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Samsung, l'Italia e i giovani d'oggi


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31 replies to this topic

#1 Guest_Number 5_*

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Inviato 20 settembre 2006 - 08:55

L'Italia ha molti problemi, oggi come oggi in particolare. Però sul Sole 24 Ore di oggi appare una notiziola che vorrei sottoporre alla vostra attenzione.
La Samsung (Corea), nota azienda prodruttrice di ellettronica di consumo, ha paerto da qualche tempo a Milano un centro stilistico, ovvero un centro in cui verrà curata l'estetica e il design dei nuovi prodotti del gruppo, dai cellulari ai prodotti hi-fi. Ebbene come primo nucleo di questo design center Samsung ha scelto quattro studenti italiani di 23, 24, 26 e 27 anni appena usciti dalle rispettive scuole di design.
Li ha presi freschi freschi di diploma attraverso una selezione nazionale, li ha spediti in Corea ad aggiornarsi e conoscere le tecnologie della multinazionale, li ha riportati in Italia e li ha assunti per guidare, alla loro giovane età, il neoneto centro di ricerca analogo a quelli già esistenti in città come san Francisco, Tokio, Londra e Shangai, con oltre 600 ricercatori complessivi.

E ora la serie di domande a raffica.
Dico io: perché una cosa così qui da noi fa notizia? E' concepibile che un'impresa italiana faccia una cosa simile quando in Itaia se non sei "figlio di" o hai almeno cinquant'anni tutti ti considerano come una pezza da piedi, specie nel campo della ricerca? Noi che ci vantiamo a destra e a manca di essere all'avanguardia nel design e nello stile, stiamo sempre fermi al solito Giugiaro del cazzo (scusate il francesismo, ma quando ce vo' ce vo') e ci facciamo mangiare la pappa in capo dai coreani? Stiamo forse perdendo terreno anche in questo ambito grazie ai lungimiranti imprenditori italiani che non si sognano nemmeno di investire sui famigeratti gggiovani? Non parliamo nemmeno dell'elettronica di consumo dove siamo forse centottantesimi nel mondo e i prodotti fanno francamente pena qulitativamente rispetto ai più affermati. L'innovazione di prodotto passa anche da queste cose ma noi ce ne rendiamo conto, noi che il famoso "stile italiano" e "Made in italy" si applica ancora oggi a prodotti maturi e soprattutto assolutamente non "consumer" (vedi l'alta moda o il famigerato "lusso" in generale), che ormai non hanno più nulla da dire quanto a innovazione e ricerca?

Ma sopratuttto: i giovani, i giovani, i giovani...  Questi hanno messo in mano a quattro ventenni un centro d'avanguardia in cui studieranno e decideranno come si presenteranno i loro prodotti nel il futuro e a me sembra meraviglioso, allora perché ho la stramaledetta sensazione che un imprenditore italiano non l'avrebbe mai fatto, nemmeno sotto tortura?
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#2 Notker

    Scaruffiano

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Inviato 20 settembre 2006 - 09:07

da noi certe cose non accadono soprattutto perchè in Italia l'imprenditoria è ancora ferma a "logiche familiari" e non assume alcun rischio se non c'è una qualche sovvenzione statale.
saranno decenni che si parla di 'ste cose ma la musica (che la suonino i destrorsi che la suonino i mancini) è sempre la stessa.
è un problema culturale, di cultura imprenditoriale.
sai quanti ricercatori giovani e brillanti hanno dovuto emigrare prima di oggi?... eh, altro che Samsung...
certo che, a leggere 'ste cose, i coglioni si gonfiano e si sgonfiano come airbag... :(
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« La schiena si piega solo quando l'anima è già piegata »
(Arturo Toscanini)

molti si chiedono se il pop/rock possa essere una forma d'arte musicale o meno; ebbene, lo è sicuramente... ma solo quando risponde al requisito esposto da Don Van Vliet:
« Non voglio vendere la mia musica. Vorrei regalarla, perché da dove l'ho presa non bisogna pagare per averla »

#3 Gemini

    Groupie

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Inviato 20 settembre 2006 - 09:19


è un problema culturale, di cultura imprenditoriale.


E la cosa non riguarda solo l'industria o il comparto economico in generale. Ma praticamente ogni aspetto della vita sociale in Italia, è la mentalità "del se non sono sicuro di guadagnare non rischio". Con questo modo di pensare è molto difficile per un giovane emergere (lo dico sperando bene però, avendo 21 anni), sia che voglia fare il ricercatore, sia che voglia fare il fotografo (come ho appreso giusto ieri...).


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#4 Guest_Mattia_*

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Inviato 20 settembre 2006 - 09:38

Io, invece, ho la sensazione che la coltre di accuse che muovi nei confronti dell'imprenditoria italiana non consideri lo status quo legislativo (assurto ormai a "patologia" endemica) con il quale gl'imprenditori devono fare i conti giorno dopo giorno.

Qualche anno fa, presso il Centro Congressi della fiera di Bologna, mi capitò di assistere ad un convegno sullo sviluppo tecnologico intrapreso dall'imprenditoria italiana durante gli ultimi anni. Relatore era l'attuale presidente di Confindustria (nonchè presidente di Bolgna Fiere), che si chiedeva come mai le imprese italiane non investissero sufficientemente nella ricerca e nello sviluppo per contrastare l'attualità della minaccia cinese.

Montezemolo, probabilmente, trascurò - e continua a trascurare - il particolare che una parte cospicua (la maggiore?) dell'imprenditoria italiana non è rappresentata dai colossi statali o parastatali con i quali è abituato ad intortarsi, ma da attività medio-piccole che devono scontrarsi, giorno per giorno, con i numerosi problemi di un sistema legislativo altamente penalizzante (per l'imprenditore, oovviamente) e contraddistinto da una forte miopia in merito alla focalizzazione della parola "progresso".

