Maestoso. Per ora l'ho sentito una volta sola ma con attenzione, anche perché musica come questa riesce facilmente a catturare l'attenzione e farti tenere l'orecchio dritto. Quello che più mi ha colpito, oltre alla voce e l'interpretazione, è proprio la struttura delle canzoni, che da questa sorta di malinconia che lega l'album assieme partono per ogni direzione, seguendo flussi e torrenti di pianoforte e archi senza tregua. Di elettronica c'è praticamente zero (giusto qualche programming in sottofondo), ma gli arrangiamenti sono ricchi e soprattutto elastici, nel senso che seguono il progredire dell'enfasi della canzone alla maniera della vecchia Laura Nyro - ora scoppiano, ora mormorano, a seconda del sentimento che Clementine sta cantando in quel momento. Il risultato è una tensione emotiva apparentemente senza fine e senza punti morti. Di certo è un lavoro intenso e difficile, ma sono sicuro che con l'andare del tempo regalerà tante belle cose.
I paragoni d'obbligo vanno e vengono. Ci sono forse reminescenze della Simone in quel modo forbito di suonare il pianoforte, di Antony c'è l'imponenza emotiva (anche se Banjamin è molto più "moderno"), mentre io di mio ci aggiungerei un filo di Nick Cave a cavallo tra Murder Ballads / No More Shall We Part nelle ballate più cupe. Oppure facciamo che Clementine è Clementine e festa finita.