

Come sempre siamo davanti a un grande problema che riguarda sempre la stessa cosa: la formazione miracolosa dell'immagine fotografico-filmica e l'apprezzamento tattile della storia che viene tramandata da libri di competenza: mi riferisco ovviamente alla monografia gigantesca dedicata al maestro spagnolo della TASCHEN.

 

Provate a cercare su EBAY le sceneggiature originali dei film degli anni cinquanta e sessanta, l'impatto informativo-squassante per la percezione del plusvalore dei toni del bianco e nero (stratificati al massimo) e poi guardarsi il film magari in HD: ho provato con IL GRIDO di Michelangelo, e solo in questo preciso esercizio abbiamo la fusione perfetta tra quanto detto nella mente del genio e la conferma "testuale-ottica" della pellicola.

 

Sembrano discorsi inattuali in un empireo del virtuale che si costituisce anche senza causa reale, ma anche questo tipo di operazione descritta appena sopra che significa fare ermeneutica, fare cultura attraverso il concetto assolutamente non nuovo di tessitura e di fotogenia della parola (fonazione-glaciazione-in-fonazione).

 

Non è il capolavoro del cineasta iberico? Perché dobbiamo sempre ragionare come dei calcolatori o macchine del giudizio? lasciamo essere la pellicola, la sua vita che emana dolore e gloria del dolore con o senza catarsi ma con necessaria catabasi. Paradossalmente la peste del COVID ci ha regalato in questi ultimi due anni capolavori immani come questo, l'ultimo di Scorsese e BURNING, senza dimenticare MALICK e tante docu-fiction brillantissime. 


  • 0

„Non si può che confermarsi 'stranieri nella propria lingua'. Il plurilinguismo (crogiuolo di idioletti, arcaismi, neologismi di che trabocca il poema) è il contrario d'una accademia di scuola interpreti. È 'Nomadismo': divagazione, digressione, chiosa, plurivalenza, ecc. Il testo intentato è (deve essere) smentito, travolto dall'atto, cioè de-pensato.“

CARMELO BENE
 

 

 





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