Nessuna tutela per quanto riguarda la sbaragliante (e sempre più radicata) concorrenza cinese, nessun incentivo per lo sviluppo e la ricerca (punto secondario rispetto al precedente, dal momento che la "formuletta magica" di qualsiasi novità stimata come tale ha poche ore di vita) ed un sistema statale impegnato a tutelare il furbacchione piuttosto che a premiare  chi s'impegna. Giusto per semplificare e non tirarla troppo per le lunghe.
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#5 Gemini

    Groupie

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Inviato 20 settembre 2006 - 10:08

Quello che dice Mattia è giustissimo, se non ci sono i requisiti un humus diciamo, per iniziare, è quasi impossibile. Anche tirare avanti è difficile, ricordo un'intervista al responsabile delle acciaierie di Terni. Spiegava la loro intezione di spostarsi (in Francia mi sembra) perchè quà c'era (c'è) un'assoluto mancanza di infrastrutture adatte (strade acqua elettricità).

Comunque, il problema così si sposta solo. Come ragiona la classe politica italiana? Sono solo poco lungimiranti?
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#6 Notker

    Scaruffiano

  • Redattore OndaRock
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Inviato 20 settembre 2006 - 10:22

...


ma infatti è un problema culturale italiano, che riguarda tutta la clase dirigente nelle sue articolazioni; si parlava di imprenditoria e, quindi, mi sono riferito a loro.
rimane, consentimi, il fatto che l'"abitudine" al soccorso statale è una di quelle abitudini difficili da sradicare e questo vale sia per la grande industria che per la  p.m.i.
nulla da obiettare sul fatto che in Italia vi siano forse troppi legacci legislativi (ma anche sociali) per cui la p.m.i. è in una situazione di stallo da alcuni anni.
però, siamo sinceri, da parte dell'imprenditoria italiana (grande e piccola) sembra mancare quella spinta propulsiva necessaria a tentare un'inversione di tendenza.
non è da oggi che molti imprenditori (prima i colossi poi le pmi) hanno preferito "delocalizzare" le proprie attività prima nell'est europeo, oggi addirittura in Cina e India.
in fondo, oltre a lamentarsi (se volgiamo anche leggittimamente) di mancanza di tutele statali verso la "colonizzazione" cinese non sembra che ci sia voglia di fare molto di più.
insomma, anche in questo caso si aspetta che sia lo Stato a togliere le castagne dal fuoco.
che poi l'Italia sia un paese ancora arretratissimo in materia di finanziamenti per la ricerca (nel medioevo si faceva molto di più, moltissimo di più) sono d'accordissimo con te, figurati; anzi, io sono ancora più critico e incazzato, visto che non solo la ricerca ma anche la cultura in senso ampio sembra essere stata buttata nel cesso in questo paese.
solo che non capisco, allora, come mai proprio le p.m.i. siano rimaste "legate" al cavaliere quando proprio il suo governo ha definitivamente affossato la ricerca in Italia, facendola diventare un paese di pubblicità e consumatori.

ps: ti aspetto per una pizza dove sai tu, venerdì a pranzo... così ti indotttrino un po' di Capitale, vecchio bacucco... ;) :D
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(Arturo Toscanini)

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#7 Guest_Mattia_*

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Inviato 20 settembre 2006 - 11:03

...il fatto che l'"abitudine" al soccorso statale è una di quelle abitudini difficili da sradicare e questo vale sia per la grande industria che per la  p.m.i...


Guarda, Gae... Ti posso assicurare che se la classe piccolo/medio-imprenditoriale italiana fosse davvero solita attendere contributi e sovvenzioni statali per realizzare le proprie iniziative, in Italia ci sarebbe un tasso di disoccupazione molto più alto...

...da parte dell'imprenditoria italiana (grande e piccola) sembra mancare quella spinta propulsiva necessaria a tentare un'inversione di tendenza.


La spinta propulsiva manca proprio in virtù del fatto che l'imprenditoria è ormai abituata a doversi districare dalle pesanti trame legislative di un sistema politico di matrice assistenzialista che, per forza di cose, convive con un sistema economico orientato verso una pericolosa aberrazione della disciplina del libero mercato (affine a quella particolare mentalità che, ad esempio - il più eclatante, peraltro -, caratterizzò i grandi gruppi d'acquisto francesi degli anni Ottanta, che hanno costruito le proprie fortune grazie alla spregiudicatezza dei propri dirigenti).

...non è da oggi che molti imprenditori (prima i colossi poi le pmi) hanno preferito "delocalizzare" le proprie attività prima nell'est europeo, oggi addirittura in Cina e India.


Sarà sempre peggio, credimi. Torno a ripetermi: il nostro Paese tutela i furbacchioni e penalizza l'iniziativa e il merito personale.

...in fondo, oltre a lamentarsi (se volgiamo anche leggittimamente) di mancanza di tutele statali verso la "colonizzazione" cinese non sembra che ci sia voglia di fare molto di più.
insomma, anche in questo caso si aspetta che sia lo Stato a togliere le castagne dal fuoco.
che poi l'Italia sia un paese ancora arretratissimo in materia di finanziamenti per la ricerca (nel medioevo si faceva molto di più, moltissimo di più) sono d'accordissimo con te, figurati; anzi, io sono ancora più critico e incazzato, visto che non solo la ricerca ma anche la cultura in senso ampio sembra essere stata buttata nel cesso in questo paese.
solo che non capisco, allora, come mai proprio le p.m.i. siano rimaste "legate" al cavaliere quando proprio il suo governo ha definitivamente affossato la ricerca in Italia, facendola diventare un paese di pubblicità e consumatori..


