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[Monografia] Orson Welles


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92 replies to this topic

#1 aSaucerfulOfSecrets

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Inviato 15 ottobre 2006 - 12:53

salve. sono affascinato dalla figura di Orson Welles; ho visto degli spezzoni di "Quarto Potere" e "L'infernale Quinlan" e mi sembrano fantastici.
volevo sapere qualcosa di più, voi lo conoscete?
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#2 Jules

    Pietra MIliare

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Inviato 15 ottobre 2006 - 13:56

E fai bene ad essere affascinato...stai parlando di uno tra i più grandi: se il cinema in quanto messinscena di finzione è quello che conosciamo noi lo dobbiamo anche all'opera di Welles, al suo Quarto potere e in generale alla sua convinzione di mettere lo spettatore nelle condizioni di sognare, riflettere e decidere autonomamente...nonostante avesse un ben definito punto di vista su tutto, ha sempre portato avanti la tesi che la bellezza del cinema sta nella sua relatività: ogni spettatore deve essere libero di interpretare il film secondo la sua sensibilità e non solo attraverso gli occhi dell'autore...

Virtuoso allo spasimo, poliedrico fino all'eccesso, è uno dei massimi risultati del genio inteso in senso assoluto: geniale come manager, geniale come scrittore, come regista e come interprete di se stesso...

Ti consiglio assolutamente di non accontentarti di qualche spezzone ma di portare a termine la visione di Quarto Potere e de L'infernale Quinlan...e ti consiglierei anche di non fermarti qua, visto che a parer mio ci sono altri titoli altrettanto meritevoli: L'orgoglio degli Amberson, Lo straniero, La signora di Shangai, Othello e Falstaff...

Senza dimenticarci di F come falso, modello per tutti i futuri autori di mokumentary..
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#3 Joey

    Classic Rocker

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Inviato 15 ottobre 2006 - 14:08

A soli 24 anni, con "Quarto Potere", Orson Welles rivoluzionò irreversibilmente il linguaggio cinemematografico: fu il primo a usare la profondità di campo e i grandangoli con funzione espressiva, fu il primo ad esplorare tutte le possibilità narrative del montaggio. Welles fu il primo a rendere il cinema veramente una forma d'arte: con lui, il cinema diventa veramente un "linguaggio" totalmente autonomo. "Quarto Potere" è un film immenso, geniale, è l'abc del cinema moderno, contiene potenzialmente tutti i generi futuri (dal documentario alla fiction hollywoodiana, dalla satira politica al noir). "Quarto Potere" è stato però, purtroppo, il primo e l'ultimo film in cui Welles ebbe la possibilità di fare tutto quello che voleva (eccetto poi nel tardo "L'Infernale Quinlan"). Poi, fu sempre più abbandonato e osteggiato. Il suo film seguente, "L'orgoglio degli Amberson", subì parecchi tagli e Welles fu anche costretto ad inserire un finale completamente diverso. La perdita del finale originale degli "Ambersons" è considerata la più grande perdita per la storia del cinema. C'è anche chi ritiene che, nonostante ciò, il capolavoro di Welles sia proprio "L'Orgoglio degli Amberson" (e questo la dice lunga su come sarebbe stato se solo Welles avesse potuto farlo uscire nella versione originale). I film seguenti subirono la stessa sorte; nonostante ciò, la genialità di Welles emerge allo stesso modo e i personaggi da lui creati sono unici: Welles fu capace di stravolgere un'icona come Rita Hayworth (che Welles sposò e che, ne "la Signora di Shanghai", trasformò in una bionda spregidicata) e di dar vita ad un personaggio geniale come Mr. Arkadin ("Rapporto confidenziale"). A Welles si devono anche delle orignialissime trasposizioni cinematografiche di opere di Shakespeare.

Insomma, che altro dire... probabilmente il più grande di tutti i tempi.

Per chi volesse conoscere meglio Welles, consiglio questo libro-intervista imprescindibile:
Orson Welles - Peter Bogdanovich: "Io, Orson Welles"

In questo libro emerge anche qualcosa di alquanto sconcertante: l'assoluta genialità del Welles di "Quarto Potere" fu per lo più istintiva e non "dotta"; in sostanza, pur avendo poche conoscenze delle precedenti tecniche cinematografiche, o probabilmente proprio per questo motivo, Welles stravolse ogni regola e inventò l'arte del cinema. Una delle più famose opinioni di Welles era quella secondo cui "il mestiere di regista è il più sopravvalutato del mondo". Egli stesso lo dimostrò, diventando regista praticamente dal nulla. Ma nel suo caso non era mestiere, era genio.
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#4 Fudoshin

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Inviato 15 ottobre 2006 - 14:18

Sarebbero da vedere anche alcuni suoi film di cui si parla meno, Lo Straniero per esempio e Una Storia Immortale, breve film filosfico che secondo me riassume molto bene la poetica del grande regista.
Cosa vi pare di Il Processo ? Secondo me a livello tecnico è qualcosa di incredibile, ma nel complesso risulta un po' pesante.
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#5 Guest_Willie The Pimp_*

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Inviato 24 ottobre 2006 - 12:56

Ti consiglio assolutamente di non accontentarti di qualche spezzone ma di portare a termine la visione di Quarto Potere e de L'infernale Quinlan...e ti consiglierei anche di non fermarti qua, visto che a parer mio ci sono altri titoli altrettanto meritevoli: L'orgoglio degli Amberson, Lo straniero, La signora di Shangai, Othello e Falstaff...

Senza dimenticarci di F come falso, modello per tutti i futuri autori di mokumentary..


I film che hai segnalato sono tutti ottimi, aggiungerei L'uomo, la bestia e la virtù dove Welles recita insieme a Totò  8). Credo che si tratti di una commedia di Pirandello ma non ne sono tanto sicuro perché lo vidi molto tempo fa e non lo ricordo tanto bene. E' un film interessante anche se forse non perfettamente riuscito  ;)
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#6 Jules

    Pietra MIliare

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Inviato 24 ottobre 2006 - 14:54

Per me non è un granchè, comunque sì, è preso da Pirandello..
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#7 satyajit

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Inviato 24 ottobre 2006 - 18:05

Cosa vi pare di Il Processo ? Secondo me a livello tecnico è qualcosa di incredibile, ma nel complesso risulta un po' pesante.


secondo me è un film abbastanza sbagliato. il gran ritmo imposto da Welles stride coi tempi kafkiani e ne viene meno il senso di disorientamento del protagonista (un Perkins non all'altezza).
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#8 Guest_vegeta_*

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Inviato 24 ottobre 2006 - 18:53

un grande, un megalomane, un innovatore, un genio, forse.

per me "L'Orgoglio Degli Amberson" è ai livelli di "Quarto Potere".

Capolavori indiscussi pure "L'Infernale Quinlan" e "La signora di Shangai".

Irrisolti, ma folgoranti, pure "Storia Immortale" e "Mr. Arkadin".
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#9 satyajit

    Enciclopedista

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Inviato 24 ottobre 2006 - 20:39

I tre tratti da Shakespeare sono eccezionali.
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#10 Tom

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Inviato 25 ottobre 2006 - 10:23

Al pari di altri giganti del cinemaanche Welles mi semba una figura scomoda nella cinematografia odierna. Molto citato, ma poco amato e tutto sommato anche poco visto, a cui vengono eretti monumenti per poterlo dimenticare più in fretta.

