Stasera guarderò I COMPARI, uno dei suoi tanti capolavori, ma il più tenero e disperato dietro il solito apparente cinismo dello sguardo altmaniano.
I compari
(possibile spoiler ma senza rivelare il finale)
condivido pienamente e replico per portare di nuovo alla ribalta questo topic dedica
Ho rivisto anch'io dopo qualche rimando
Mc Cabe and Mrs Miller (
I Compari, 1971) e forse per la prima volta mi ha coinvolto e stregato così intensamente.
E' uno dei migliori western anni '70 per giudizio unanime, eppure al solito ci si illude a ingabbiare Altman in un genere, codificare le sue opere è inutile, in quanto esse sfuggono elevandosi, oltrepassando, beffando, in un eremo di privilegio.
Ho appunto pensato: ecco un'opera 'definitiva'..che cioè coi propri mezzi espressivi innova con lucidità il linguaggio e mette in crisi convenzioni anche oggi spesso ingenuamente pedisseque (e falsamente difese come ironiche).
Si ammirino i sapienti movimenti di macchina, i dialoghi, le scelte cromatiche, ogni cosa è
altmaniana al midollo. Quei progressivi avvicinamenti che sbirciano svelando nel particolare l'inusuale magia di una 'comunione', un brulichio di esseri umani, o semplici gesti quotidiani. E poi quella indimenticabile scura vallata scelta per la location, dove piove sempre o è grigio, e infine nevica: già vederla è dramma. Quanto meglio di ogni parola esprime i protagonisti?
La stessa vicenda non poteva che dirigerla Altman, trattandosi di una dirompente accusa contro la falsa libertà individuale propugnata ipocritamente a parole (es. il personaggio dell'avvocato) che invece puntualmente deve piegarsi alle prepotenze del capitalismo fuorilegge.
Dicevo dei due protagonisti (oltre alla ciurma di già noti ricorrenti eccelsi caratteristi altmaniani, quasi tutti in M.A.S.H.): Warren Beatty e Julie Christie; il miglior ruolo per il primo (assieme a
Gangster Story e
Perchè un omicidio) e una nomina all'Oscar meritata per la seconda, che disarma regalandoci un personaggio schietto, di memorabile tristezza, dolcemente indifferente in quei sorrisi difensivi, una cosciente consapevole dell'effimero di ogni cosa.
Pur restando misteriosi e ambigui, entrambi comunicano col silenzio di uno sguardo reciproco, con un monologo sconsolato o di riflesso attraverso immagini e musiche affrescate da Leonard Cohen, contraltare agrodolce e lirico ma in fin dei conti spietato e non retorico nel suo utilizzo extradiegetico.
Il finale è uno dei più di belli sempre.