Devo scappare, cazzo...
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#8 Guest_Number 5_*

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Inviato 20 settembre 2006 - 11:13

ma io sottolineo che questi il design center l'hanno messo a Milano, secondo le leggi italiane e hanno assunto questi quattro e quelli che gli stanno sotto (sotto quattro ventenni, ma ci si rende conto) secono le norme del lavoro italiane.
Qui c'è dell'altro che le leggi farraginose (vero) o l'ottica assistenzialista (vero), qui l'impressione è che sia una questione di mentalità. Familismo, scarsità di utili da reinvestire, o scarsa propensione a reinvestire gli utili nella ricerca (perché magari mi devo comprare il barcone da trenta metri che quello da venti ormai ce l'hanno tutti), o semplice truffa o pseudotruffa ai danni dello Stato per cui faccio passare per "ricera",ottenedo i i relativi crediti d'imposta, roba che non ha nenache lontanamente a che vedere basandosi su carte costruite ad arte da consulenti compiacenti, perché lo stato ci succhia soldi e se sono furbo faccio così.
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#9 Notker

    Scaruffiano

  • Redattore OndaRock
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Inviato 20 settembre 2006 - 11:59

io non è che conosco tutti gli imprenditori uno per uno e sono convinto che ci siano alcuni di essi (soprattutto nella p.m.i.) dotati di vero spirito intraprendente e/od onestà ma quando leggo che un giornale come Libero (che si professa liberista, porca puttana!) o come il Foglio vivono sulle spalle delle sovvenzioni... o quando una FIAT in difficoltà minaccia licenziamenti e casse integrazione per spillare denaro dall'erario... o quando un Berlusconi è riuscito a far soldi solo da noi mentre in giro per il mondo è stato cacciato a calci nel culo... non parliamo dei vari Tanzi, Tronchetti... beh, a me i dubbi sull'imprenditoria italiana vengono, eccome se vengono.
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« La schiena si piega solo quando l'anima è già piegata »
(Arturo Toscanini)

molti si chiedono se il pop/rock possa essere una forma d'arte musicale o meno; ebbene, lo è sicuramente... ma solo quando risponde al requisito esposto da Don Van Vliet:
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#10 Guest_Number 5_*

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Inviato 20 settembre 2006 - 13:19

Ed ecco, come il cacio sui maccheroni, una notizia di oggi da repubblica.it

La "gavetta"? Serve sempre meno
Non si assumono i giovani precari

La stabilità nel lavoro arriva a 38 anni.

C'è modo di rendere ancor più piena di ostacoli una strada già molto impervia? A quanto pare sì. Tanto che la via che dovrebbe portare i giovani verso un posto stabile si è andata complicando ancor di più. Fino a qualche anno fa si faceva un po' di gavetta, si accettava un po' di flessibilità, e dopo un paio di anni si poteva ad approdare a qualcosa di certo. Ora però il numero di quelli che riescono nell'impresa è sempre più basso. "Tra il 2003 e il 2005 la quota dei contratti a termine degli 'under' che si è trasformata in contratti a tempo indeterminato - ci ha detto Marco Centra, responsabile Isfol per l'analisi e valutazione delle politiche per l'occupazione - è diminuita in maniera preoccupante. Due anni fa era il 40 per cento. Ora invece viene stabilizzato solo il venticinque per cento dei giovani. "Se si guarda ai contratti di collaborazione ci si accorge che la quota degli 'under 25' che riesce a passare a un contratto permanente è pari a un misero undici per cento.


Sembra fatta apposta per partecipare a questa discussione.
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#11 scirocco

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Inviato 20 settembre 2006 - 15:23

Se è innegabilmente vero che l'imprenditoria italiana ha a che fare con notevoli ostacoli burocratici, è altrettanto verò, però, che quella stessa imprenditoria ha smesso da moltissimo tempo, ormai, di sviluppare le proprie capacità. E' come regredita ad uno stato infantile, piena di incredibili timidezze e paure. La crisi c'è stata per tutti, ma come mai negli altri paesi europei, bene o male, si è deciso di puntare ugualmente su ricerca e sviluppo? In Spagna, ad esempio,  questo aspetto è stato affrontato con particolare grinta (infatti i risultati del suo pil - ormai a livelli degli USA - stanno azzittendo praticamente tutti) e non mi pare che il paese iberico sia partito da solide posizioni, anzi... E' una questione di mentalità, di livello d'istruzione (soprattutto nella PMI), di competenze e di coraggio. Siamo guidati, in molti casi, da dirigenti incapaci (cocainomani esaltati) piazzati lì da politici compiacenti e da cupole di potere d'ogni risma. Una fetta di torta a me, un'altra a te e così si sistemano amici, parenti, figli, nipoti nei posti chiave. Gente che, poi, si rivela ovviamnte fuori posto. Così, le aziende vanno male, chiudono, licenziano e invocano, poi la Cina e gli aiuti statali, prima di scappare col malloppo all'arrivo delle sirene della Guardia di Finanza....
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#12 Guest_Mattia_*

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Inviato 20 settembre 2006 - 15:53

Se è innegabilmente vero che l'imprenditoria italiana ha a che fare con notevoli ostacoli burocratici, è altrettanto verò, però, che quella stessa imprenditoria ha smesso da moltissimo tempo, ormai, di sviluppare le proprie capacità. E' come regredita ad uno stato infantile, piena di incredibili timidezze e paure. La crisi c'è stata per tutti, ma come mai negli altri paesi europei, bene o male, si è deciso di puntare ugualmente su ricerca e sviluppo? In Spagna, ad esempio,  questo aspetto è stato affrontato con particolare grinta (infatti i risultati del suo pil - ormai a livelli degli USA - stanno azzittendo praticamente tutti) e non mi pare che il paese iberico sia partito da solide posizioni, anzi... E' una questione di mentalità, di livello d'istruzione (soprattutto nella PMI), di competenze e di coraggio. Siamo guidati, in molti casi, da dirigenti incapaci (cocainomani esaltati) piazzati lì da politici compiacenti e da cupole di potere d'ogni risma. Una fetta di torta a me, un'altra a te e così si sistemano amici, parenti, figli, nipoti nei posti chiave. Gente che, poi, si rivela ovviamnte fuori posto. Così, le aziende vanno male, chiudono, licenziano e invocano, poi la Cina e gli aiuti statali, prima di scappare col malloppo all'arrivo delle sirene della Guardia di Finanza....


Ciao Ale, che piacere rivederti!