A mio pare Welles ha prodotto quasi solo grandissimi film:
- Citizen Kane
- Magnificent Ambersons (e se riesce ad essere uno dei film più struggenti della storia del cinema anche dopo il massacro della RKO, possiamo solo piangere al pensiero di come doveva essere la versione integrale)
- La signora di Shanghai
- Mr. Arkadin
- Il processo
- Touch of Evil
- Storia immortale
e la magnifica trilogia shakespiriana:
- Macbeth
- Othello
- Falstaff

Ottimi anche i due documentari:
- F for Fake
- Filming 'Othello'

Unico film trascurabile:
- Lo straniero (tutta la parte centrale incentrata sui dubbi della moglie è inutile e noiosa: a differenza della moglie lo spettatore non ha bisogno di essere convinto della malvagità dei nazisti e della falsità del personaggio di Welles)

Un capitolo a parte meritano gli incompiuti:
i "quasi finiti"
- Don Quixote
- Other Side of the Wind (le poche scene che ho visto sono da brividi)
- The Deep (che sembrerebbe essere il meno interessante)
e gli "appena cominciati"
- It's All True
- The Dreamers

Ma Welles era una figura talmente gigantesca e ingombrante che non sono pochi i film da lui non diretti ma, secondo me, a lui attribuibili:
- Journey Into Fear (evidente la sua mano in molte scene, comunque che fosse un film mezzo suo è abbastanza ufficiale)
- Jane Eyre (di cui sarebbe "solo" il produttore e interprete principale, ma basta vedere gli altri film del regista Stevenson per vedere chi è il vero autore del film)
- Il terzo uomo (Welles ha sempre negato di aver interferito con il lavoro di Reed... forse è così, ma anche in questo caso il paragone con gli altri film del regista inglese parla da solo - caso di genialità trasmessa per contatto fisico?)
- Cagliostro (diede più di una mano al regista - non l'ho mai visto)
- L'isola del tesoro (la sottovalutata versione del 1972, film da lui voluto e sceneggiato)

Tantissimi (troppi) i film mediocri illuminati dalla sua presenza come attore. A mio parere i pochi memorabili sono:
- Moby Dick (un immenso Padre Mapple)
- La lunga estate calda (nonostante un finale assurdo)
- Frenesia del delitto
- La ricotta di Pasolini
- Tepepa (atipico e pregevole spaghetti western)
- Comma 22
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#11 dazed and confused

    festina lente

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Inviato 25 ottobre 2006 - 10:26

Una Storia Immortale, breve film filosfico che secondo me riassume molto bene la poetica del grande regista.


Film commovente, elegante ed etereo.Fuori dal tempo.
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#12 Asterione

    pivello

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Inviato 26 ottobre 2006 - 22:24

- Tepepa (atipico e pregevole spaghetti western)


Orson Welles e Tomas Milian, il sacro e il profano...

Il film non è malvagio, nella sua epoca storica ha avuto il suo perchè, ma ancora oggi mi chiedo per quale motivo Welles sia mai apparso in uno spaghetti western sesantottino di tale Giulio Petroni...  O_O
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#13 Tom

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Inviato 27 ottobre 2006 - 08:53

Per soldi poveraccio, come per gli altri quasi 60 film in cui ha solo recitato.
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#14 Asterione

    pivello

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Inviato 27 ottobre 2006 - 19:22

Per soldi poveraccio, come per gli altri quasi 60 film in cui ha solo recitato.


A parte gli scherzi, credevo che dietro alla partecipazione ad un film così fortemente caratterizzato dal tema della rivoluzione sesantottina ci fosse soprattutto una ragione ideologica...

Ho sempre avuto l'idea che Welles nutrisse idee progressiste, e che in un qualche modo volesse rivendicarle, con una produzione o solamente come attore in un film a sfondo politico.
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#15 Malato_del_vinile

    Roadie

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Inviato 27 ottobre 2006 - 20:57

Citizen Kane (ma, per l'amor di dio, NON nella versione doppiata)

Allora non sono solo a pensare che quella versione fa letteralmente  :-X.
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#16 stolen_music

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Inviato 29 ottobre 2006 - 12:18

Citizen kane sicuramente è il lavoro che l'ha etichettato un grande maestro nell'uso della profondità di campo ( uno tra i primi se non il primo ) e delle inquadrature dal basso all'alto e viceversa di significato psicologico. Però il film che preferisco è Macbeth: all'apparenza una pellicola povera, appositamente povera ( s'è molto discusso sui costi effettivi del film ) perchè va a rispecchiare il significato stesso dell'opera di Shakespeare: la povertà interiore del protagonista è rappresentata dallo stesso scenario crudo "rozzo" spento e smorto della location. Per non parlare poi degli usi metaforici dei "colori", dei costumi, delle nubi sempre presenti nel film che ricollegano l'atmosfera inquietante creata dalle streghe nell'incipit e poi in tutto il lavoro.
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#17 clapat71

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Inviato 06 novembre 2006 - 17:27


Per soldi poveraccio, come per gli altri quasi 60 film in cui ha solo recitato.


A parte gli scherzi, credevo che dietro alla partecipazione ad un film così fortemente caratterizzato dal tema della rivoluzione sesantottina ci fosse soprattutto una ragione ideologica...

Ho sempre avuto l'idea che Welles nutrisse idee progressiste, e che in un qualche modo volesse rivendicarle, con una produzione o solamente come attore in un film a sfondo politico.


Weeles ha lavorato in tutte le porcate possibili per recuperare i soldi per fare i 'suoi' film. Incredibile.

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#18 Guest_vegeta_*

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Inviato 06 novembre 2006 - 17:41

poco tempo fa ho recuperato "F For Fake".

l'ho trovato davvero folgorante.

riporto un mio breve commento:

Iperbolico e magniloquente "documentario", in cui Welles sfrutta il suo talento visivo oltre ogni limite, per dirci che in fondo l'arte non serve a nulla, e che il cinema funzione secondo meccanismi oscuri e curiosi, un po' come la magia. L'intreccio è volutamente confusionario, e mescola tre "storie", quella di un falsario di quadri ungherese, quella del suo biografio Clifford Irving (al centro anche de "L'Imbroglio" con Gere) che asserì di essere entrato in possesso della biografia di Howard Hughes, e di una modella che posò per picasso per un'intera estate. Due storie sono vere, l'altra è falsa. Ma meglio non svelare quale. Immenso Welles, quando con disillusione afferma "ho cominciato la mia carriera (l'annuncio radiofonico dell'arrivo dei marziani) con una bugia. Non mi è andata male. Sarei dovuto finire in prigione, invece mi ritrovai ad Hollywood!".

l'avete visto? che ne pensate?
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#19 Jules

    Pietra MIliare

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Inviato 07 novembre 2006 - 10:03

Che senza questa pietra miliare il mokumentary non sarebbe così di moda ancora oggi e i vari Jackson, Allen & Co. non sarebbero stati così bravi...in pratica ha coniato una sorta di nuovo genere...anche se, intendiamoci, con meno forza c'erano stati anche tentativi precedenti..
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#20 popten

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Inviato 17 aprile 2009 - 11:09

- La lunga estate calda (nonostante un finale assurdo)


visto in questi giorni, ho riesumato questo thread perchè altrimenti sto film era citato in thread di ritiri o morti e dopo Pasqua non si addice granchè

bene il film mi è piaciuto ma spiccano gli attori. e su tutti appunto Orson Welles,clamoroso!

Comunque è un bel film, c'è il tema del marchio del passato da cui è difficile liberarsi, tra gli altri.
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#21 Tom

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Inviato 17 aprile 2009 - 12:28

- L'isola del tesoro (la sottovalutata versione del 1972, film da lui voluto e sceneggiato)


Qui l'avevo cannata davvero alla grande: mi ero confuso con la bella versione Disney del romanzo degli anni '50 con Robert Newton, in effetti la versione con Welles degli anni '70 è davvero bruttina, visibilmente realizzata con un budget da western spaghetti di serie Z. Si salva, prevedibilmente, solo l'interpretazione di Welles, che da al suo Long John Silver un notevole tocco di umanità e malinconia.
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#22 Tom

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Inviato 07 dicembre 2010 - 14:15

xanadu.jpg

1941 QUARTO POTERE di Orson Welles. Con Orson Welles, Everett Sloane, Paul Stewart, Joseph Cotten, Alan Ladd, Agnes Moorehead

"Il più grande film di tutti i tempi", come lo incoronano da decenni quasi tutte le classifiche dei critici, è un film misterioso come il suo protagonista. Welles gira un film di quasi due ore su un personaggio la cui personalità alla fine risulta indefinibile e inaccessibile, come d'altra già il celebre cartello che apre il film parla chiaro: "NO TRESPASSING".

