Principalmente qualcosa che rappresenti bene il passaggio dagli studi dodecafonici giovanili alle prime sperimentazioni elettroniche.
Dal punto di vista puramente cronologico credo tu stia implicitamente indicando le Cinque variazioni per pianoforte, dodecafoniche e coeve alle prime sonate di Boulez, ma affatto più liriche a confronto, la composizione Chamber Music, resa interessante e rarefatta anche da un peculiare ensamble di clarinetto, arpa, violoncello e voce, e Due pezzi per violino e pianoforte, molto 'muscolari' e gestualmente marcati. Dello stile successivo del nostro - nel suo citazionismo narrativo, nella sua sensibilità per l'espressività strumentale e nel ricorso alla cultura musicale classica (vi è molto, nell'atteggiamento, in comune con Bruno Maderna) - che matura in seguito alla prima e già citata sconvolgente sperimentazione elettronica di Thema (omaggio a Joyce), sicuramente la ripetutamente consigliata Sinfonia è ben rappresentativa (e certamente anche molto impegnativa all'ascolto), ma io aggiungerei anche, per quanto riguarda la mirabile attenzione che Berio dedicava all'utilizzo della voce, il "pop" di Cries of London o delle Folk Songs e il barocchismo frammentario di Recital I (for Cathy).
E un passo di quella danza era costituito dal tocco più leggero che si potesse immaginare sull'interruttore, quel tanto che bastava a cambiare...
... adesso
e la sua voce il grido di un uccello
sconosciuto,
3Jane che rispondeva con una canzone, tre
note, alte e pure.
Un vero nome.