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jazz e classica E' avanguardie!


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10 replies to this topic

#1 Basilide

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Inviato 20 giugno 2006 - 11:18

E' da tempo ormai che pensavo di aprire una discussione su questo argomento: la compenetrazione radicale tra generi, non tanto nel senso eclettico di contaminazione, quanto intesa come accostamento di due generi ben distinti in un unica opera, ovvero l'esecuzione di un brano o repertorio appartemente ad un genere secondo modalità proprie di un altro.
Un esempio: Pierino e il lupo in versione jazz/blues reinterpretato da jimmy smith e arrangiato da Oliver Nelson, oppure le occasionali sortite di Django Reinhardt in compagnia di Bach.
Esistono poi parecchi esempi di questa tendenza tutta particolare di contaminazione vicina alla citazione. Nel veronese esiste per esempio un ottimo gruppo che reinterpreta in chiave jazzistica parecchie "pietre" della storia del rock, i jazz breakers.
Cosa ne pensate? Soprattutto, vi sovvengono altri esempi?
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#2 OffTopic

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Inviato 20 giugno 2006 - 18:10

Ne penso... male  ;), nel senso che non sono mai riuscito a sopportare questo tipo di operazioni (repulsione a pelle) salvo alcune eccezioni (vedi punto 4).
Non ho capito se tu conosca già le cose più note. Ad ogni modo, le cito:
1 - a fine anni 60 era celebre il Trio Loussier (lo è tuttora), per le sue interprertazioni swingate della musica di Bach. Jacques Loussier ha anche lavorato "in proprio", proponendo interpretazoni-rivisitazioni al pianoforte di opere di altri artisti (esiste un suo famoso disco dei Norrurni di Chopin);
2 - altre interpretazioni di Bach sono state date dallo strabiliante ottetto dei Swingle Singers (che si sono dedicati anche ad altri tipi di musiche - basti pensare a "Sinfonia" di Luciano Berio);
3 - a parte gruppi dedicati, pezzi e pezzettini reinterpretati se ne trovano un po' ovunque. Nell'ultimo disco della Liberation Music Orchestra di Charlie Haden puoi ascoltare, ad esempio, le rivisitazioni dell'Adagio della Sinfonia "dal nuovo mondo" di Dvorak e dell'Adagio per archi di Barber.
4 - ma se vuoi una cosa SENSAZIONALE, allora procurati Sketches Of Spain della coppia Miles davis - Gil Evans, nella quale sono reinterpretati (in una maniera divina) l'Adagio del Concerto per chitarra e orchestra di Rodrigo e un brano del Cappello a tre punte di Manuel Da Falla. Peraltro, questo disco è un capolavoro, simpatia per questo tipo di operazioni a parte. Penso però che tu lo conosca.
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#3 Paz

    Roadie

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Inviato 21 giugno 2006 - 00:55

2 - altre interpretazioni di Bach sono state date dallo strabiliante ottetto dei Swingle Singers (che si sono dedicati anche ad altri tipi di musiche - basti pensare a "Sinfonia" di Luciano Berio);


Immagine inserita

questo è carino però, dai!
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#4 OffTopic

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Inviato 21 giugno 2006 - 07:31

questo è carino però, dai!


Guarda, come dicevo si tratta proprio di un ottuso rifiuto a pelle, che riesco ad abbandonare solo in pochissimi casi. E' un mio limite. Sul fatto che loro siano bravissimi non ci sono dubbi!
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#5 Basilide

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Inviato 21 giugno 2006 - 11:20

Ringrazio, qualcosa lo conoscevo già, il resto sarà materia di approfondimento, tanto più che è una proposta che volevo fare al mio gruppo jazz. Rilancio il consiglio su pierino e il lupo che è davvero strepitoso. L'ultima traccia "peter plays some blues" da l'idea dello spirito della reinterpretazione che secondo me è il migliore per affrontare imprese così temerarie da giustificare pienamente il fastidio in chi è più sensibile all'integrità. Io invece tendo a citare molto anche dalla classica, temo troppo, e chi lo fa con maggiore cognizione di causa e magari diverso respiro mi attira molto.
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#6 ravel

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Inviato 21 giugno 2006 - 17:48

Ne penso male anch'io come OffTopic.
E' proprio l'idea che è sbagliata IMHO. Anche "à rebours", naturalmente, quando i compositori di impostazione accademica "sfruttano", che so... , le canzoni di Sting per sembrare "moderni" e "à la page"...

L'unica parziale eccezione che ho trovato è quando Chick Corea esegue alcuni (meravigliosi) preludi di Skrjabin come sono scritti e a un certo punto inserisce alcune battute di improvvisazione (jazzisticamente intesa) per poi rientrare quasi insensibilmente nel testo scritto dal compositore russo.
Mi pare un'operazione (testimoniata anche in cd, fra l'altro) assai garbata, gestita con molto buon gusto e nella sostanza convincente.
D'altra parte sospetto che lo stesso Skrjabin difficilmente abbia mai eseguito i suoi preludi due volte nella stessa identica maniera...  ;)
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«Ciò che l'uomo può essere per l'uomo non si esaurisce in forme comprensibili».
(k. jaspers)

 

Moriremotuttista


#7 Jazzer

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Inviato 21 giugno 2006 - 18:17

Anche a me la cosa non piace molto. Stesso rifiuto a pelle. Loussier poi peggio che mai.
Decisamente ottimo il consiglio di OffTopic su Sketches Of Spain di Davis, io ne aggiungo un paio:
un disco uscito per la Concord nel 2002 che si intitola Virtuosi suonato in duo da Gary Burton (vibrafono) e Makoto Ozone (pianoforte) rispetto al quale è opportuno lasciare da parte lo scetticismo per gustare il lavoro convincente di questo duo che riesce a dare omogeneità a brani di così eterogenea provenienza. Dialogando fittamente tra loro i due conciliano il rigore di autori quali Ravel, Brahms, Gerswhin, Scarlatti e Rachmaninoff con l'improvvisazione di stampo jazzistico, seppur piuttosto controllata. Un disco non per puristi dei generi, quindi per chi non ama catalogazioni. Virtuosi sì, ma con eleganza e la giusta emozione.