Chi era Charles Foster Kane? Un mediocre reso grande dalla sua fortuna economica, o un sognatore la cui ricchezza era un paradossale fardello? Un bambino abbandonato o un eterno bambinone  viziato? Un arido o un sentimentale? Un traditore o un tradito dagli amici? Un reazionario o un socialista? Praticamente in ogni singola sequenza del film ci troviamo davanti ad un personaggio sempre diverso, contraddittorio e sfocato.

Rivedendo il film per l'ennesima volta mi sono reso conto di quanto questa scelta sia ancora oggi disturbante, visto che Welles infrange la regola numero uno di ogni racconto (rispettata anche da quasi tutto il cinema d'autore e sperimentale): la coerenza psicologica del personaggio. Peggio, non rispetta neanche la riconoscibilità fisica del personaggio, cambiando pettinatura, modo di vestire, trucco ed espressioni ad ogni cambio di età di Kane. Muta come tutti mutano nella vita, ma come nei film non succede mai.   

Allo stesso modo anche il film è un oggetto indecifrabile, o decifrabile in decine di modi diversi. E' un film biografico, politico e colossale, ma anche intimista ed esistenzialista. Senza soluzione di continuità si alternano commedia, dramma, satira, melodramma, finto documentario, musical, noir, ambienti fantastici, atmosfere surreali. Il ventiquattrenne Welles (e a scriverlo non ci credo quasi che un film così sia stato girato e soprattutto interpretato da poco più che un ragazzo!) fa a pezzi tutte le buone maniere del cinema hollywoodiano, girando un capolavoro visionario che ancora oggi romperebbe parecchi tabù stilistici e tecnici.

Su una cosa sola si può essere certi, e la dice lo stesso Kane all'inizio del film, Charles Foster Kane e Quarto potere sono assolutamente americani. C'è dentro tutta la cultura USA nella storia di questo Re dell'era moderna, un campionario inesauribile di immagini, simboli, caratteri, ossessioni, dialoghi e tematiche assolutamente americani. Solo una cosa manca, ma è un'assenza enorme, probabile causa del sospetto e quasi rancore che in fondo l'America prova ancora oggi nei confronti di Welles: manca il Sogno Americano. Welles lo nega fin dalle fondamenta. Kane non è affatto l'uomo che si è fatto da solo, la sua ricchezza è un frutto grottesco del caso, tutto quello che farà nella vita sarà tentare di sperperala. E forse il suo più grande fallimento sarà quello di non riuscirci. Tutti i personaggi del film, nessuno escluso, sono destinati all'infelicità e alla solitudine. L'uomo per Welles è destinato sempre e comunque alla sconfitta, "l'uomo americano" non meno degli altri.

Il finale nell'immenso e sinistro magazzino con tutte le assurdità accumulate da Kane nella sua esistenza è un monumento alla mancanza di senso dell'esistenza. L'ultima inquadratura sul pennacchio di fumo del forno, che sta letteralmente bruciando i simboli ormai privi di senso dei ricordi della vita un uomo, è una delle chiusure più nere e inquietanti della storia del cinema.
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#23 Tom

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Inviato 07 dicembre 2010 - 14:21

ARKADIN-IN-TEXT1520.jpg

1955 RAPPORTO CONFIDENZIALE (Mr. Arkadin) di Orson Welles, con Orson Welles, Robert Arden, Paola Mori, Michael Redgrave, Akim Tamiroff, Mischa Auer, Patricia Medina, Katina Paxinou

Potrebbe anche essere letto come una specie di versione criminale e grottesca di "Alice nel paese delle meraviglie", con al posto di Alice un fesso di americano, che si ritrova sballottato e frastornato in un mondo popolato da un'umanità per lui surreale e incomprensibile. E il paese delle meraviglie è l'Europa, un Vecchio Continente affascinate quanto ipocrita e pericoloso, ricolmo di Storia e di storie. Nelle prime scene del film il protagonista osserva per un istante un quadro di Hitler capovolto in una soffitta berlinese: è tutta l'Europa che come Arkadin si finge smemorata. Un ricco assassino che finge di non ricordarsi del suo turpe passato sta alla cultura europea almeno quanto dei ricchissimi e viziati bamboccioni, quali il Kane di "Quarto potere" e il George de "L'orgoglio degli Amberson", stanno a quella americana. Arkadin è una specie di simbolo vivente del vecchio continente: si finge turco, forse è di origine russa, ha fatto fortuna come criminale in Polonia, tratta i suoi affari in Germania, ha trovato casa - anzi castello - in Spagna, è riverito (e libero di uccidere) in Francia e Italia, è il futuro suocero di un inglese ed estende i suoi tentacoli fino alle coste africane e il Messico. Anche per questo è il più gigantesco dei personaggi Welles, anche fisicamente: è ritratto come una specie Orco e Dio Greco, sovrasta con la sua imponenza tutti gli altri personaggi e riempie ogni inquadratura in cui appare. Assolutamente geniale il finale, dove un personaggio di tale presenza fisica scompare letteralmente dalla scena nel più inquietante e irreale dei suicidi, come se non fosse mai esistito.

Leggendari i "brindisi georgiani" di Arkadin, dove prima di brindare una persona deve raccontare una storiella. Delle due che Welles racconta nel film è celeberrima (e poi citata fino alla nausea in decine di film, telefilm, romanzi e fumetti - persino in una canzone degli 883) quella della rana e dello scorpione:

E ora vi racconterò la storia dello scorpione. Uno scorpione voleva attraversare un fiume, e chiese a una rana di portarlo. "No", disse la rana. "No grazie: se ti lasciassi salire sulla schiena potresti pungermi, e la puntura dello scorpione è la morte." "Ma insomma, ascolta", disse lo scorpione, "dov'è la logica in questo?" Perché gli scorpioni cercano sempre di essere logici. "Se ti pungessi, tu moriresti, e io affogherei." La rana si convinse, e si lasciò salire lo scorpione sulla schiena. Ma proprio nel bel mezzo del fiume sentì un dolore terribile e capì subito che lo scorpione l'aveva punta. "E la logica?", gridò la rana morente mentre affondava, trascinando con sé lo scorpione. "Non c'è logica in questo." "Lo so", disse lo scorpione, "ma non posso farci nulla: è il mio carattere." Beviamo al carattere!

L'altra storiella invece non se la ricorda nessuno, ma è bellissima:

Ho fatto un sogno. Mi trovavo in un cimitero dove le tombe erano segnate in maniera curiosa: 1922-1927, 1823-1830, sempre una piccola differenza fra la nascita e la morte. Nel cimitero c'era un uomo molto vecchio, e gli domandai come mai avesse vissuto tanto, mentre tutti gli altri erano morti così giovani. "Non è così", mi disse. "Non è che moriamo presto, è che nelle nostre tombe noi non scriviamo gli anni di vita di un uomo, bensì il numero di anni che ha conservato un amico". Beviamo all'amicizia!