Ho sempre trovato piuttosto sciocco (e scorretto: si limita la possibilità dell'interlocutore di ribattere) argomentare le proprie idee esemplificando attraverso esperienze personali (come andrò a fare io stesso in capo a qualche secondo), ma mi dispiaccio parecchio quando mi capita di ascoltare o leggere impressioni come le tue.

Ormai lavoro da una decina di anni e, sempre più spesso, mi capita di incontrare imprenditori, dirigenti, colletti bianchi e manager stranieri di ogni razza e Paese. Mai, e dico mai, mi è capitato di dovermi rapportare con categorie di persone rientranti nella tua descrizione. Mai ho avuto a che fare con cocainomani, nepotisti o imbecilli arrivati a ricoprire qualche posizione di responsabilità senza avere meriti ben definiti. Mai. Nè mai mi è capitato di parlarne o di sentirne raccontare da qualcuno. Ti assicuro, inoltre, che quella della riservatezza (o dell'omertà, chiamala come vuoi) è una virtù che purtroppo manca alla maggior parte delle persone che frequento per lavoro. Non metto in dubbio l'esistenza di "dirigenti incapaci piazzati lì dai politici" ma, ti chiedo lo sforzo di credermi ancora una volta, non penso proprio che l'imprenditoria italiana sia retta da simili elementi. Tutt'altro. Se le aziende vanno male, chiudono e licenziano (quando lo possono fare, purtroppo), forse è perchè c'è qualcosa che non va a monte. Un imprenditore non investe la propria vita a costruire qualcosa in cui non crede e, soprattutto, non sarebbe interessato a chiudere, spostarsi in Cina, licenziare e quant'altro se il suo Paese gli offrisse le tutele necessarie a sviluppare i propri progetti e a reinvestire sulla propria attività; le stesse tutele, tra l'altro, di cui godono i suoi colleghi all'estero. Non ultimi, i suoi colleghi spagnoli. Prova a chiedere ad un imprenditore spagnolo se ha idea di cosa sia l'Irap, ad esempio.

Ho quasi l'impressione che siate convinti che un imprenditore abbia da guadagnarci a chiudere la propria attività o a licenziare un onesto lavoratore (e vi pregherei d'insistere - e riflettere, magari - sulla definizione di quest'ultimo vocabolo). E ricordo, inoltre, che la Fiat, la Parmalat e la Telecom (benchè abbiano infinito potere contrattuale) rappresentano una percentuale infinitesimale nell'universo delle imprese italiane.

Ho l'impressione che girino idee un po' troppo "romanzate" degl'imprenditori italiani...
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#13 TB 303

    pivello

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Inviato 20 settembre 2006 - 17:20

Secondo me non avete ben presente in cosa consiste e come avviene la ricerca. Non so bene che lavoro facciate, che età abbiate e il vostro tipo di istruzione (tipo, non livello eh!), ma ho 21 anni e un dilpoma di perito elettronico (sono un po' il prototipo del giovane d'oggi che piuttosto che fare il disoccupato è andato nelle scuole "di quelli che alle medie vanno male") e con diverse esperienze dirette o indirette nel mondo dell'industria. Escludendo i colossi con i quali sono stato a contatto (GD e IMA, due tra i leader mondiali del packaging) la ricerca è un mondo che ha bisogno di molti soldi per essere impiegata, e solitamente la medio-piccola impresa la tecnologia la compra. Non è la tiziocaio srl che si programma il software di progettazione più efficiente, è una perdita di tempo, così come stare a pensare un nuovo modello di robot saldatore, ci sono aziende che sono ricerca, che sono dell'avanzamento tecnologico ne fanno il loro mercato.
La KUKA (nome che ben si presta ad umorismo da caserma) è una dei leader europei in fatto di ricerca di tecnologia industriale. Creano robot, li sviluppano, li testano e li vendono a fior fior di aziende come la Airbus, e questo lascia immaginare l'ottima tencologia che ci sia alle spalle di un prodotto che deve costruire un aereo. Ma non è il solo esempio, c'è la Brembo che si occupa di parti meccaniche dei freni e non solo, c'è il CEDAB a Bologna che sviluppa software di gestione patrimoniale per le aziende.
Insomma, il succo di sta pippa è: la ricerca ha bisogno di investire tempo, e il vecchio adagio che il tempo è danaro è più che mai vero, non ci si deve stupire dunque se una piccola azienda non investa in ricerca, è probabile che non ne abbia bisogno o disponibilità, perchè crearsi la tecnologia in casa è dispendioso, e ha bisogno di sempre maggiori soldi (perchè messa sul mercato la versione 1.5 del prodotto X la 2.0 è già in studio da diversi mesi).
Il secondo punto sull'età: purtroppo non ho presente approfonditamente la situazione nezionale, ma i neo-diplomati\neo-laureati sono le figure più appetibili per la ricerca, perchè con conoscenze più "fresche" e con maggiore capacità di proiezione, specie se previamente formati sulle politiche di sviluppo e di mercato che l'azienda richiede (cioè quello che hanno poi fatto i ragazzi assunti dalla Samsung).
Probabilmente il capo reparto esperimenti avrà 40 anni, ma chi sta dietro al pc con il CAD è sempre qualcuno di giovane.
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#14 Guest_Paradosso_*

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Inviato 20 settembre 2006 - 17:40

Pur essendo molte delle osservazioni condivisibili (vedere Mattia che bazzica questa sezione è una soddisfazione), il confronto Samsung-Italia è sballato in partenza.

Dice: Samsung (terzo produttore di telefonini al mondo, un settore con margini operativi enormi) apre il centro design a Milano, spende un casino di soldi. Ma, a parte che il design di piccoli dispositivi è un investimento che, a differenza di molta parte della ricerca, rende quasi subito, c'è da chiedersi quanto spenda Samsung in manodopera e in materia prima. Perché se Samsung beneficia della manodopera cinese, che magari non se la passa neanche benissimo nei suoi stabilimenti (o quelli dei partner locali), allora è più facile avere denaro pronto per fare il centro design.

Se c'è poi da criticare il c.d. "grande" capitalismo italiano, si sa che io sono sempre in trincea.