A questo ci aggiungerei le rivistazioni operate da Uri Caine: bellissime quelle su Mahler - Urlicht è un capolavoro - ma molto interessanti anche Wagner e Venezia e le Variazioni Goldberg (tutte uscite per la Winter & Winter).
Ma qui forse travalichiamo il semplice riprorre. Qui spesso si re-inventa.
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non sono asociale...sono socialmente selettivo


#8 Lorenzovic

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Inviato 21 giugno 2006 - 19:46

...Esistono poi parecchi esempi di questa tendenza tutta particolare di contaminazione vicina alla citazione. Nel veronese esiste per esempio un ottimo gruppo che reinterpreta in chiave jazzistica parecchie "pietre" della storia del rock, i jazz breakers.
Cosa ne pensate? Soprattutto, vi sovvengono altri esempi?

Riguardo alle reinterpretazioni in chiave jazz dei "classici" del rock mi viene in mente il recente lavoro del Crimson Jazz Trio sul repertorio dei King Crimson anni '70, lavoro di cui mi sembra si fosse parlato anche  nel vecchio forum, e che si presta a molteplici considerazioni.
Una tra le prime cose che mi vengono da dire, dopo averlo ascoltato attentamente, oltre a rimarcare la sostanziale piacevolezza dell'operazione, è che forse il disco soffra di una eccessiva "uniformità di trattamento". In effetti mi sembra che, presi due brani diversissimi come "21 st century..." e "I talk to the wind", esista molta più differenza tra i due brani originali rispetto a quanto ci propone il Trio jazzistico.
E questo che cosa potrebbe voler dire? Che il jazz possiede una tavolozza espressiva meno ampia di quella del rock, o perlomeno del prog-rock degli anni '70?
Pensando poi anche ad altri esempi (le riletture Hendrixiane di Gil Evans, che non mi avevano mai particolarmente entusiasmato), che cosa abbiamo da opporre noi, che immagino siamo sicuri del contrario, a quello che sembrerebbe un dubbio motivato?
Fra l??altro, non me la sentirei neanche di affermare che il disco del Crimson Trio sia semplicemente un disco non riuscito?
Allora, semplificando, verrebbe da dire che forse il jazz non sia così efficace nella rilettura del repertorio rock quanto lo è, ad esempio, in quella della folk song o anche della pop song, dove riesce spesso a fornire nuove ??chiavi di lettura? anche a brani a volte poco più che esili nella struttura o nello sviluppo. Con meno frequenza, e con meno accenti sulla esilità del materiale di base, si potrebbe affermare la stessa cosa sulle reinterpretazioni di brani classici e lirici.
Trovo per esempio miracoloso quanto realizzato da Enrico Rava nei dischi ??Rava l??OpeRa va? e ??Carmen? (soprattutto il primo): operazioni a forte rischio kitsch perlomeno a priori, che si rivelano sorprendentemente riuscite dal punto di vista artistico/creativo, e paradossalmente rispettose del materiale originale?

Tornando al ??rock visto dal jazz?, conviene forse distinguere tra ??repertorio? e ??ispirazione?: mi sembra cioè che il jazz di ??ispirazione? rock, di cui recepisce soprattutto gli aspetti ritmici e l??uso di  ??strutture brevi?, abbia fornito capolavori assoluti (senza scomodare il solito Davis 1969/75, ormai praticamente fenomeno ??a sé stante?, ricordiamo tutta la stagione Weather/Mahavishnu/Hancock?), mentre le riletture jazz di brani rock di ??repertorio? si situino ad un livello sostanzialmente inferiore, forse a causa di una propensione naturale del jazzista alla narrazione discreta, alla cura del suono in ogni fase della sua manifestazione, e anche alla contrastante necessità di coniugare contemporaneamente tradizione e originalità?
Voi che ne pensate?
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#9 OffTopic

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Inviato 21 giugno 2006 - 22:24

A questo ci aggiungerei le rivistazioni operate da Uri Caine: bellissime quelle su Mahler - Urlicht è un capolavoro - ma molto interessanti anche Wagner e Venezia e le Variazioni Goldberg (tutte uscite per la Winter & Winter).
Ma qui forse travalichiamo il semplice riprorre. Qui spesso si re-inventa.


Ecco cosa mi sfuggiva! Ecco, le rivisitazioni di Uri Caine sono bellissime. Aggiungerei anche le Variazioni su un valzer di Diabelli, dalle originali variazioni di Beethoven, assieme al Concerto Koln.
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#10 Basilide

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Inviato 22 giugno 2006 - 09:24

Tutti insofferenti, ma avete tutti quantità copiose di capolavori da consigliare: mi piace quest'insofferenza! Mi sembra che siamo daccordo sul rischio dell'operazione, ma anche sulla sua potenziale fecondità, no? Aggiungo all'elenco Gershwin and guitars di Al Caiola, che mi sembra particolarmente problematico per la natura ibrida già della fonte. Sospendo il giudizio in proposito.
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#11 wago

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Inviato 22 giugno 2006 - 22:03

Blues on Bach del Modern Jazz Quartet puo' andar bene? Io lo trovo molto piacevole.
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"It's a strange world." "Let's keep it that way."




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