Welles sosteneva che il film era frutto di un compromesso da lui mal digerito con i produttori. Nelle sue intenzione il montaggio doveva essere molto più folle, con la sequenza cronologica delle scene talmente sconnessa da rasentare l'incomprensibilità della trama. Ad esempio, invece che iniziare con l'aereo vuoto di Arkadin, la prima scena del film doveva essere quella del corpo nudo dell'amichetta del protagonista sulla spiaggia, inquadratura che si vede a metà film. Per una volta però i produttori non hanno forse troppe colpe. Probabile che, lasciato libero di fare, il tormentato Welles di quel periodo avrebbe montato e rimontato all'infinito il film senza mai esserne soddisfatto, proprio come sarebbe accaduto con l'immediatamente successivo "Don Chisciotte", uno dei grandi incompiuti di Welles, nonostante i 30 di tempo che il regista si prese per montarlo.
  • 1

#24 Tom

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Inviato 08 dicembre 2010 - 09:49

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1962 IL PROCESSO (Le procès) di Orson Welles. Con Anthony Perkins, Elsa Martinelli, Jeanne Moreau, Orson Welles,

Misterioso, visionario, onirico, criptico, ammaliante. Un film dalle atmosfere arcane e antiche, che pure si porta dietro inquietudini da film di fantascienza. Le sue architetture opprimenti, le sue vastissime e spettrali piazze, i suoi immensi stanzoni e i suoi corridoi infiniti e claustrofobici, le comparse immobili e sinistre influenzeranno tutto il cinema degli anni anni 60, nonostante il film non fu per nulla un successo commerciale. Come tutti i film di Welles d'altra parte. E' l'unico dei film girati dal regista dopo la sua cacciata da Hollywood a poter contare su un budget normale, l'unico interamente girato senza compromessi. Viene il magone al pensiero di cosa altro avrebbe potuto girare se avesse avuto ogni volta a disposizione budget almeno dignitosi.   
"Il processo" di Welles sta a "Il processo" di Kafka, quanto "Shining" di Kubrick sta a "Shining" di King: la storia è più o meno quella, le atmosfere e gli ambienti dei film sembrano usciti direttamente dalle pagine dei libri, ma i personaggi e il tono sono completamente diversi. Lo Joseph K. interpretato da Anthony Perkins non ha nulla di kafkiano, si agita, si ribella, controbatte. E' fondamentalmente uno sciocco, ma è un giovane insoddisfatto e pieno di dubbi appartenente agli anni 60, non il grigio e "colpevole" impiegato piccolo borghese di Kafka. Inoltre il film è percorso da una vena satirica e ironica molto più marcata che nel romanzo, tanto che provocatoriamente Welles sosteneva di aver girato una commedia.

Tra le tante cose memorabili: il prologo animato e la bellezza inquieta e inquietante di Romy Schneider.
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#25 Tom

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Inviato 08 dicembre 2010 - 10:14

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1958 L'INFERNALE QUINLAN (Touch of Evil) di Orson Welles. Con Janet Leigh, Charlton Heston, Marlene Dietrich, Orson Welles, Joseph Calleia. continua» Titolo originale .

Capolavoro assoluto del cinema noir di tutti i tempi. Un'ora e quaranta di pura tensione, atmosfere di frontiera ossessive e inquietanti, personaggi indefinibili dalle tante, troppe facce. Welles bestemmia in chiesa ribaltando umo dei più consolidati stereotipi culturali americani mostrando la classica cittadina di frontiera divisa tra Messico e Stati Uniti dove però il marciume e la corruzione si equivalgono da tutte e due le parti, senza distinzioni, e come se non bastasse dove è un poliziotto messicano a far luce sulla corruzione dei colleghi americani. Inoltre mette in scena tutto quello che nella Hollywood del tempo era proibito: continui riferimenti alla droga, lunghe sequenze morbose (una sensualissima Janet Leight assediata e forse violentata da un branco di drogati in un motel) e un omicidio che in quanto a violenza e sadismo anticipa e quasi supera la celebre scena della doccia di Psyco (Quinlan che strangola un viscido mafioso). Il che spiega perché è l'ultimo dei film che Welles poté girare in America.

"Era un ottimo investigatore..."
"Ma un pessimo poliziotto"
Tutta l'ambiguità del film è riassunta nelle ultime battute del film. Il gigantesco, inquietante Quinlan interpretato da Welles, non ha nulla di "infernale" come vorrebbe il cretinissimo e fuorviante titolo italiano. E' a suo modo uno sbirro efficiente, ma marcio fino al midollo da quando ha trovato sua moglie uccisa ed è stato toccato da un Male che lo ha contaminato ("Touch Of Evil"). Welles rende titanico un personaggio che pure esprime un'ideologia fascista da lui detestata, mentre mette in bocca il suo punto di vista morale e politico all'onesto, ma in fondo ottuso, poliziotto messicano interpretato da Heston: "Il nostro lavoro deve essere duro. La polizia ha vita facile solo negli stati di polizia!" dice a Quinlan.

E' l'unico dei film di Welles mutilati dai produttori (quasi tutti) di cui grazie al cielo circola una versione restaurata vicina al volere del regista. Un' opera ancora una volta impressionante per modernità e potenza visionaria. Anticipa l'amarezza e la complessità dei noir degli anni 70 e come stile lascia ancor oggi a bocca aperta. Dei tanti virtuosismi che costellano il film, è rimasto celebre il lunghissimo piano sequenza iniziale senza stacchi che segue una macchina che sta per esplodere, ma il film è da capogiro dall'inizio ala fine, con sequenze che appaiono ancor oggi vertiginose.
Fotografia in un bianconero da urlo e grandiosa colonna sonora jazz di Henry Mancini
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#26 Tom

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Inviato 08 dicembre 2010 - 11:13

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1967 STORIA IMMORTALE di Orson Welles. Con Orson Welles, Jeanne Moreau, Roger Coggio, Norman Eshley

A Macao il vecchio mercante Clay decide di dar corpo a una antica leggenda cara ai marinai, quella di un marinaio affittato da un ricco signore per venti ghinee per passare una notte con la sua giovane moglie e dargli un erede.

Quattro attori recitanti (ma 4 contati, eh), cinque o sei comparse, fatiscenti casolari spagnoli spacciati per un'esotica Macao, formato e tempi televisivi (un'ora di durata): il cinema di Orson Welles praticamente finisce in queste condizioni. Nei vent'anni di vita e carriera che gli resteranno, nonostante gli sbattimenti e le marchette spesso umilianti, non riuscirà più a portare a compimento un film di finzione. Una sconfitta per il cinema, prima ancora che per l'autore. Eppure, ancora e per l'ennesima volta, Welles fa di necessità virtù e porta a casa un capolavoro. Un piccolo immenso film, che "ha l'incanto di una favola romantica raccontata a bassa voce in una sera d'inverno" (Morandini), dalle atmosfere rarefatte e sospese. Il suo primo film a colori, usati in maniera espressionista e geniale quanto i suoi memorabili bianconero.

"Storia immortale" mette in scena ancora una volta un Re ricchissimo e potente (il mercante Clay, molto simile allo Scrooge di Dickens), ma irrimediabilmente solo e incapace di capire la vita, ultima incarnazione del Charles Foster Kane di "Quarto potere". Più che nelle altre occasioni, nonostante la sua aridità umana, arroganza e persino malvagità, la figura di Clay suscita però solo umana pietà. E' lui il più perdente di tutti i perdenti della storia. Non ha la dignità della figlia del suo ex-socio e del giovane marinaio, ridotti l'una a fare la prostituta l'altro a fare l'accattone. Pur se meschino e vendicativo anche il suo maggiordomo vive meglio di lui, perché almeno conscio della miserabilità della sua condizione. Quando alla fine Clay si accorge di aver sprecato la sua vita, di non aver mai realmente vissuto, muore silenziosamente e fuori campo, come spesso i personaggi di Welles. Invece che la boccia di neve di Kane gli sfugge di mano un'enigmatica conchiglia.