P.

p.s.: sempre su Sole di oggi, c'è una tabellina con il peso del cuneo fiscale in vari Paesi; purtroppo manca una colonna che riporti l'incremento medio del PIL negli ultimi 5 anni di quelle economie: si rivelerebbe così uno dei più grandi ostacoli all'innovazione in Italia. Neanche a dirlo, i cunei minori sono quelli di USA, Giappone e Irlanda. E sono curioso di vedere cosa succederà in Svezia dopo che ierlaltro ha vinto la destra.
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#15 Guest_Number 5_*

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Inviato 20 settembre 2006 - 17:51


Insomma, il succo di sta pippa è: la ricerca ha bisogno di investire tempo, e il vecchio adagio che il tempo è danaro è più che mai vero, non ci si deve stupire dunque se una piccola azienda non investa in ricerca, è probabile che non ne abbia bisogno o disponibilità, perchè crearsi la tecnologia in casa è dispendioso, e ha bisogno di sempre maggiori soldi (perchè messa sul mercato la versione 1.5 del prodotto X la 2.0 è già in studio da diversi mesi).

Nessuno se la prende con la piccola o piccolissima impresa (diciamo meno di cento dipendenti) se non investe in ricerca, però con la media e la grande si. Semmai il problema in quel senso può essere il nanismo, anzi in molti casi la polverizzazione dell'impresa italiana.
Poi al problema del nanismo si aggiunge, come dicevo nel post iniziale, essere tradizionalmente ferrati in settori maturi (vedi il tessile "standard", perché c'è anche il tessile "innovativo") in molti dei quai ci vanno via di tacco attraverso i costi del personale nei paesi emergenti.

Ovviamente come sottolinea Paradosso, anche il differenziale di cuneo fiscale rispetto ad altri paesi concorrenti è un bel freno ai fondi da destinare alla ricerca.

Comunque volevo sottolineare più che altro la fiducia nella gioventù perché il problema "ricerca" in se ha in effetti origini complesse.
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#16 Notker

    Scaruffiano

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Inviato 20 settembre 2006 - 18:08

la piccola o piccolissima impresa (diciamo meno di cento dipendenti)


http://www.progettie...asp_tes_cat-299
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« La schiena si piega solo quando l'anima è già piegata »
(Arturo Toscanini)

molti si chiedono se il pop/rock possa essere una forma d'arte musicale o meno; ebbene, lo è sicuramente... ma solo quando risponde al requisito esposto da Don Van Vliet:
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#17 Guest_Number 5_*

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Inviato 20 settembre 2006 - 18:13


la piccola o piccolissima impresa (diciamo meno di cento dipendenti)


http://www.progettie...asp_tes_cat-299

Alla faccia della pignoleria! :P
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#18 tupelo

    Classic Rocker

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Inviato 20 settembre 2006 - 18:20

Ho sempre trovato piuttosto sciocco (e scorretto: si limita la possibilità dell'interlocutore di ribattere) argomentare le proprie idee esemplificando attraverso esperienze personali (come andrò a fare io stesso in capo a qualche secondo), ma mi dispiaccio parecchio quando mi capita di ascoltare o leggere impressioni come le tue.

Ormai lavoro da una decina di anni e, sempre più spesso, mi capita di incontrare imprenditori, dirigenti, colletti bianchi e manager stranieri di ogni razza e Paese. Mai, e dico mai, mi è capitato di dovermi rapportare con categorie di persone rientranti nella tua descrizione. Mai ho avuto a che fare con cocainomani, nepotisti o imbecilli arrivati a ricoprire qualche posizione di responsabilità senza avere meriti ben definiti. Mai. Nè mai mi è capitato di parlarne o di sentirne raccontare da qualcuno.


Mi sembra che tu corra il rischio di fornire una visione romanzata dell'imprenditoria e della classe dirigenziale italiana specularmente romanzata, rispetto a quella di Scirocco.

Ti assicuro che la mia esperienza degli ultimi anni (e diretta, e indiretta tramite le mie esperienze sindacali) non è per nulla confortante.
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#19 TB 303

    pivello

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Inviato 20 settembre 2006 - 18:45

Dice: Samsung (terzo produttore di telefonini al mondo, un settore con margini operativi enormi) apre il centro design a Milano, spende un casino di soldi. Ma, a parte che il design di piccoli dispositivi è un investimento che, a differenza di molta parte della ricerca, rende quasi subito, c'è da chiedersi quanto spenda Samsung in manodopera e in materia prima.

Questo è un punto, a mio avviso, centrale se si vuol dibattere di ricerca. Non ho basi di economia, ma conosco il know how che sta alla base dell'avanzamento tecnologico. Ricercare, o più genecciamente innovare, ha modi e tempi radicalmente diversi per ogni settore; se la ricerca sul design è quello che rende maggiormente sul breve termine perchè il suo iter è di una banalità socncertante (creazione --> approvazione ---> produzione) bisogna anche considerare che la ricerca, come può essere quella farmacologica o industriale, ha bisogno di (necessarie e giuste) approvazioni in merito alla sicurezza, e altrettante fasi di collaudo e messa in produzione (paradosso dei paradossi: creare qualcosa di nuovo senza ammodernare la linea produttiva è il sogno di chiunque).

però con la media e la grande si.

Condivisibile, ma bisogna fare dei distinguo. Collegandomi a quello che dicevo prima, bisogna capire quale azienda ha un mercato che gli permetta di investire (o di DOVER investire) sulla ricerca, o di potersi affidare al lavoro di terzi. Alla FIAT non interessa una ricerca sul metriale, interessa al più avere un laboratorio di design eccellente, al telaio e ai freni ci penserà pincopallino che lavorando per un colosso ha la possibilità (e la spinta) nel cercare soluzioni sempre all'avanguardia. Samsung, da cui hai preso spunto, è una mega azienda di materiale tecnologico (non solo, ma per quello che conosciamo noi si) che abbisogna anche di mosse "eclatanti" come comprarsi gli uffici in centro a Milano e far vedere quanto ganzi sono da potersi permettere di disegnare i cellulari sotto la madonnina.

