Nella consapevolezza che con Sorrentino non si esagera mai (abbastanza), un altro grandissimo film, forse il più grande - e non inteso come più bello o preferito.
L'unico che ancora riesce ad avere uno sguardo sulla realtà, pur con qualche eccesso e svolazzi di surrealismo, senza rinunciare a un'estetica golosa e ad un tocco registico che ormai rasenta la perfezione. Arrivati a questo punto i già fioccanti paragoni con Fellini - che andranno crescendo - diventano quasi inevitabili: è la Dolce/amara Vita di Sorrentino, e Servillo il suo Mastroianni. Con gli occhi ben puntati sull'oggi, ma in una prospettiva che va ripetendosi incessantemente. I "piani alti" della società giungono alfine a una sofferta consapevolezza, dove persino la Chiesa, all'apparenza derisa, si rivela ancora custode di un messaggio che fa ammutolire.
Un affresco di straordinaria potenza visiva*, la cui dedizione spinge quasi alle lacrime - la storia lo fa da sé senza alcuno sforzo. Farà discutere e dividerà, ne sono certo, si verserà molto inchiostro senza mai giungere a coglierlo nella sua interezza. E' onnicomprensivo e sconnesso, raffinatissimo e kitsch, in ogni caso magistrale. Nessun dettaglio, nessuna comparsata è casuale. Va vis(su)to e rivis(su)to, come i film di ogni grande Maestro.
* Sorrentino non solo ha visto The Tree of Life ma a tratti ne prende esempio, oltre a usare le stesse musiche (Sinfonia 3 di Górecki, Preisner, Pärt)