Tratto da un racconto di Karen Blixen, uno degli autori più adorati da Welles. Tanto che un giorno volle andare a farle visita nella fattoria in cui viveva, ma giunto a poche centinaia di metri della casa della scrittrice, vinse la timidezza e tornò indietro. Alla faccia del luogo comune di Welles uomo e artista "arrogante".
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#27 Tom

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Inviato 08 dicembre 2010 - 16:53

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1948 MACBETH di Orson Welles, con Orson Welles, Dan O'Herlihy, Roddy McDowall, Jeanette Nolan, Alan Napier

Il più cupo e sinistro dei film di Welles. Girato come un horror e strutturato come un noir, con il destino dei personaggi già raccontato nell'impressionante prologo (con tanto di immagini psichedeliche nel 1948!). A teatro, negli anni 30, un Welles ventenne aveva già realizzato una leggendaria versione di Macbeth, scandalosamente interpretata solo da attori neri e intrisa di simbologia voodoo. Di quella esperienza nel film restano l'ossessione superstiziosa, l'atmosfera iettatoria il clima di terrore in cui sembrano immersi i personaggi fin dalle prime immagini. Non poteva essere diversamente, ci sono tutto il fatalismo e il pessimismo del teatro di Shakespeare e del cinema di Welles in dialoghi come:

"La vita non è altro che un'ombra che cammina; un mediocre attore che si pavoneggia e si dimena sul palcoscenico per il tempo della sua parte e poi non si ode più nulla. Una favola narrata da un idiota, piena di strepito e furia e senza significato alcuno."

Il budget "non è neanche quello di un piccolo western" (Truffaut), ma la potenza visionaria di Welles rende maestose tre scenografie di cartapesta e imponenti eserciti formati da poche decine di comparse. Gli interminabili e straordinari piani sequenza che costellano il film non sono mai vuoti esercizi di stile, ma si addentrano, dilatano e approfondiscono il senso delle singole scene del dramma. Meraviglioso, ad esempio, quello di Lady MacBeth che vaneggia scendendo una scala, con gli attori inizialmente ripresi da lontano che man mano si avvicinano alla cinepresa fino ad ingombrare l'inquadratura, come la follia e la paura ingombrano sempre di più la mente della donna.
Il cinema di Welles non è mai teatro filmato, ma è un caleidoscopico visivo e culturale. Un cinema che si nutre anche del teatro, come di tutti mezzi d'espressione umana.
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#28 Tom

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Inviato 08 dicembre 2010 - 17:02

othello_16.jpg

1952 OTELLO (The Tragedy of Othello: The Moor of Venice)  di Orson Welles. Con Fay Compton, Orson Welles, Suzanne Cloutier, Michael McLiammoir, Robert Cook.

Grazie al cielo Welles non ripropone il luogo comune della "tragedia della gelosia", come autore ha ben altro da dire che soffermarsi su un sentimento tanto mediocre. Il suo Otello è semmai la tragedia del bene e della felicità contaminati da un Male oscuro e incomprensibile. Il protagonista non è Otello, ma lo Jago inquietante e imperscrutabile interpretato dal luciferino Micheál MacLiammóir. All'inizio, in un primo piano da brividi, Jago aveva rivelato al suo complice "Non sono quello che sembro." e alla fine quando Otello morente gli chiede il motivo delle sue azioni si limita a dire sorridendo "Non chiedermi nulla. Sai quel che sai." Il film inizia con il funerale di Otello e Desdemona. Rinchiuso in una gabbia appesa alle mura uno Jago condannato al supplizio osserva impassibile il risultato del suo operato. L'amore e il bene sono qualcosa di mortale, il male rappresentato da Jago qualcosa di permanente e inestinguibile.       

Il film è un caleidoscopio, un arabesco, un allucinato racconto esotico. Il lunghi piani sequenza del Macbeth lasciano posto ad uno dei montaggi più forsennati della storia del cinema, di una modernità ancor oggi spaventosa. Scene come l'attentato a Cassio nei bagni turchi fanno impallidire gli schizzati telefilm moderni. Lo spettatore è stordito dal ritmo delle sequenze e dal continuo movimento delle immagini, come Otello è stordito dalle trame di Jago. Welles faceva di necessità virtù, la travagliatissima lavorazione del film è leggendaria, ma è paradossalmente uno dei suoi film più compatti.

Ovviamente nella versione italiana dell'epoca furono tagliuzzati tutti i riferimenti al fatto che una nobile e bianchissima italiana andasse a letto con un dotatissimo negrone. Censure da Alabama del Ku Kux Klan... ma l'Italia "non è mai stato un paese razzista".
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#29 Tom

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Inviato 08 dicembre 2010 - 17:09

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1966 FALSTAFF (CAMPANADAS DE MEDIANOCHE) di Orson Welles. Con Jeanne Moreau, John Gielgud, Marina Vlady, Margaret Rutherford, Walter Chiari

Capolavoro assoluto (l'ennesimo). Uno dei film più vitali e struggenti che abbia mai visto. Il più sentito e autobiografico delle opere di Orson Welles. Che al suo solito parla di come il tempo, lo scorrere della vita e infine la morte annientano le ambizioni, i sogni e i desideri di chiunque.

Tutti i personaggi di Welles sono dei perdenti, e anche Falstaff lo è, ma in modo completamente diverso da tutti gli altri. Se i tipici personaggi wellesiani falliscono nel vano tentativo di plasmare la realtà a loro misura, Falstaff è l'unico che non desidera altro di essere quello che è. Un ubriacone, un vigliacco, un ladro, un buffone, un mentitore, un sporcaccione impotente, però felice di essere vivo, di poter ubriacarsi ogni sera con il suo adorato vino di Spagna e di dormire tra le braccia di qualche amorevole puttana. L'unico suo desiderio sarebbe che la vita non avesse mai fine. Ma quando alla fine, davanti al giovane amico che diventato Re lo sta ripudiando, capisce che anche per lui è arrivato il momento di morire, riesce comunque a sorridere e ad andarsene solo e deriso, ma con una dignità e una serenità sconosciuta a tutti i Re e a tutti gli altri assassini che hanno fatto la Storia. E' anche il film più politico di Welles, quello più profondamente anarchico e pessimista, incredibilmente prodotto e girato nella Spagna franchista.

Enorme lezione di regia. Con i soldi del cestino della colazione di un Peter Jackson, Welles mette in scena una battaglia medievale da far impallidire gli interminabili e rintronanti combattimenti del cinema "epico" degli ultimi vent'anni. Un impressionante massacro di dieci minuti degno di stare vicino a quelle de Il mucchio selvaggio di Peckinpah in quanto a virtuosismo di montaggio. Ma tutto il film è magistrale dalla prima all'ultima scena, con attori come sempre in stato di grazia quando diretti da Welles. Nota speciale per Walter Chiari, nella particina esilarante di Silence, un assurdo banditore balbuziente: che grandissimo attore era, peccato sia stato usato poco e male dal nostro cinema. Non esiste nessuna opera di Shakespeare intitolata Falstaff (o "Le campane di mezzanotte", che sono quelle che sentono i perditempo nottambuli), ma è un personaggio trasversale che compare in ben tre sue opere.
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#30 Tom

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Inviato 09 dicembre 2010 - 09:34

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1949 IL TERZO UOMO (The Third Man) di Carol Reed. Con Orson Welles, Joseph Cotten, Alida Valli, Trevor Howard, Bernard Lee

Tra i tanti paradossi della carriera di Welles, Il terzo uomo è il paradosso più grande, il film che lo rese famosissimo in Europa e per cui fu identificato per anni. Anche se lo sembrava non era un film suo. Anche se come attore vi compariva neanche per dieci minuti era la star del film. Anche se Welles diceva di detestare lo spregevole "terzo uomo" Harry Lime (troppo malefico e senza scrupoli, per lui che preferiva personaggi più sfaccettati), fu l'unico personaggio delle decine e decine da lui interpretati per cui recitò con la sua vera faccia, senza modificarsi i lineamenti come usava sempre fare. In seguito poi interpretò il personaggio in una fortunata serie radiofonica, "Le avventure di Harry Lime". Non solo, il celebre motivetto per cetra di Anton Karas del film gli resterà attaccato e lo identificherà almeno quanto "La marcia funebre delle marionette" segnerà l'immagine di Hitchcock.