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#20 scirocco

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Inviato 20 settembre 2006 - 19:32

E' il "volto" di questo nuovo capitalismo che non mi va giù. Un'immagine profondamente diversa da quella che, nei decenni passati, ha fatto la fortuna del "made in Italy", ovvero quel capitalismo di vecchio stampo che creava ricchezza per sé e valore aggiunto per il Paese. Ma che vogliamo dire dei megaprofitti (ma davvero mega!) che, in questi anni, sono finiti nella cosiddetta "finanziarizzazione", invece di alimentare lo sviluppo e la ricerca? E non mi sembra una sfumatura da poco: stiamo parlando di fior fior di milioni di euro). Oggi il panorama industriale è in mano ai "raiders", gente senza scrupoli (preparata o meno, certo)  molto più vicina agli azionisti e alla Borsa che all'impresa. Ed è un problema assolutamente rilevante, perchè incide sulla natura stessa del "fare impresa". Non contesto certamente il fatto che in molte realtà si cerchi, nonostante tutto, di sviluppare un capitalismo "sano", ma il fatto è che questi avvoltoi stanno condizionando l'intero sistema economico. E' un maledetto gioco al ribasso cominciato con la "favoletta" del contenimento del costo del lavoro (solo una della tante variabili, certamente non l'unica). E la 'flessibilità' connessa a tale situazione è stata concepita, da noi, rispetto ad altre realtà europee, solamente come strumento per demolire questo costo, dimenticando le conseguenze sociali devastanti che avrebbe comportato (e i cui effetti stiamo tuttora pagando a carissimo prezzo anche e soprattutto a livello di competitività). Il discorso è davvero enorme. Bisognerebbe parlare anche della natura stessa dell'industria italiana, del fatto che una vera cultura industriale (come quella anglosassone, ad esempio) per vari motivi storici non è mai potuta fiorire dalle nostre parti. Abbiamo avuto un momento di grande splendore coi cosiddetti "distretti", ma ora ci accorgiamo che stanno soffrendo pure loro senza un'adeguata, competente programmazione a livello strutturale. Insomma, il discorso è amplissimo. Ne riparlerò.
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#21 Piper

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Inviato 20 settembre 2006 - 19:49

E' il "volto" di questo nuovo capitalismo che non mi va giù. Un'immagine profondamente diversa da quella che, nei decenni passati, ha fatto la fortuna del "made in Italy", ovvero quel capitalismo di vecchio stampo che creava ricchezza per sé e valore aggiunto per il Paese. Ma che vogliamo dire dei megaprofitti (ma davvero mega!) che, in questi anni, sono finiti nella cosiddetta "finanziarizzazione", invece di alimentare lo sviluppo e la ricerca? E non mi sembra una sfumatura da poco: stiamo parlando di fior fior di milioni di euro). Oggi il panorama industriale è in mano ai "raiders", gente senza scrupoli (preparata o meno, certo)  molto più vicina agli azionisti e alla Borsa che all'impresa. Ed è un problema assolutamente rilevante, perchè incide sulla natura stessa del "fare impresa". Non contesto certamente il fatto che in molte realtà si cerchi, nonostante tutto, di sviluppare un capitalismo "sano", ma il fatto è che questi avvoltoi stanno condizionando l'intero sistema economico. E' un maledetto gioco al ribasso cominciato con la "favoletta" del contenimento del costo del lavoro (solo una della tante variabili, certamente non l'unica). E la 'flessibilità' connessa a tale situazione è stata concepita, da noi, rispetto ad altre realtà europee, solamente come strumento per demolire questo costo, dimenticando le conseguenze sociali devastanti che avrebbe comportato (e i cui effetti stiamo tuttora pagando a carissimo prezzo anche e soprattutto a livello di competitività). Il discorso è davvero enorme. Bisognerebbe parlare anche della natura stessa dell'industria italiana, del fatto che una vera cultura industriale (come quella anglosassone, ad esempio) per vari motivi storici non è mai potuta fiorire dalle nostre parti. Abbiamo avuto un momento di grande splendore coi cosiddetti "distretti", ma ora ci accorgiamo che stanno soffrendo pure loro senza un'adeguata, competente programmazione a livello strutturale. Insomma, il discorso è amplissimo. Ne riparlerò.


secondo te il fenomeno dei raiders,sul quale concordo, non è condizionato anche dal sistema fiscale e legislativo?. il fatto che un imprenditore venga tartassato di tasse e vincoli legislativi secondo te non riduce l'attrattiva di progetti strutturali a lungo periodo? incentivando appunto i raiders col mordi e fuggi, molto piu conveniente in un sistema di vincoli
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<< Poi ce la prestiamo... Insomma la patonza deve girare>>

Aurelio De Laurentiis ha lasciato la sede dove si stanno svolgendo i sorteggi dei calendari fermando uno sconosciuto che passava su un motorino dicendogli: "Portami via da questo posto". Ed è andato via come passeggero del motorino di uno sconosciuto

 
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#22 scirocco

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Inviato 20 settembre 2006 - 23:38

secondo te il fenomeno dei raiders,sul quale concordo, non è condizionato anche dal sistema fiscale e legislativo?

