Stranissimo caso, quello di "Widows". Un autore adorato dalla critica dal suo esordio nel lungometraggio ("Hunger") fino al successo più popolare, con tanto di Oscar, di "12 anni schiavo", che, in libertà (?), gira una sorta di divertissement basato su una serie tv che vedeva da ragazzo. Il risultato è un lavoro che passa in sordina, non un vero flop, anche se per essere il suo film "commerciale" incassa quasi la metà di "12 anni schiavo", ma proprio critica pare non sapere cosa farsene. Vedendolo si capisce perché: McQueen riflette sulle tensioni razziali, sui retaggi della società patriarcale ma rimane a metà del guado tra la sua riflessione d'autore e l'heist movie, troppo superficiale la prima, tropo meccanica e priva di tensione la lettura del genere di riferimento. Il risultato è un prodotto godibile a tratti, e con qualche ammiccamento allo stile dei film precedenti di McQueen (la fotografia di Bobbit concentrata sui dettagli del corpo, i pianisequenza) che rimane un po' a mezz'aria, così come la sottotrama politica che enuncia didascalicamente l'ovvio e poteva essere sostituita da una normale trama gangster senza mutare alcunché negli equilibri del film.
Ho un aspetto tremendo, e non bado a vestirmi bene o a essere attraente, perché non voglio che mi capiti di piacere a qualcuno. Minimizzo le mie qualità e metto in risalto i miei difetti. Eppure c'è lo stesso qualcuno a cui interesso: ne faccio tesoro e mi chiedo: "Che cosa avrò sbagliato?"