Questo fulgido thriller, scritto da Graham Green e diretto Carol Reed, funziona da dio dall'inizio alla fine, ma è indiscutibile che senza le tre scene in cui compare Welles sarebbe stato tutto un altro film, più normale e ordinario. Nella prima Welles appare muto per pochi secondi, ed è la più celebre e folgorante delle sue apparizioni "ritardate" (dopo quasi un'ora e venti di film) e spiccica due parole nella terza, la fenomenale sequenza finale della fuga nelle fogne. Parla praticamente solo nella seconda scena, interamente scritta da lui, in cui recita la famosissima battuta su italiani e svizzeri:

"In Italia, sotto i Borgia, per trent&'anni hanno avuto guerre, terrore, assassinii, massacri: e hanno prodotto Michelangelo, Leonardo da Vinci e il Rinascimento. In Svizzera, hanno avuto amore fraterno, cinquecento anni di pace e democrazia, e cos'hanno prodotto? Gli orologi a cucù." (Tra l'altro l'orologio a cucù è un'invenzione tedesca.)

Bellissimo però anche tutto il dialogo con Joseph Cotten sulla ruota panoramica, con Welles/Lime che con impagabile cinismo discute dell'umanità come puntini da schiacciare e  passa come niente fosse da intenti omicidi a discorsi tra vecchi amici.

L'influenza di Welles regista nel film equivale a quella del suo personaggio nella storia: la sua presenza aleggia in ogni scena nonostante compaia pochissimo. Buon regista classico, l'inglese Reed  non aveva certo da farsi insegnare il mestiere da Welles, ma l'influenza e la lezione dello stile del collega americano è assolutamente palese. In un certo senso Welles integrerà la pellicola nella sua filmografia girando qualche anno più tardi Rapporto confidenziale, sorta di incrocio tra Il terzo uomo e Quarto potere.
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#31 Reynard

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Inviato 09 dicembre 2010 - 09:43

C'e' una scena del Terzo Uomo che mi ha sempre inquietato a bestia: quando il protagonista viene braccato per le vie di Vienna da una folla con in testa un bambino che lo accusa di non-mi-ricordo-che. Uno dei bambini piu' inquietanti mai visti sullo schermo. Roba da incubo.
Mi e' sempre sembrata "un po' troppo" per un regista come Reed, ma fatico anche a immaginarmela come idea di Welles (sbaglio o non ci sono quasi mai bambini nei suoi film? Comunque, il lato oscuro dell'infanzia non mi pare uno dei suoi temi). Mi ha ricordato parecchio "Freaks".

Nei brainstorming in fase di ideazione di questo film devono essere uscite di quelle follie da manicomio asd
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La firma perfetta dev'essere interessante, divertente, caustica, profonda, personale, di un personaggio famoso, di un personaggio che significa qualcosa per noi, riconoscibile, non scontata, condivisibile, politicamente corretta, controcorrente, ironica, mostrare fragilità, mostrare durezza, di Woody Allen, di chiunque tranne Woody Allen, corposa, agile, ambiziosa, esperienzata, fluente in inglese tedesco e spagnolo, dotata di attitudini imprenditoriali, orientata alla crescita professionale, militassolta, automunita, astenersi perditempo.

#32 selva

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Inviato 09 dicembre 2010 - 10:25

sbaglio o non ci sono quasi mai bambini nei suoi film?


quarto potere, Charles F. Kane bambino con rosebud sullo sfondo. Mi servì quella scena per capire la profondità di campo. 
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#33 piersa

    Megalo-Man

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Inviato 09 dicembre 2010 - 11:01


sbaglio o non ci sono quasi mai bambini nei suoi film?


quarto potere, Charles F. Kane bambino con rosebud sullo sfondo. Mi servì quella scena per capire la profondità di campo. 

e in mezzo una bottiglietta di medicinale; il centro come sempre non è mai allegro
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#34 Auguste

    Groupie

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Inviato 12 dicembre 2010 - 10:36

Non ho visto l'intera filmografia di Welles(tra le gravi mancanze cito "L'orgoglio degli Amberson" e "Falstaff"), ma quel che ho visto basta a farmi dire che non solo è tra i più grandi registi di sempre, ma anche che rientra a pieni voti tra i miei registi preferiti, anche se si tratta di una scelta tutto sommato anche abbastanza scontata.
"Citizen Kane" è indubbiamente il suo capolavoro e visto che sono state spese migliaia di pagine sull'analisi di questo film(forse ingiustamente definito il più grande film della storia del cinema)sarebbe inutile aggiungere qualcosa.
Il suo "Othello" è indubbiamente un capolavoro, una delle migliori trasposizioni di Shakespeare mai viste in un lungometraggio(a mio avviso seconda soltanto a "Ran" di Kurosawa), di una forza incredibile.
"Il Processo" è un altro ottimo film di Welles.
"L'infernale Quinlan" è forse, dopo CK, il capolavoro di Welles, ma a livello puramente personale ho preferito(forse perfino su CK, che resta cmq di gran lunga superiore)"Storia Immortale", a mio avviso un vero capolavoro, ingiustamente sottovalutato. Una favola bellissima che si pone come sintesi perfetta dei motivi e delle tematiche del grande regista.
Un po' meno mi hanno convinto "Rapporto confidenziale" e - il comunque ottimo - "La signora di Shangai". Da riscoprire, invece, "F for Fake", forse un po' troppo ingarbugliato, ma ottima conclusione dell'itinerario artistico di Welles. Non perché sia l'ultimo suo film, ma perché porta alle estreme conseguenze la sua riflessione sull'arte e sul rapporto tra verso e falso(per cui si sarebbe guadagnato presso Deleuze la fama d'essere il più nietzscheano dei registi).
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#35 satyajit

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Inviato 12 dicembre 2010 - 13:13


Il suo "Othello" è indubbiamente un capolavoro, una delle migliori trasposizioni di Shakespeare mai viste in un lungometraggio(a mio avviso seconda soltanto a "Ran" di Kurosawa), di una forza incredibile.


Be', per le strasposizioni da Shakespeare Welles e Kurosawa anche per me sono di un altro livello rispetto a tutti gli altri. Perfettamente d'accordo sulle prime due posizioni dell'ipotetica classifica (Ran e Otello), anche se Il trono di sangue regge il confronto, pur essendo meno celebre degli altri due.
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#36 strangelove

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Inviato 12 dicembre 2010 - 13:28

Beh, io ci metterei assolutamente allo stesso livello anche l' "Amleto" di Grigorij Kozincev, con una incredibile interpretazione di Innokentij Smoktunovskij  :-*
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#37 satyajit

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Inviato 12 dicembre 2010 - 14:16

E allora io ci aggiungo l'Amleto di Olivier, ovvìa.

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#38 Auguste

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Inviato 12 dicembre 2010 - 14:18

"La sfida del samurai" di Kurosawa mi manca, così come il "Macbeth" di Polanski.
Anche se ero riluttante a metterlo in lista(trattandosi di un cortometraggio)segnalo il magnifico "Che cosa sono le nuvole?", episodio di "Capricci all'italiana" diretto da P.P.P., capolavoro assoluto, forse il mio cortometraggio preferito.
Il corto in questione è in effetti una sorta di ribaltamento, un'interpretazione personale dell'Otello. Splendido!
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#39 satyajit

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Inviato 12 dicembre 2010 - 14:21

"La sfida del samurai" di Kurosawa mi manca, così come il "Macbeth" di Polanski.
Anche se ero riluttante a metterlo in lista(trattandosi di un cortometraggio)segnalo il magnifico "Che cosa sono le nuvole?", episodio di "Capricci all'italiana" diretto da P.P.P., capolavoro assoluto, forse il mio cortometraggio preferito.
Il corto in questione è in effetti una sorta di ribaltamento, un'interpretazione personale dell'Otello. Splendido!