Si, certo, ma fino a un certo punto. Qua, mi pare che si sia travalicata la 'buona fede' già da parecchio tempo. E' una (pessima) "filosofia" imprenditoriale che è diventata 'sistema', un approccio rapinatorio assolutamente legalizzato, propagatosi in maniera straordinariamente capillare. Aiutati da una legislazione assolutamente favorevole (legge Biagi e successivi aggiustamenti Maroni), ormai questi nuovi "imprenditori" partono già col piede sbagliato. Comprano e vendono rami d'azienda come fossero noccioline. Abbattono il costo del lavoro col sistematico sottoimpiego del capitale umano, fregandosene altamente della produttività  e dello sviluppo delle potenzialità di innovazione. Muovono miliardi di euro senza produrre alcunchè solamente col preciso scopo di aumentare l'appeal finanziario e l'appetibilità dei titoli. Punto e basta. Questo è solo sciacallaggio, altro che imprenditoria. E quando si punta il dito contro di loro, ahi,  ecco che salta fuori subito la tassazione esosa, il sistema fiscale, la sicurezza, la pace sociale, i sindacati...
Allora dico: è giustissimo che abbiano la possibilità di operare in un clima legislativo e fiscale onesto, ma allo stesso tempo che tornino sul serio a fare 'imprenditoria' e che la smettano di giocare a "Monopoli" sulla pelle di tanti lavoratori e delle loro famiglie.
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#23 Guest_Lukas_*

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Inviato 20 settembre 2006 - 23:46

Io nel design ci bazzico, visto che frequento una facoltà che nell'intestazione ne porta il nome, non so se sono in argomento ma nella mia regione trovare studi grafici che non "assumino" in nero è un miracolo, bisogna spostarsi sempre nei capoluoghi. Quindi il mio futuro devo costrurmelo altrove che qui nn c'è acqua sotto i ponti. Cmq queste cose sensazionali non accadono raramente, nella mia facoltà la Loreal ha preso a lavorare 2 ragazze dopo che aveva organizzato una sorta di concorso e anche Ferragamo s'è portato via una ragazza nel suo stuff. Vorrei sapè quando e se accadrà il miracolo anche a me, vabbè, alimentiamo le utopie va. E cmq le aziende italiane fanno cagare (piccolo sfogo privato).
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#24 Piper

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Inviato 20 settembre 2006 - 23:51

secondo te il fenomeno dei raiders,sul quale concordo, non è condizionato anche dal sistema fiscale e legislativo?

Si, certo, ma fino a un certo punto. Qua, mi pare che si sia travalicata la 'buona fede' già da parecchio tempo. E' una (pessima) "filosofia" imprenditoriale che è diventata 'sistema

Allora dico: è giustissimo che abbiano la possibilità di operare in un clima legislativo e fiscale onesto, ma allo stesso tempo che tornino sul serio a fare 'imprenditoria' e che la smettano di giocare a "Monopoli" sulla pelle di tanti lavoratori e delle loro famiglie.

comprendo il tuo scetticismo, sia per quanto riguarda le cause che sugli effetti sociali di questa imprenditoria. eppure qualcosa nel tuo discorso mi suona male.

si parte dal presupposto che fare l'imprenditore non è una scelta generosa morale o sociale, ma una spinta al guadagno. nei primi tempi della nostra industrializzazione gli imprenditori erano soliti partire dall'azienda familiare di piccole dimensioni, e tendevano naturalmente all'espansione.

io sinceramente nno credo che l'economia di oggi permetta una facile espansione della propria attività. rispetto agli inizi dell'industrializzione si sono moltiplicati i vincoli, le strette fiscali, la legislazione competente, la burocrazia per i vari step di azienda.

teniamo presente che un imprenditore che non voglia comportarsi come riders, ma costruirsi da zero, o quasi, la sua attività, incontra una quantità di ostacoli all'ingresso da mettere paura (fiscali burocratici legislativi etc). gli investimenti iniziali per un ottimale start-up sono diventati molto piu sostanziosi, rendendo drammaticamente difficile per molti la scelta imprenditoriale. la difficoltà una volta iniziato non si riduce ma anzi spesso aumenta esponenzialmente col tempo.

io credo che queste difficoltà abbiano tenuto lontano dal mondo imprenditoriale tanti soggetti. molti di questi hanno scelto la strada dei raiders perchè spesso diventa l'unica possibilità per entrare in questo mondo, o il raiders o niente. in questa situazione non mi stupisco che quello del raiders sia diventato un atteggiamento sistemico.

a questo punto, se la mia teoria è giusta, bisogna chiedersi: è meglio avere dei riders con le possibili consguenze, o è meglio rinunciare totalmente ad una grossa fetta di soggetti attivi sul mercato ( i riders)?
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Aurelio De Laurentiis ha lasciato la sede dove si stanno svolgendo i sorteggi dei calendari fermando uno sconosciuto che passava su un motorino dicendogli: "Portami via da questo posto". Ed è andato via come passeggero del motorino di uno sconosciuto

 
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#25 Guest_PadovaScoppia_*

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Inviato 21 settembre 2006 - 00:07

No guarda, c'è un problema, lo speculatore senza il capitale lo fai col cazzo.


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#26 Piper

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Inviato 21 settembre 2006 - 00:10

No guarda, c'è un problema, lo speculatore senza il capitale lo fai col cazzo.



bhè guarda che se non te ne fossi accorto, proprio perchè è un mondo basato sulla finanza, le finanziarie e fonti di capitale si sono moltiplicate. per certi versi è molto più semplice recuperare un minimo di capitale per acquistare delle azioni al ribasso di una società che cominciare da zero.

e le varie privatizzazioni fatte a debito, finanziati dalle banche lo dimostrano. per i vari ricucci tronchetti e company è molto piu semplice recuperare dei finanziamenti per comprare pezzi di aziende che mettere in piedi quelle aziende da zero
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Aurelio De Laurentiis ha lasciato la sede dove si stanno svolgendo i sorteggi dei calendari fermando uno sconosciuto che passava su un motorino dicendogli: "Portami via da questo posto". Ed è andato via come passeggero del motorino di uno sconosciuto

 
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#27 scirocco

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Inviato 21 settembre 2006 - 00:14

io credo che queste difficoltà abbiano tenuto lontano dal mondo imprenditoriale tanti soggetti. molti di questi hanno scelto la strada dei raiders perchè spesso diventa l'unica possibilità per entrare in questo mondo, o il raiders o niente. in questa situazione non mi stupisco che quello del raiders sia diventato un atteggiamento sistemico