Caaaacchio, è vero! Che poi mi sa che è rimasta l'unica volta in cui PPP si è cimentato col Bardo.
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#40 Auguste

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Inviato 12 dicembre 2010 - 14:41

Tra l'altro per una grave lacuna(l'ennesima...)mi manca ancora l'Amleto di L.Olivier! Insomma, ammetto che il mio è stato un giudizio frettoloso, anche se francamente "Ran" lo reputo uno dei pochissimi casi in cui il cinema ha espresso pienamente le sue potenzialità, stranamente finendo per risultare quasi "teatrale"(non nell'accezione negativa del termine), cioè riproducendo una sorta di epicità impossibile da avere al cinema, se non in rarissime occasioni. Anche l'Otello di Welles si avvicinava.
Nel caso di Pasolini non saprei, mi sembra qualcosa di molto differente. Quella è pura poesia(tra l'altro con rimandi filosofici secondo me neanche molto semplici, come la citazione iniziale di Velazquez, con l'inserimento di "Las Meninas", già oggetto della parte iniziale di un saggio di Foucault).
Credo che Pasolini si sia letteralmente appropriato della tragedia Shakespeariana per fare un discorso molto differente, per riprodurre la tragedia del quotidiano, il dramma della rappresentazione.
Tutto questo per dire che secondo me il corto di Pasolini non è proprio accostabile al 100% ad una trasposizione cinematografica di Shakespeare, benché anche lo stesso Kurosawa abbia stravolto molto il Re Lear per creare un dramma universale.
In tutti e tre i casi si parla di cinema con la C maiuscola, ma non posso nascondere la mia personale preferenza per il cortometraggio di Pasolni.
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#41 strangelove

    Scaruffiano

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Inviato 12 dicembre 2010 - 14:47

E allora io ci aggiungo l'Amleto di Olivier, ovvìa.


Di Olivier mi piace un po' di più "Enrico V", ma vanno benissimo sia "Amleto" che "Riccardo III".

Kozincev mi sa che invece è meno visto. Per invogliare metto l'inizio del film (ma sconsiglio le visioni di film interi su youtube!): http://www.youtube.c...h?v=4lBZrGwyHok
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#42 satyajit

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Inviato 12 dicembre 2010 - 19:57


Tutto questo per dire che secondo me il corto di Pasolini non è proprio accostabile al 100% ad una trasposizione cinematografica di Shakespeare


Sì, sicuramente è così. Bisognerebbe poi capire come mai fosse più legato alla tragedia greca che a quella elisabettiana. Ma siamo decisamente OT.
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#43 satyajit

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Inviato 12 dicembre 2010 - 19:59


E allora io ci aggiungo l'Amleto di Olivier, ovvìa.


Di Olivier mi piace un po' di più "Enrico V", ma vanno benissimo sia "Amleto" che "Riccardo III".

Kozincev mi sa che invece è meno visto. Per invogliare metto l'inizio del film (ma sconsiglio le visioni di film interi su youtube!): http://www.youtube.c...h?v=4lBZrGwyHok


A me Enrico V sembra invecchiato peggio di Amleto. Riccardo III mi manca.
Kozincev l'ho visto anni fa coi subs francesi e non è stata certo una visione ottimale, per cui non mi pronuncio.
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#44 Tom

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Inviato 20 dicembre 2010 - 11:33

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1948 LA SIGNORA DI SHANGAI (The Lady from Shanghai) di Orson Welles, con Rita Hayworth, Orson Welles, Everett Sloane, Glenn Anders, Ted De Corsia, Erskine Sanford

Come trasformare una disperata e plateale marchetta nella consueta genialata. Una di quelle volte in cui il personaggio di Orson Welles sembra davvero avere delle oscure affinità con Ed Wood. In bancarotta per il suo spettacolo teatrale "Il giro del mondo in 80 giorni", telefonò ad un produttore, millantando di avere già un contratto per un film con l'ex moglie Rita Hayworth e di aver per le mani un romanzo esplosivo intitolato "La signora di Shangai", in realtà un titolo adocchiato nell'edicola a fianco della cabina da cui telefonava. Intascati i soldi per comprare i diritti del libro, fu quindi poi costretto a trarre qualcosa di sensato da un romanzo che scoprì essere orrendo. In effetti l'intreccio giallo è assolutamente improbabile, per quanto non va dimenticato che il film è raccontato dal punto di vista del protagonista, un marinaio (con pretese da scrittore), categoria portata alle esagerazioni. Da un canovaccio simile Welles trae una storia stramba e contorta quanto i suoi personaggi, percorsa da una strana aria di morbosa follia, con diverse sequenze che sfociano nell'onirico. Il film è nettamente diviso in due parti. La prima, allucinata e divagante, sembra una sorta di Aspettando Godot in salsa noir, con i personaggi impegnati ad un gioco del massacro psicologico durante una crociera. La seconda, ambientata a San Francisco, movimentata e barocca.   

Serietà e parodia vanno a braccetto. Se da una parte Welles mette in scena un crudo discorso sull'avidità e ferocia umana, dall'altra sembra continuamente disinnescare la morale del film mettendo in bocca al suo protagonista prediche da quattro soldi, tanto ingenuamente idealistiche, quanto non applicate dallo stesso personaggio. A volte invece l'ironia nasconde una profonda amarezza, come nella lunga sequenza del processo con la velenosa caricatura dei procedimenti giudiziari.       

Lo stile si muove sullo stesso doppio binario. Apparentemente è uno dei suoi film più fedeli all'immaginario hollywoodiano, visto l'accumulo accumulo di luoghi comuni nei dialoghi e la tendenza alla cartolina nelle immagini. Ma poi Welles sabota tutto con uno stile spiazzante e modernissimo, mescolando anche nella stessa sequenza inquadrature dai plateali trasparenti con altre girate in esterni con cinepresa a mano (un po' tutte le scene sullo yacht), tipiche illuminazioni da studio con luci naturali (come quella celeberrima nell'acquario), sequenze semi-documentarie (il teatro cinese) con altre stilizzate e visionarie (il grandissimo finale nel luna park). Atti terroristici nella Hollywood dell'epoca. Se L'infernale Quinlan anticiperà il noir crepuscolare degli anni 70, questo anticipava lo stile pop di molto cinema anni 60.   

Assurdo il luogo comune che vuole leggere il film come una sorta di vendetta di Welles nei confronti della ex moglie, costretta a modificare la propria immagine di diva tagliandosi e ossigenandosi la celebre chioma rossa. A parte il fatto che nonostante il divorzio erano in ottimi rapporti e la Hayworth appunto accettò in amicizia di girare il film, la pellicola è un monumento alla bellezza e sensualità dell'attrice. All'epoca vedere una diva per quasi metà film in costume da bagno era il massimo dell'erotismo. Sequenze come quella del bagno in mare, o della sigaretta che passa ambiguamente di mano in mano, smuovono ancora oggi parecchi sensi.
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#45 Tom

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Inviato 20 dicembre 2010 - 16:55

0004413-journey-into-fear-1943-sahara-19

1942 TERRORE SUL MAR NERO (Journey Into Fear) di Norman Foster con Dolores Del Rio, Joseph Cotten, Orson Welles

Film progettato e poi abbandonato da Welles, impegnato nelle riprese de L'orgoglio degli Amberson. Passò nelle mani del robusto e anonimo artigiano Norman Foster, regista di tanti film di Mr. Moto e Charlie Chan. Welles si limitò a recitare la sua particina e supervisionare il tutto. E' un piccolo godibilissimo thriller avventuroso, esemplare prodotto della produzione della RKO, caso più unico che raro di casa di produzione che oltre alla quantità badava anche a garantire un dignitoso standard qualitativo.

Joseph Cotten è il tipico americano qualsiasi che durante la seconda guerra mondiale si ritrova al centro di un intrigo internazionale in Turchia. Fuggendo dalle spie tedesche che lo vogliono morto sale su un battello scoprendo però che i killer sono già a bordo. La resa dei conti si svolgerà sul cornicione di un albergo tempestato dalla pioggia. A dare una mano al protagonista c'è un ambiguo colonnello turco, un Welles che in nome delle alleanze del momento storico vuole ricordare Stalin. Impagabile la scena in cui imbarca a forza il protagonista sul battello promettendogli di occuparsi della bella moglie, dopo che in una scena precedente era stato descritto come un sessuomane incallito.