Non c'è alcun dubbio che i vincoli siano molto più stretti, oggi, anche perchè i rapporti stessi tra politica ed economia sono decisamente più intimi e complessi. Anche il panorama internazionale non è sicuramente favorevole: una generale corsa al ribasso che finisce col penalizzare quasi tutti (non a caso si parla spesso di "capitalismo impazzito"). Però, finchè non si capirà che non è più eticamente, socialmente ed economicamente sostenibile un trend del genere le cose non cambieranno mai. Il problema è che molti (veri) imprenditori sono stati rimpiazzati da affaristi, faccendieri, "trapezisti" e "giocolieri" di ogni risma. Tutti si sono buttati nella mischia perchè hanno fiutato le enormi possibilità che questo (terribile) momento storico poteva fruttare. L'etica è andata a farsi fottere e nel momento in cui pure la politica ha indossato l'abito di scena il tutto ha tragicamente assunto lo status di 'ufficialità'. Dovremmo, allora, tornare tutti indietro ripensando un modello di sviluppo in grado di rendere il capitalismo più vivibile (dato che, purtroppo, la sua eliminazione risulta improbabile) e i rapporti socioeconomici più maturi. Lo so, è molto difficile.
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#28 Guest_PadovaScoppia_*

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Inviato 21 settembre 2006 - 00:23


No guarda, c'è un problema, lo speculatore senza il capitale lo fai col cazzo.



bhè guarda che se non te ne fossi accorto, proprio perchè è un mondo basato sulla finanza, le finanziarie e fonti di capitale si sono moltiplicate. per certi versi è molto più semplice recuperare un minimo di capitale per acquistare delle azioni al ribasso di una società che cominciare da zero.

e le varie privatizzazioni fatte a debito, finanziati dalle banche lo dimostrano. per i vari ricucci tronchetti e company è molto piu semplice recuperare dei finanziamenti per comprare pezzi di aziende che mettere in piedi quelle aziende da zeroi


Si, appunto, per avere i fidi dalle banche cosa ci vuole?
Piper se uno fa il palazzinaro non ha grossi problemi ad accedere ai prestiti, lo sai meglio di me.
(ora fa il detenuto tra l'altro)

Codesto modello aumenta semplicemente i soldi di chi già ce li ha, ora più che mai, comunque la rigiri o la addolcisci (ed infatti quasi mai si comincia così).

E aggiungo che i peggiori della categoria sono gli edilizi che comprano con le cordatine varie e poi rivendono con ricarichi spaventosi (e ogni tanto la scusa della ristrutturazione) ai poveracci che vogliono comprarsi una casa per andarsene dalla baracca familiare.
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#29 Mr Repetto

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Inviato 21 settembre 2006 - 12:35

......


Gli impacci burocratici e legislativi non spiegano tutto.
Ad esempio non spiegano perchè, nonostante un sistema politico non certo molto migliore di quello attuale, negli scorsi decenni il nord-est italiano ha avuto uno sviluppo economico tale da costituire una caso straordinario nell'economia mondiale.

Fare pressioni sulla politica è non solo legittimo, ma anche doveroso. Gli imprenditori italiani, però, forse farebbero bene a non rifugiarsi nella facile diagnosi "tutta colpa della politica" per non affrontare altre questioni fondamentali.
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#30 Guest_Mattia_*

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Inviato 21 settembre 2006 - 14:29

Fare pressioni sulla politica è non solo legittimo, ma anche doveroso. Gli imprenditori italiani, però, forse farebbero bene a non rifugiarsi nella facile diagnosi "tutta colpa della politica" per non affrontare altre questioni fondamentali.


Il punto è che di questioni fondamentali ne hanno piene le scrivanie ogni giorno, nonostante i continui intralci legislativi che sembrerebbero essere predisposti per limitare la libera iniziativa, anzichè incentivarla. Purtroppo, alcuni problemi sono di primaria importanza e non si può fingere che non esistano; ti assicuro, inoltre, che quello di piangersi addosso senza muovere un dito è un atteggiamento alieno a qualsiasi imprenditore che sia degno di tale definizione.
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#31 Notker

    Scaruffiano

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Inviato 21 settembre 2006 - 16:01

Il punto è che di questioni fondamentali ne hanno piene le scrivanie ogni giorno, nonostante i continui intralci legislativi che sembrerebbero essere predisposti per limitare la libera iniziativa, anzichè incentivarla. Purtroppo, alcuni problemi sono di primaria importanza e non si può fingere che non esistano; ti assicuro, inoltre, che quello di piangersi addosso senza muovere un dito è un atteggiamento alieno a qualsiasi imprenditore che sia degno di tale definizione.


1) nonstante sia convinto che l'Italia sia un Paese "farraginoso" per definizione, non credo che lo Stato sia impegnato nel limitare l'iniziativa privata; non lo era nemmeno ai tempi dell'ENI di Mattei, figurati oggi.
c'è moltissimo da fare ancora, certo, ma non vedo uno Stato ostruzionista verso l'imprenditoria. nache perchè sarebbe il massimo della "sindrome Tafazzi" ;)

2) giustissimo! un imprenditore non è colui che "si piange addosso" e attende la manna dal cielo... proprio per questo penso che Italia ci siano pochi imprenditori. ;)
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« La schiena si piega solo quando l'anima è già piegata »
(Arturo Toscanini)

molti si chiedono se il pop/rock possa essere una forma d'arte musicale o meno; ebbene, lo è sicuramente... ma solo quando risponde al requisito esposto da Don Van Vliet:
« Non voglio vendere la mia musica. Vorrei regalarla, perché da dove l'ho presa non bisogna pagare per averla »

#32 Guest_Mattia_*

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Inviato 21 settembre 2006 - 16:25

1) nonstante sia convinto che l'Italia sia un Paese "farraginoso" per definizione, non credo che lo Stato sia impegnato nel limitare l'iniziativa privata; non lo era nemmeno ai tempi dell'ENI di Mattei, figurati oggi.
c'è moltissimo da fare ancora, certo, ma non vedo uno Stato ostruzionista verso l'imprenditoria. nache perchè sarebbe il massimo della "sindrome Tafazzi" ;)


A parole è come dici tu, ci mancherebbe altro. Di fatto, però, gli obiettivi dell'imprenditore italiano sono continuamente intralciati da quanto ho già espresso in precedenza.
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