Foster dirige tutto in modo austero e competente. Davanti a tanto classicismo hollywoodiano impossibile anche solo immaginare cosa ne sarebbe uscito se il film fosse stato diretto da Welles. In un certo senso è un film suo, ma meno wellesiano di un film non suo come "Il terzo uomo".
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#46 Tom

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Inviato 20 dicembre 2010 - 18:14

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1946 LO STRANIERO (The Stranger) di Orson Welles. Con Loretta Young, Edward G. Robinson, Orson Welles

Terzo e di gran lunga il meno interessante dei dodici film diretti ufficialmente (e finiti) da Orson Welles. Lo girò perché voleva dar prova di poter essere un regista affidabile, in grado di girare un film su commissione, non scritto e ideato da lui. Si risolse invece in una dimostrazione della sua impossibilità di essere normale e della sua cronica incapacità di andare d'accordo con i produttori, che anche in questo caso tagliarono e rimaneggiarono il prodotto finale. Il film è gradevole come può esserlo un qualsiasi noir anni 40 fotografato da un maestro del bianco e nero come Russell Metty e notevole come può esserlo qualsiasi film con attori come Edward G. Robinson e Welles nei ruoli principali.

Di veramente intrigante ci sono solo i primi venticinque minuti, con Robinson che da la caccia ad un criminale nazista fino ad una piccola cittadina americana, dove un altro criminale nazista (Welles) sotto mentite spoglie si è rifatto una vita e sta addirittura sposando la figlia del giudice del paese. Welles strangola il fuggiasco nel parco e poi seppellisce il cadavere durante la festa del suo matrimonio. Da lì in poi il film purtroppo si sgonfia, diventando verboso e poco interessante, con la rete di sospetti che si chiude meccanicamente sull'assassino. Si risolleva solo negli ultimissimi minuti, con la spettacolare resa dei conti sulla torre dell'orologio. Alla fine la cosa più riuscita è la descrizione di un'America di provincia che sembra uscita dalle illustrazioni di Norman Rockwell. 

Piuttosto noiosa e irrimediabilmente datata tutta la parte centrale dedicata ai dubbi della moglie del criminale, interpretata da Loretta Young. Lo spettatore ha constatato fin dal principio la malvagità del marito, non ha alcun bisogno di essere convinto in tal senso, quindi i tentennamenti e l'ingenuità della donna suonano solo fastidiosi. Anche la denuncia dei crimini nazisti oggi appare inevitabilmente all'acqua di rose. Ma soprattutto è impossibile provare grande interesse per la sorte del personaggio di Welles, a conti fatti solo un odioso e meschino nazista, privo del fascino malefico del "terzo uomo" Harry Lime o dello Joseph Cotten uccisore di vedove de L'ombra del dubbio. Probabilmente questa fu una giusta scelta morale del regista e attore, ma quel che è giusto a livello morale quasi mai lo è a livello spettacolare.
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#47 Tom

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Inviato 22 dicembre 2010 - 11:40

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1975 F FOR FAKE ("F per Falso" o "F come Falso") di Orson Welles con Orson Welles, Oja Kodar, Joseph Cotten, François Reichenbach, Richard Wilson e Pablo Picasso

"La mia carriera è iniziata con un falso, l'invasione dei marziani. Sarei dovuto finire in prigione. Non posso lamentarmi: sono finito ad Hollywood!"

L'ultimo film compiuto di Orson Welles è uno strano e indefinibile oggetto cinematografico, difficile anche solo da descrivere. Un film sui falsari a sua volta mezzo "falso", perché per quasi metà non girato direttamente da Welles? O un film "vero" su dei veri artisti, non riconosciuti come tali solo per le convenzioni economiche del mercato e l'inevitabile conformismo di ogni appassionato d'arte?

Il regista che per primo nella storia di Hollywood incarnò il personaggio dell'Autore, gira un film che dileggia l'importanza della firma dell'autore nell'arte e che si prende gioco della falsissima coscienza dei critici, della presunzione dei cosiddetti esperti e della grulleria di tutti gli appassionati, per cui il nome dell'artista finisce sempre per essere più importante dell'opera. Con una trovata vertiginosa lui stesso mette la sua firma sul materiale per un documentario mai finito girato dal suo operatore (ma sarà vera anche questa storia? Strano che visto il film pochi se lo chiedano). Oppure il cinema è soprattutto montaggio e montando quel materiale Welles ne è diventato automaticamente il vero autore? Oppure, ancora, tutta l'arte è in fondo sempre e comunque un immenso inganno, un gioco di illusioni e convenzioni sociali, dove stabilire il confine tra falso e vero è assurdo per principio? Ridendosela Welles pone domande inquietanti e non da nessuna risposta, incasinando il discorso e  prendendosi gioco degli spettatori.

Il film è una lezione sull'arte del montaggio. Con un ritmo a tratti al limite del subliminale (che in molti punti sembra anticipare i moderni video musicali), Welles mette insieme ogni tipo di materiale, alternando giochetti di prestigio, interviste, fermo immagini, dissolvenze incrociate, fotografie, materiale di repertorio, filmini domestici, spezzoni di film mai finiti, semi-animazioni, candid camera e abbondanti esposizioni epidermiche della sua splendida (e giovanissima) compagna Oja Kodar. Ne esce uno caleidoscopio di colori, immagini e suoni quasi disorientante, in cui la tendenza a giocare con materiale e immagini povere oggi verrebbe definita "vintage".

Su tutto il solito discorso di Welles, presente fin dalle prime inquadrature di Quarto potere: il Tempo che prima o poi cancellerà ogni cosa, trasformando tutto in polvere.
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#48 Auguste

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Inviato 26 dicembre 2010 - 10:22

??F for Fake? è un film che amo moltissimo. Mi da fastidio pensare che a Welles siano associati sempre i soliti 2-3 film. Okay, Welles ha fatto ??Quarto Potere?(tra l??altro chi ha visto ??La glace à trois faces? sa benissimo che sotto certi punti di vista Epstein lo aveva già in parte preceduto), ma vogliamo parlare de ??L??infernale Quinlan? e di ??Otello??
Ma ?? soprattutto ?? io credo che andrebbero approfonditi ??F for Fake? e ??Storia Immortale?, che se certo non possono essere considerati i migliori del regista, sono sicuramente i più significativi.
??F for Fake? si riallaccia al discorso inaugurato con Citizen Kane(ma ancora prima, in realtà)sul falso, e porta alle estreme conseguenze la riflessione wellesiana in questo ambito.
Il (non)film si pone a metà strada tra un documentario, una disamina filosofica/artistica ed il film vero e proprio.
Diciamo che il discorso sul reale e sul falso(e sul falsificabile)è stata, a quanto ho capito, un po?? la sua ossessione e proporrei i due film poc??anzi citati proprio come massima rappresentazione della sua poetica. ??F for Fake? è un film che potrebbe sembrare indigesto e probabilmente la stessa definizione di film sarebbe fuorviante. E?? più documentario, ma non mancano momenti di poesia e Welles tratta con maestria certe tematiche.
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#49 Tom

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Inviato 13 febbraio 2011 - 12:56

Dopo solo quarant'anni finalmente dovrebbe uscire uno dei più celebri incompiuti di Orson Welles, The Other Side of the Wind del 1972, con i colleghi e amici John Huston e Peter Bogdanovich come attori protagonisti. Film di cui finora sono circolate praticamente solo due sequenze, questa straniante su una conferenza stampa, ma soprattutto questa incredibile sequenza erotica e psichedelica, con protagonista l'allora compagna del regista Oja Kodar. Abbastanza per far sbavare qualsiasi appassionato di Welles, o di cinema in generale. Vederlo nella sale temo sarà un'utopia (anche se ai tempi del restauro, una dozzina di anni fa, girò nelle sale estive "L'infernale Quinlan"), speriamo almeno in un'edizione in dvd, magari non tra altri dieci anni.     
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#50 satyajit

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Inviato 13 febbraio 2011 - 13:28

Tom, da esperto di Welles eri al corrente di questo?
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